(Foto di Ansa) 

L'incontro

Draghi “ascolta” Conte. La crisi di governo è congelata

Carmelo Caruso

Il faccia a faccia diventa una richiesta di attenzione. Fiducia sul Dl aiuti. Conte “punta” il Mef. Poi la promessa di collaborare

Era andato per fare chiarezza e non gli ha chiesto: “Ma è vero che parli male di me con Beppe Grillo?”. Il governo non è caduto, i giornalisti stavano per collassare causa caldo, le televisioni hanno dovuto rinunciare allo “speciale crisi”. A mezzogiorno, Mario Draghi ha ricevuto Giuseppe Conte che minacciava di uscire dall’esecutivo. Un’ora dopo, Conte ha lasciato Palazzo Chigi e confermato che il M5s è “responsabile” e che non esce dall’esecutivo ma “serve discontinuità”. Sul Dl Aiuti viene posta la questione di fiducia (ieri) con l’accordo di Conte (il M5s si asterrà).  Raccontano che alla fine dell’incontro Draghi abbia perfino detto: “Con Conte c’è grande collaborazione e valuteremo le sue richieste con attenzione”. E’ finita con l’Avvocato che chiedeva a Draghi di fare il suo avvocato. 

Non era dunque la fine del mondo, e neppure del governo, ma solo un grande sbadiglio. L’incontro tra Draghi e Conte, che era stato presentato come “decisivo”, “finale”, “l’apocalisse”, è andato come pensavano molti e come desiderava Mario Draghi. Una volta concluso, quando i collaboratori del premier gli hanno chiesto cosa si fossero detti, Draghi si è limitato a esprimere soddisfazione e aggiungere che “Conte e il suo comitato hanno confermato il sostegno al governo”.

 

Previsto per le 16,30 anticipato alle 12, l’incontro è avvenuto nello studio di Draghi che è stato visto entrare a Palazzo alle 9.30. Nessuno credeva davvero che Conte avrebbe aperto una crisi con la guerra in corso ma neppure che fosse tanto “ragionevole”. C’è sempre un Conte di scena ma poi c’è quello reale. Questo. Aveva preparato i “10 punti del popolo” che non ha elencato interamente. Draghi si è ovviamente accorto che tra quei punti mancava qualsiasi accenno alla politica internazionale. Non lo ha fatto notare. Lo ha pensato. Non si è parlato dell’intervista del sociologo De Masi, “lo sparo di Sarajevo”, il vero motivo per cui Conte si dichiarava “sconcertato”. Il leader del M5s si è lamentato con Draghi di non avere “più canali di collegamento con il Mef dopo che Laura Castelli è passata con il gruppo di Di Maio”. Ma non ha pronunciato la parola  “rimpasto”. Draghi annuiva, intercalava con “capisco”. Quando Conte gli spiegava che non poteva sopportare che il suo reddito di cittadinanza venisse “offveso” dagli altri partiti, Draghi gli ricordava che più volte ha difeso la misura. Sul Superbonus era lo stesso Conte a premettere che “so che ci sono state distorsioni, ma si può aggiustare”. Draghi gli veniva dietro “capisco, certo”. Dopo aver preteso il maggiore coinvolgimento del Parlamento, il leader del M5s ha evidenziato a Draghi la necessità di avere più “cabine di regia”.

 

E Draghi inseriva nel discorso quelle piccole locuzioni che fanno felici sempre tutti gli uomini sbalestrati: “Certamente. Miglioreremo”. Cosa si può dire di uno che ormai viene svillaneggiato da tutti, dal suo ex vice, Luigi Di Maio, dal comico-padrone, perfino dai giornalisti che lo hanno servito, lusingato, fino a poco tempo fa? Oggi Conte non aveva al suo fianco neppure Rocco Casalino che, racconta uno dei funzionari di governo, adotta la seguente tattica: “Ogni volta che Draghi e Conte si vedono, alla fine, Casalino e Conte chiedono di avere una stanza dove intrattenersi per riordinare le idee. Si chiudono per circa mezz’ora per dare l’impressione che l’incontro si è prolungato e che è stato tosto”. Per dire quanto sa essere feroce questo Paese basti dire che i cineoperatori, quando Conte è uscito, hanno iniziato a canticchiare il ritornello de “Lo chiamavano Trinità” per fargli capire che era un pistolero suonato. Giuseppe Provenzano, il vicesegretario del Pd, a bordo della sua vespa rossa, che ha fatto parte del governo Conte, non voleva commentare la giornata perché “la questione non mi riguarda. Io mi occupo di Pd”. Palazzo Chigi non ha diffuso nessuna nota. Domani ci sarà un Cdm. Sergio Mattarella è ancora in viaggio istituzionale in Mozambico. Il senso della giornata lo dava Francesco Giavazzi, il consigliere più ascoltato di Mario Draghi, con un cappello di paglia formidabile. Dei partiti, dei leader, di questo tempo scalcinato, diceva: “Mi sembrano tutti in stato confusionale”. 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio