Foto Ansa

Il caso

L'ad della Rai Fuortes è stato il più grande fallimento di Draghi. Meloni riformerà o lottizzerà?

Salvatore Merlo

L'amministratore delegato si dimette, proprio pochi giorni dopo il decreto ad personam che libera il posto di sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli.  Al suo posto, "pro tempore", arriva Roberto Sergio mentre Giampaolo Rossi, l'uomo a cui la premier intende affidarsi, sarà direttore generale

Nessuno probabilmente si ricorderà più quale governo ha chiuso Alitalia, ma quando accadrà tutti si ricorderanno il governo che ha chiuso la Rai, l’azienda che passa di mano in mano come un candelotto di dinamite con la miccia sempre più corta. Conti sballati, ricavi ridotti di oltre 702 milioni di euro negli ultimi dieci anni, processi produttivi del secolo scorso, arretratezza tecnologica, circa tredicimila dipendenti e circa millesettecento giornalisti che sono assai più dei lavoratori della Fiat in Italia. Ed è probabilmente questa la ragione per la quale a luglio del 2021, il governo Draghi chiamò come amministratore delegato il dottor Carlo Fuortes. Ci volevano idee, riforme, e modernità. Preceduto com’era dalla fama di uomo che non si faceva mica spaventare dai sindacati, si pensava che Fuortes fosse proprio quello giusto. Tutta una mitologia, per la verità, basata all’incirca su quattro violini, un oboe e due timpani ipersindacalizzati e da lui sconfitti qualche anno prima all’Opera di Roma. Egli avrebbe dovuto lavorare per adattare la Rai al nuovo tempo. Invece, dopo due anni e dieci mesi il bilancio è quasi zero, si riduce alla sola attuazione d’un nuovo piano industriale che tutti però definiscono “acefalo” e “irrazionale”. Insomma Fuortes ha fatto una sola cosa: ed è sbagliata.

 

Sono stati dunque sprecati altri tre anni, mentre il mondo cammina sulle gambe di Netflix e di Amazon Prime. Negli ultimi sei mesi, poi, Fuortes, sgradito al nuovo governo di centrodestra per ragioni di fiducia politica, ha messo in piedi con la sua controparte di governo una stucchevole trattativa personale sulla pelle della Rai che è stata letteralmente paralizzata per mesi al punto da essere stata costretta a rinviare la presentazione dei palinsesti: Fuortes non se ne sarebbe andato se prima non gli fosse stata trovata un’adeguata collocazione alternativa.

 

La settimana scorsa, com’è noto, il governo ha varato un acrobatico decreto ad personam per liberare il posto di sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli così questa mattina, guarda un po’, Carlo Fuortes si è dimesso dalla Rai. Adesso il centrodestra guiderà la televisione di stato, con gli uomini di cui ha più fiducia, e si affiderà a un amministratore delegato “pro tempore”, il pensionando Rai Roberto Sergio, che durerà un anno e governerà insieme a un direttore generale, Giampaolo Rossi ,che è l’uomo cui Giorgia Meloni intende affidarsi davvero. Da un governo guidato da una giovane donna di quarantasei anni ci si aspetta molto di più della solita occupazione dei telegiornali. La Rai è una bomba sociale e un disastro industriale e culturale che fa tic-tac tic-tac: ci si può occupare del direttore del Tg1 o si può tentare di avere un’idea dell’Italia e della sua tv pubblica.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.