Giuseppe Conte (LaPresse)

Il caso

Effetto Elly sul M5s. E Conte adesso guarda al centro: "Parliamo al ceto medio"

Simone Canettieri

Il capo del M5s alla ricerca di un nuovo riposizionamento: ha perso la Cgil, il terzo settore e i giovani: "Guardiamo alle piccole imprese e agli scontenti". E si consola con l'Ucraina

Dice che “una rondine non fa primavera”. Come a volersi quasi convincere che una Schlein non farà un nuovo Pd.  E però Giuseppe Conte da quando è stata eletta la nuova segretaria dem, che sembra rubargli la mattonella su cui ballare, si interroga con il classico leninista “che fare?”.  La vittoria di Stefano Bonaccini gli avrebbe consentito pace elettorale e prosperità, ma adesso  il leader del M5s si trova alle prese con il  riposizionamento. Si dirà: è il piatto forte dell’ex premier. E così pare. Non a caso nelle ultime riunioni, più o meno riservate, ha disegnato parabole che potrebbero portare i grillini un po’ più verso il centro, ammesso che esista.

Le analisi che Conte sta  condividendo con i big del partito pentastellato sono abbastanza nette. La Cgil? Ce l’ha presa Elly. Il terzo settore?  Pure. I giovani? Idem. Gli ecologisti? Vediamo. Ecco perché l’avvocato del popolo sembra aver mostrato la nuova rotta: va bene il salario minimo, ma guardiamo agli artigiani, alle partite Iva, ai picccoli commercianti, a quel pezzo di mondo produttivo che ci ringrazia per il Superbonus. E così, oplà, Confindustria torna a essere un interlocutore. Per non parlare del mondo dei costruttori. E dunque si guarda al nord, non solo al Reddito di cittadinanza che piace al  granaio del sud.  Girano in queste ore idee abbastanza confuse sul futuro bacino elettorale in cui il M5s potrebbe tuffarsi per “colmare l’effetto Elly”. C’è chi dice “spostiamoci ancora di più a destra”, come forza antisistema, ma poi si accorge che quel periodo storico è finito. E chi invece fa esempi terra terra, anzi strada strada: “Dobbiamo prendere i voti dei tassisti. Di chi è deluso, di chi cambia idea a seconda delle stagioni politiche, e comunque gli scontenti”, spiega uno dei vice di Conte, mentre si gratta il capo. Ma è davvero durato così poco l’incanto a sinistra dell’ex premier?

Possibile che il maglioncino dolcevita esistenzialista sotto la giacca sia stato rimpiazzato in un batter d’occhio dallo zainetto della neo segretaria?  Il fatto che un pezzo di elettori M5s sia andato a votare alle primarie  (alcune analisi dei flussi si spingono fino al 22 per cento  dell’intero popolo dei gazebo)  è stato elemento di dibattito ieri pomeriggio durante il Consiglio nazionale del partito. Un organismo abbastanza pletorico che si raduna ogni morte di papa o quasi. Lo avevamo lasciato la scorsa estate, per esempio, durante la crisi del governo Draghi in assemblea permanente, notte e giorno. E ieri è ritornato a dominare le cronache, con Giuseppe Conte protagonista e tutti gli altri big in presenza nella sede a due passi dal Parlamento o in videocollegamento.  Questa volta l’attesa del verbo era dovuta anche alla faccenda che vede l’ex premier indagato per la gestione della pandemia, un’altra vertenza che lo sovraespone (“anche se io non farò show mediatici”). Nella rappresentazione esterna il capo del M5s ha detto alla fine del vertice che non vede l’ora di confrontarsi con la nuova segretaria e che le consiglia di affrancarsi dalle correnti del Pd, peggiori di quelle del Golfo. Nelle varie analisi di questi ultimi giorni ci sono anche note liete, però: l’Ucraina, per esempio. I grillini sono convinti che Schlein non si discosterà tanto dalla “linea bellicista di Letta”. E questo significherebbe: consensi garantiti, nel mondo di sinistra sinistra. Ma chissà. L’effetto novità pesa e rimbalza nella sede del M5s. E sabato a Firenze, alla manifestazione antifascista, i due leader si incontreranno per la nuova foto del centrosinistra. Dopo quella di Narni del 2019. Il problema per Conte sarà solo come collocarsi nello scatto: al centro, di profilo o di lato?
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.