Pagelle catodiche

“Meloni zapping”: il mondo dei talk dà i voti al governo in tv

Marianna Rizzini

Poche cadute di stile e qualche uscita in romanesco, ma con una buona tenuta istituzionale. Bilancio mediatico della destra

Giorgia Meloni e i membri del suo governo comparivano in tv anche prima, ma da quando la leader di Fratelli d’Italia è premier qualcosa è cambiato oppure no? E che cosa funziona (o non funziona) del suo governo dal punto di vista mediatico, visto che mediatica, oltre che di piazza, è stata la rapida ascesa della destra-destra che in Meloni ha visto la possibile Nemesi degli anni in cui era ai margini anche dal punto di vista della comunicazione? Per Alessandra Sardoni, volto del TgLa7 e conduttrice di “Omnibus”, si nota intanto, nei talk-show, il peso di una certa non-dimestichezza con il mezzo televisivo di alcuni esponenti, “nuovi alla sovraesposizione e magari preparati sulla loro strettissima competenza di settore”. Ma appena si allarga lo sguardo verso un tema politico più generale, dice Sardoni, “può capitare la gaffe, come può capitare che si ceda a demagogie pre elettorali o che ci si faccia stanare sulla questione delle origini. E’ il problema di un partito con un gruppo dirigente molto ristretto e con una leadership totalizzante nella comunicazione”. 


Scivolate in effetti se ne sono viste tante, a partire da quella del sottosegretario alla Salute di FdI Marcello Gemmato (“senza vaccini sarebbe stato peggio? Questo lo dice lei”, era stata la frase incriminata, detta su Rai2), passando per quella del braccio destro partitico di Giorgia Meloni e deputato Giovanni Donzelli, a proposito di Galeazzo Bignami, viceministro alle Infrastrutture, un tempo fotografato con la camicia con la svastica (“Galeazzo Bignami è un fervido difensore dei princìpi democratici, la sua è una storia inattaccabile. Al suo addio al celibato, in una casa privata, gli amici lo hanno vestito forzatamente da nazista in una situazione goliardica. Sono anni che lui ha chiarito che quella foto è sbagliata e che non si scherza su questo. Anche io una volta a Carnevale mi sono vestito da Minnie”, diceva Donzelli a “L’aria che tira”, facendo sorridere anche il non nemico direttore di Libero Pietro Senaldi). In questo momento, dice Sardoni, si nota un limite nel “problema politico comunicativo della coerenza, del prima e del dopo, del fatto di stare al governo dopo anni di opposizione facile. E’ una trappola che vale per tutti, ma per gli esponenti del governo Meloni tutto si complica perché si evidenziano le spaccature interne alla maggioranza”. 


C’è poi un elemento geografico, quello che Sardoni definisce “la dominanza del romanesco”. Qualcuno, tra i conduttori tv, ha notato una piccola crepa nella sicurezza di Meloni quando, durante le conferenze stampa, la premier risponde diretta ma poi si ritrae, come indietreggiando con la schiena e abbassando leggermente la testa. Ma per Nicola Porro, conduttore di “Quarta Repubblica”, su Rete 4, è proprio durante le conferenze stampa che Meloni in veste di premier dà il meglio, “in perfetta continuità, direi, con Mario Draghi. Detto questo, premetto che il giornalismo dovrebbe adottare verso un governo un atteggiamento sempre critico, anche se non è distante come idee da chi governa. Dovremmo avere insomma un atteggiamento opposto a quello della Fiat, sempre governativa. Facendo dunque questa tara, trovo però che Giorgia Meloni, dal punto di vista della comunicazione, appaia in questo momento incredibilmente determinata, sobria, concentrata. E questo fin dal primo discorso, la notte delle elezioni”. Quel 25 settembre, dice Porro, “Meloni ha detto ai suoi di stare calmi, di non gioire, di non strabordare, insomma. Parlava alla pancia del suo elettorato e ha continuato a mettere in pratica quei princìpi-base. Certo, non si è ancora trovata in una situazione difficile, si vedrà se questo registro può resistere alla prova di un momento di crisi. Ma la cosa che più mi colpisce è la continuità comunicativa con il metodo Draghi. Non parlo di contenuti, naturalmente, ma di controllo, di attenzione ai dettagli, di compostezza”. 


Monica Giandotti, conduttrice di “Agorà”, su Rai3, ha davanti tutti i giorni i volti del governo Meloni. E dal suo osservatorio dice che “Meloni funziona perché è credibile. Ed è credibile perché è autentica. Una quota di sincerità cui la presidente non sa sfuggire fino a mostrare i suoi limiti caratteriali. E in tv, nel bene e nel male, funziona – in linea generale – tutto ciò che non è finzione. Inoltre l’onda lunga della vittoria elettorale ha agevolato i meloniani nel vestire e nell’interpretare i panni del nuovo potere. Dicono: siamo stati votati e siamo qui per questo; un buon gancio sentimentale con una parte del pubblico che guarda la tv. Ma – al netto delle pose istituzionali – meno banale sarà rimanere fedeli alla linea, resistere alle lusinghe, non cedere alla carica seduttiva delle luci della ribalta. Proprio quelle che ora tengono sotto stress la prima donna presidente del Consiglio della storia della Repubblica italiana, e basterebbe questa novità a giustificare la paura di deludere”.  Su cosa potrebbero mediaticamente inciampare, il governo e la premier? “C’è anche la crisi economica ormai conclamata”, dice Giandotti, “le famiglie che non ce la fanno, il caro bollette, gli imprenditori in difficoltà. Insomma a questo punto della storia a contare, più dei voti presi e dell’armatura da underdog, ci sono e ci saranno le risposte che si danno e le soluzioni che si offrono. A dispetto della prassi seguita da molti leader di orientamento diverso, sempre impegnati a rivendicare l’elenco delle cose fatte, in tv è più utile parlare delle cose che si vogliono fare in futuro. Illustrare una visione del mondo e il quadro di un futuro possibile. In questo il nuovo governo fatica a individuare una traccia riconoscibile. Per trovarla c’è ancora tempo ma non moltissimo”. 


Poi c’è l’osservatorio quotidiano radiofonico. Giuseppe Cruciani, conduttore di “La Zanzara”, su Radio 24, ha visto arrivare il governo Meloni prima del tempo, dando voce alla cosiddetta “pancia del paese”: “Dalle telefonate che arrivavano, avevamo immaginato anche il travaso di voti dalla Lega”, dice Cruciani. Osservando il governo all’opera, dice Cruciani, “bisogna intanto tenere presente che le polemiche che si leggono sui giornali sulla legge di bilancio non hanno influenza sull’elettorato. E bisogna anche tenere presente che Meloni spesso, in questi giorni, ha usato parole che potrebbero essere usate dal Pd, vedi sulla questione del Reddito di cittadinanza. Detto questo, finora dal punto di vista dell’immagine penso che Meloni non abbia sbagliato nulla, anche se sarebbe stato difficile, in così poco tempo, scontentare qualcuno. Ma non ho visto nei talk, finora, serate in cui il governo è andato sotto processo, un po’ perché siamo ancora nei giorni della luna di miele post-elettorale, un po’ perché oggettivamente Meloni non dice, da Palazzo Chigi, cose da destra-destra classica. Né ha preso finora provvedimenti per così dire di stampo identitario. Al tempo stesso dà l’idea che ci sia qualcuno al comando, e per questo al momento non paga pegno mediatico”. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.