Ansa

Falsa partenza

Preoccupanti indizi di un governo indifferente al garantismo

Vincenzo Roppo

Rinvio della riforma Cartabia, ergastolo ostativo, reato di rave party: il populismo penale genera giustizialismo

Lo scorso 26 ottobre, in un dibattito alla Statale di Milano, mi è capitato di domandarmi quale impatto avrà il nuovo governo sul livello di garantismo del nostro sistema. Rispondevo che in mancanza di elementi significativi era corretto sospendere il giudizio: lo scopriremo solo vivendo. E’ bastato vivere altri cinque giorni e arrivare al primo Consiglio dei ministri “operativo” (31 ottobre), per accumulare più di un dato significativo e utile ad abbozzare una prognosi.

 

Prognosi non fausta, perché da quella riunione governativa sono uscite almeno quattro decisioni di segno marcatamente antigarantista. Più una discutibile affermazione del ministro dell’Interno.

Uno. Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia per la parte relativa al processo penale significa congelare una legislazione che ha invertito la deriva populista e conseguentemente giustizialista in cui, sotto tanti aspetti, il nostro sistema penale si è incanalato nel corso degli anni. Non per nulla si è detto, forse un po’ enfaticamente, che essa chiude la “guerra dei trent’anni” fra garantisti e giustizialisti. Il rinvio è stato giustificato con le ragioni tecniche addotte nel recente appello dei procuratori generali. E sia: ma sarebbe bastato introdurre appropriate norme transitorie o disporre un rinvio solo parziale, senza bisogno di mettere in frigorifero l’insieme della riforma con tutti i suoi aspetti di recupero del garantismo. Che si sia disposto il rinvio in blocco suscita il sospetto che si voglia approfittarne per rimettere le mani nei suoi contenuti: ma del resto il partito oggi egemone nella coalizione di governo, chiamato allora a esprimersi sulla riforma Cartabia, aveva votato contro.

 

Due. Si ridisciplina l’ergastolo ostativo per prevenire la dichiarazione di illegittimità costituzionale attesa con l’udienza della Corte il prossimo 8 novembre. Iniziativa sacrosanta (ancorché tardiva: dall’ordinanza del maggio 2021 che preannuncia l’incostituzionalità il Parlamento ha avuto più di un anno per provvedere). Peccato che si fiuti aria di una nuova disciplina più restrittiva di quanto sarebbe coerente con lo spirito della pronuncia costituzionale: ma del resto, poco prima delle elezioni FdI aveva presentato una proposta di legge costituzionale orientata a deprimere la funzione rieducativa della pena; e nel corso della campagna elettorale aveva fatto esplicita professione di garantismo dimezzato, dichiarandosi forza politica garantista riguardo al processo, ma giustizialista riguardo alla pena.

 

Tre. Il “condono” delle sanzioni a suo tempo applicate ai medici No vax colpisce al cuore quel principio cardine del garantismo – inteso anche come categoria politico-istituzionale – che è il rispetto della legge (rule of law), e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. I medici che si sono vaccinati non avrebbero ragione di sentirsi ingiustamente discriminati e penalizzati e feriti nelle loro garanzie di pari trattamento? E quali garanzie dei loro diritti possono aspettarsi i cittadini dalla legge, se questa è considerata un optional? Vengono in mente storie di fine secolo scorso. Craxi si difendeva dalle accuse di finanziamento illecito del suo partito con la giustificazione che tutti lo facevano, e tutti lo sapevano; e accusava di giustizialismo antigarantista i magistrati che indagavano su quei reati. La stessa accusa Berlusconi rivolgeva ai magistrati che variamente lo indagavano e imputavano, sostenendo che non potevano farlo contro un politico che, avendo vinto le elezioni, aveva il consenso della maggioranza del popolo. Ma con queste difese, l’accusa di antigarantismo si ritorceva contro chi la lanciava: perché dire che la diffusione di una prassi illegale cancella l’illegalità, e che il consenso popolare immunizza dalla responsabilità per i reati che si commettano, è sommamente antigarantista, nella misura in cui nega la rule of law che è il fondamento e l’essenza stessa del garantismo. 

 

Quattro. L’introduzione del reato di rave party è un esemplare perfetto di quel populismo penale che è l’incubatore del giustizialismo antigarantista. Moltiplicare i reati nega quell’idea di diritto penale “minimo” che è uno dei principali comandamenti del garantismo. Soprattutto quando l’invenzione di nuovi reati ha una funzione non tanto liberticida quanto propagandistica e simbolica, che sposta artificiosamente sul terreno improprio della repressione penale la risposta a problemi che dovrebbero affrontarsi sul diverso e più appropriato terreno della capacità operativa di chi svolge funzioni di governo. 

 

Al rimprovero di fare la faccia feroce col rave di Modena ma di ignorare la chiassosa manifestazione fascista di Predappio, il ministro dell’Interno risponde che questa è “un’altra cosa”, anche perché ci siamo abituati visto che “si ripete ogni anno”. Francamente sconcerta un ministro dell’Interno che giustifica l’inerzia di fronte a un’ipotesi di reato, dicendo che quel reato viene commesso abitualmente. Ricorda un po’ chi sosteneva, 30 anni fa, che il finanziamento illecito dei partiti smette di essere illecito se praticato abitualmente… Un pensiero, come si è detto, profondamente antigarantista.

Tutto questo innesca contraddizioni politiche. All’interno della maggioranza (il conclamato garantismo del ministro della Giustizia platealmente smentito dai primi provvedimenti del governo in materia di giustizia; il ministro degli Esteri che contesta e corregge qualche eccesso giustizialista nell’impostazione del nuovo reato di rave). Ma forse anche nell’opposizione: sorprende che una forza come Azione-Italia viva, che meritoriamente fa del garantismo una delle proprie bandiere identitarie, di fronte a questi scivoloni antigarantisti del governo non abbia fatto sentire la sua voce, o almeno non con i toni forti e chiari e univoci che si sarebbero aspettati (Calenda addirittura approva il reato anti rave, ma Scalfarotto si dissocia). Mentre non sorprende che la linea dura del governo sull’ergastolo ostativo sembri tutt’altro che sgradita al Movimento 5 stelle.

Vincenzo Roppo è professore emerito di Diritto civile all’Università di Genova. Per Baldini+Castoldi, nel 2022, ha scritto “Garantismo. I nemici, i falsi amici, le avventure”.

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