Ansa

Il magico mondo di Elly

La squadra e i ruoli del nuovo Pd di Schlein

Marianna Rizzini

Piccola mappa arbitraria, tra numi tutelari e nuovi volti: dal possibile vice al portavoce ai capigruppo, ai possibili membri alla segreteria. Così nasce il team attorno alla leader

Non si vedevano, non si notavano. Parlavano, ma ognuno per sé. Poi il ribaltone delle primarie, il 26 febbraio, li ha svelati plasticamente nel loro insieme. Sono il magico mondo di Elly Schlein: le donne e gli uomini che compongono il team allargato che affiancherà la neosegretaria dem nella sua opera di apertura del Pd, secondo i fan, o di chiusura del Pd, secondo i detrattori. Ecco una piccola mappa arbitraria. 


Marco Furfaro, possibile vice (o coordinatore della futura segreteria).

 

Foto LaPresse
   

Furfaro è colui che la sera della vittoria precedeva chiunque nel dare i risultati (“parla Furfaro”, dicevano i portavoce della mozione, e la folla di telecamere si apriva). Nato a Pistoia, 42 anni, Furfaro è uno che in televisione ci andava già, litigando con quelli con cui litiga ora. Tre sere fa, per esempio, a “DiMartedì”, su La7, ha discusso con il vicepresidente della Camera di FdI Fabio Rampelli sul pestaggio degli studenti di sinistra da parte di Azione studentesca davanti al liceo Michelangiolo di Firenze (e a Firenze in piazza andrà domani, infatti, Furfaro, con Schlein). La televisione, del resto, è un un pallino per il futuro vice: vorrebbe occuparsi di Rai, comunicazione ed editoria, come un Luca Lotti schleiniano, solo che non è mai stato renziano. Zingarettiano però sì, come pure vendoliano: Furfaro, già volontario nella cooperazione nei Balcani, e laureato in Economia con una tesi sul Fondo Monetario e i paesi asiatici, è stato infatti nella segreteria nazionale di Sel, per poi candidarsi alle Regionali nel Lazio e nel 2014 alle Europee con la lista L’Altra Europa con Tsipras. Passo successivo: tentativo di allargare ad altre realtà purché di sinistra-sinistra, prima con Giuliano Pisapia, poi con Laura Boldrini (non per niente in questi giorni ripete che il Pd deve diventare “netto e credibile”, specie sul lavoro, assumendo il ruolo che l’ex ministro Andrea Orlando, sostenitore non talebano della mozione, non ha potuto assumere). Ha un figlio piccolo di nome Mattia e una compagna di nome Mapi, anche lei in politica (ruolo di organizzazione e coordinamento). 


Flavio Alivernini. Portavoce, ma forse è poco.

 

Foto LaPresse
      

La sua figura si colloca infatti tra quella di uno spin tradizionale che consiglia, controlla, dice no se deve dire no a un’intervista in tv e in generale a tutto quello che può inquinare l’immagine di Schlein con un “troppo”  – e quella di un Rocco Casalino iper vigile e iper mediatico (rapidissimo, vede tutto, legge tutto e conosce tutti), sebbene dal carattere più pacato e non nervoso. E’ talmente discreto nei movimenti che i cronisti se lo ritrovano accanto quasi senza accorgersene, come pure è in grado, raccontano gli operatori, di fare muro da solo a dieci telecamere. E’ stato l’alter ego comunicativo della Schlein mentre studiava da segretaria pd alla vicepresideza della Regione Emilia-Romagna, ma ha alle spalle una lunga esperienza come uomo-chiave della comunicazione di Laura Boldrini quando Boldrini era presidente della Camera. Dopo il caso di squadrismo digitale contro la medesima, Alivernini ha scritto il libro “La grande nemica-il caso Boldrini” (People editore), con focus sull’hate speech. E’ considerato colui che ha sfidato sul campo dei social la “Bestia” di Matteo Salvini, ed è esperto di arte contemporanea, già consigliere redazionale di Limes e collaboratore de La Stampa, dove scriveva pezzi su ogni tipo di avanguardia. Ha lavorato nella comunicazione alla Regione Lazio e si è laureato con una tesi sull’idea di Europa da Carlo Magno ad Altiero Spinelli. Ama New York e la Roma (Roma meno), veste spesso di grigio. La notte della vittoria non ha sorriso fino a che non è stato chiarissimo il risultato, tenendo buoni Francesco Boccia e Marco Furfaro, visibilmente euforici già alle 9 di sera. 


Chiara Gribaudo. Alter ego parlamentare di Elly Schlein quando Elly Schlein non sedeva in Parlamento (ma non da subito), Gribaudo è un caso nel caso, ché la quarantaduenne coordinatrice della campagna per le primarie, cuneese doc, non ha mai nascosto la precedente vicinanza politica agli ex giovani turchi di Matteo Orfini, schierati però con Bonaccini. Fatto sta che oggi il suo nome ricorre per il possibile ruolo di capogruppo alla Camera, assieme a quelli di Chiara Braga e Michela Di Biase, ma anche per quello di responsabile Lavoro oppure Scuola (nella vita precedente faceva l’educatrice e ha una laurea in Scienze della Formazione) e, ultimo ma non ultimo, per quello di possibile futura candidata alla presidenza della Regione Piemonte. Da vicepresidente dei deputati pd, cinque anni fa, nel giorno della fiducia al governo Conte I, Gribaudo non per niente aveva preso la parola per dire che il lavoro era il valore fondante della “soggettività politica” e che non poteva essere “sostituito dal reddito di cittadinanza” (ora con Schlein dovrà occuparsi della questione salario minimo). Le sue dichiarazioni sulle armi all’Ucraina a “Un giorno da pecora”, qualche giorno fa, sono ancora oggetto di interpretazione. Domanda? Bisogna inviare nuove armi? Risposta: “Dobbiamo lavorare di più e con più forza per la pace”.  La sera in cui Schlein è diventata segretaria, si è scatenata nel tetro sulla Prenestina sulle note di varie canzoni anni Novanta. 

 

Arturo Scotto & Nico Stumpo (con l’amichevole partecipazione di Pierluigi Bersani). Sono i “rientrati” da Articolo 1, l’uno esperto di Esteri, l’altro roccia dell’organizzazione partitica, il primo campano, l’altro calabrese, con carriera che passa per il Pci e per Rifondazione. I due sono molto presenti accanto a Elly, ma sotto la supervisione amichevole del grande saggio ed ex segretario pd Pierluigi Bersani, il preferito, in questo periodo, degli autori tv (che ne apprezzano la seconda primavera di eloquio metaforico). Che faranno Scotto e Stumpo? Un ruolo in segreteria pare certo. Intanto sono le dichiarazioni di Scotto sull’Ucraina a far sobbalzare i moderati pd (a questo giornale ieri ha detto: “A Putin bisogna concedere qualcosa, e il Pd ora si affranchi dalla linea Biden”). 

 

Chiara Braga. Come Gribaudo, potrebbe diventare capogruppo, ma anche pilastro della segreteria con delega all’Ambiente. Quarantatré anni, nata a Como, formazione da urbanista, ha già alle spalle tre legislature. Di temperamento flemmatico, dicono i colleghi, nel senso che è difficile vederla scomporsi, è stata nella segreteria di Matteo Renzi, di Nicola Zingaretti e di Enrico Letta. Si è occupata di lotta contro il dissesto idrogeologico, green economy, economia circolare. E’ stata prima firmataria della proposta di legge delega al Governo  “per il riordino delle disposizioni legislative in materia di coordinamento della Protezione Civile”, proposta che è diventata legge nel 2017. Nel 2014 è stata relatrice per il decreto “sblocca Italia”. 

 

Camilla Laureti, europarlamentare schleiniana. Di lei finora non si è sentito molto parlare come di un’esponente dell’inner circle della neo segretaria, e però a Bruxelles Laureti ha presidiato la mozione almeno quanto il più noto Pierfrancesco Majorino, ex candidato alla Regione Lombardia per Pd ed M5s. Nata a Roma quarantasette anni fa, ma residente a Spoleto, già giornalista radiofonica, Laureti, da comunicatrice, ha lavorato sia alla Regione Lazio sia a “Italia Futura” di Luca Cordero di Montezemolo. E’ stata assessore nella cittadina umbra, e poi candidata sindaco. 

 

Michele Fina, senatore e presidio in Abruzzo, come il divo Lino Guanciale. Poco noto alle cronache nazionali, originario di Avezzano (e ovviamente lettore avido di Ignazio Silone), classe 1978, figlio di un’operaia e di un calzolaio, si è iscritto giovanissimo alla Sinistra giovanile, mosso da avversione verso il primo governo Berlusconi ma anche da indignazione e passione politica dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Studente lavoratore, con incarico alla Cgil, all’età di 25 anni è stato nominato Assessore provinciale con deleghe all’Ambiente e alla Protezione civile, da cui l’intesa con Elly. Come braccio operativo della mozione Schlein in Abruzzo, ha avuto anche, per un periodo, l’aiuto mediatico sul territorio dell’attore Lino Guanciale, anche testimonial Unhcr.

 

Marco Sarracino, deputato e presidio in Campania. Negli ultimi giorni di campagna per le primarie il suo nome è finito in prima pagina per la surreale storia dell’uomo (lui) chiuso a chiave per protesta da alcuni militanti in un circolo pd, ma il trentatreenne napoletano in realtà da tempo compare nelle cronache da Napoli come segretario pd uscente e coordinatore organizzativo della mozione Schlein. Il suo nome ricorre anche nei pronostici nella casella “organizzazione nazionale”. Le sue parole sono state attentamente ascoltate ai tempi del Nazareno lettiano quando, nel 2021, è stato eletto sindaco di Napoli Gaetano Manfredi con il famoso “campo largo”, e la città era stata vista come possibile cavia dell’esperimento locale rossogiallo. “Il voto a Napoli”, diceva Sarracino, “ha dimostrato da un lato che è il Pd che vince sia quando è alleato con il M5s sia quando è alleato con le forze riformiste, e che il M5s e IV perdono quando non si alleano con il Pd.  Queste realtà possono stare insieme, se è chiara la linea politica e se ci sono buone classi dirigenti”. Ma ora chissà se le sue parole potranno essere traslate sul piano nazionale.   

 

Emiliano Fossi, neo segretario Pd toscano e presidio a Firenze. “Fossi chi?!?”, hanno trasecolato i cronisti un’ora prima che Schlein venisse dichiarata vincitrice, quando Furfaro emergeva dalla sala del comitato ristretto, allo Spazio Diamante di Roma, dando appunto la notizia: in Toscana siamo avanti, e Fossi ha vinto. Aveva vinto cioè la partita nel partito locale che fu un tempo renziano, questo cinquantenne fan dei Depeche Mode e di Tiziano Terzani, come ha raccontato al Corriere Fiorentino. Un uomo che ha trascorso molto tempo davanti ai cancelli della Gkn, la fabbrica in cui centinaia di operai sono stati licenziati tramite un messaggio di whatsapp, e anche davanti all’ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze, come dire (con Schlein): già le mani dalla sanità pubblica. Figlio e nipote d’arte (padre comunista, nonno in carcere durante il fascismo), già bersaniano e per un breve periodo renziano, non nemico di Dario Nardella, con Schlein domani Fossi sarà in piazza a Firenze, al corteo di protesta dopo il pestaggio al liceo Michelangiolo.  

 

Jasmine Cristallo, ex sardina, presidio in Calabria. Possibile prossima responsabile Giovani, Cristallo è diventata famosa a fine 2019, quando il movimento delle Sardine esplodeva e lei si proponeva di arginare i salviniani al Sud, con una serie di iniziative nei giorni in cui Matteo Salvini scendeva nella Regione in vista del voto locale del gennaio 2020. Donna simbolo, con i suoi capelli rossi, della cosiddetta “rivolta dei balconi” contro l’allora ministro dell’Interno, Jasmine, quarantun’anni, ha sempre detto di aver scelto “di fare politica dal basso”. Madre da giovanissima (“ho fatto l’esame di maturità incinta”, aveva raccontato a questo giornale) e studentessa lavoratrice, invitava i concittadini alla “rigenerazione” della classe politica antisovranista e al “passo indietro” in favore di candidature che si discostassero “dall’album calabrese delle figurine Panini”. E parlava di contenuti e progettualità per i giovani calabresi che “sono costretti a emigrare per avere un futuro”. Da cui la possibile delega ai Giovani.

 

Svetlana Celli, presidio schleinaino in consiglio comunale a Roma. Presidente dell’Assemblea capitolina, laureata in Lettere, madre di due bambini, miss preferenze pd (3888 nell’ultima tornata elettorale), già candidata con Ignazio Marino, è colei che ora dice al sindaco non schleiniano Roberto Gualtieri: “La giunta deve dialogare di più con il consiglio”. 


Stefania Bonaldi, presidio lombardo. Ex sindaca di Crema, cinquantadue anni, infaticabile raccoglitrice di voti per Schlein e coordinatrice della mozione presso gli amministratori locali, è la donna che i pronostici accreditano come futuro membro della Segreteria con delega ai Territori. 


Michela Di Biase e Alessandro Zan, Francesco Boccia e Giuseppe Provenzano, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Andrea Orlando e Antonio Misiani. I numi tutelari. Dalla Camera e dal Senato (Boccia e Di Biase sono considerati possibili nomi per il ruolo di capogruppo), dopo essere stati chi ministro e chi governatore, presidiano la mozione con azione diversa: qualcuno fa il pontiere (Franceschini), qualcuno no (Boccia), qualcuno si colloca a metà tra le due strade (Provenzano), qualcuno (Orlando) è silente. A Zan, già noto per la storia del ddl omonimo, dovrebbe arrivare la delega ai Diritti, a Provenzano quella per il Sud, a Misiani quella per l’Economia.


Mattia Santori, Mery De Martino, Stefano Vaccari, Matteo Lepore, paladini bolognesi di Schlein. Uno, Santori, è il capo-sardina storico che scendeva in piazza contro gli opposti populismi (in questi giorni al centro delle polemiche per una frase poco diplomatica sull’addio di Beppe Fioroni). L’altra, De Martino, consigliera comunale, è presidio di Schlein nella periferia bolognese. L’altro ancora, Vaccari, deputato e amico di Bonaccini, è stato uomo di organizzazione per Zingaretti e Letta. Poi c’è il sindaco di Bologna, paladino di Schlein a differenza della maggior parte dei colleghi amministratori, molto bonacciniani. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.