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corsi e ricorsi

Il commissario Elly Schlein in Campania e il solito rassicurante Pd

Salvatore Merlo

Non appena arriva un nuovo segretario, fa una delle seguenti cose. Sempre le stesse: o vuole cambiare nome al partito, o annuncia un cambio di sede, o dichiara guerra alle orrenti e distribuisce commissari. Questa volta tocca a Misiani, a Napoli

Ella, anzi Elly, ha commissariato il partito in Campania. Il Pd ha questo di buono: che non ci procura mai soprassalti di sorpresa. Non appena infatti uno viene eletto segretario, fa una delle seguenti cose: o vuole cambiare nome al partito, o annuncia un cambio di sede, o dichiara guerra alle correnti e distribuisce commissari per tutto il sud Italia come foglioline di prezzemolo sul pesce lesso. Una delle tre. E talvolta anche tutte queste tre cose insieme.

Dipende dal carattere. O, come direbbe Francesco De Gregori, dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Nicola Zingaretti, per dire, dopo aver immaginato un nuovo battesimo, alla fine si era orientato per l’opzione trasloco: andò da Fabio Fazio a spiegare che voleva chiudere il Nazareno e aprire una libreria. Ai tempi di Enrico Letta, invece, il Pd lo volevano chiamare assai opportunamente “PaDel”. Immaginiamo per via del gioco dei racchettoni. Entrambi poi, sia Letta sia Zingaretti, s’impegnarono ovviamente nella guerra alle correnti.

Zingaretti commissariò Taranto. E Letta commissariò la Campania. Ragione per la quale Elly Schlein, adesso, in attesa di stabilire se il nome del partito va bene e se la sede è adeguata,  ha dichiarato pure lei di voler “estirpare cacicchi e capibastone dal Pd”. Dunque sabato ha (ri)commissariato la Campania del supercacicco Vincenzo De Luca. Per la seconda volta arriva un commissario, lì dove Francesco Boccia, braccio destro e capogruppo di Schlein al Senato, aveva esercitato quelle delicatissime funzioni di controllore anticorrenti fino a poche settimane fa.

Sotto il suo attento commissariamento, a Sessa Aurunca, alle ultime primarie – ed è solo un esempio – c’erano state 1.053 richieste di iscrizione su soli 1.200 votanti. Tipo commedia di Totò o film di Francesco Rosi. Del resto i commissari non fanno male a nessuno. Anzi, come sa bene il per niente intimorito De Luca, essi sono da tenere sul comò tipo statuette gentili, con scritto sotto: “Amor di pastorello”. E insomma adesso in Campania arriva Antonio Misiani. Tenetevi forte. Misiani era commissario a Taranto, dove era stato nominato al posto di Nicola Oddati, arrestato per tangenti, che a sua volta da Napoli era stato mandato a fare il commissario a Taranto.

E se il lettore è rimasto a questo punto stordito, non si preoccupi: è il Pd. Quel che conta è la buona volontà. Anzi, la sincerità. E tra Schlein e la sincerità corre un rapporto non oscurato da ombre. Ella (anzi Elly) avversa il fumo correntizio perché respira soltanto “aria di nuovo metodo”. Dunque non è affatto vero che manda il lombardo Misiani a Napoli perché Misiani è della corrente di Andrea Orlando come il principale nemico di De Luca, cioè Marco Sarracino. Mica fa un commissariamento col Cencelli, Schlein. E non è vero nemmeno  che, mentre dichiara guerra ai cacicchi, promette a Michele Emiliano, cioè al padrino del suo Boccia, il cacicco di tutte le Puglie, di fare il capolista del Pd alle europee. Impossibile. Elly, anzi ella, è genuina e sincera, come il Chianti del galletto.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.