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Palazzo Chigi

Draghi alle prese con il "tolo-tolo" Conte e le casalinate del M5s: "Cerca il voto anticipato"

Carmelo Caruso

Il premier duella con il leader del M5s a colpi di numeri sulle spese militari. Uno dice che non le ha aumentate, l'altro replica che i suoi dati "sono previsionali". Sul decreto Ucraina è fiducia

Fa ora lo smemorato di Volturara, il “cado dalle nubi”, il “ma chi? Io?”. Entra nella fase Zalone. Vuole “scancellare” i suoi tre anni di spese militari con “il fotoschoc”. Quando Mario Draghi gli ha mostrato la lista da lui firmata ha cercato di intortare ed è rimasto intortato. Sporco di marmellata Nato ha rilanciato in terza persona, da dandy delle tre carte: “I governi Conte hanno aumentato le spese per la difesa solo del 12 per cento! E non il 17”. Ha usato i dati previsionali e non i consolidati. Ecco la ragione. Desidera fare cadere Draghi ma non ha il potere di farlo fallire. Al governo catalogano il gruppo di Giuseppe Conte come il gruppo “Yoko Ono”.

  

Sono sempre cinquanta, sono sempre gli stessi. La sua famosa forza, quella che “si opporrà in tutti i modi alle decisioni del governo”, che vuole sabotare il Def, è formata da questi campioni. Vanno velocemente passati in rassegna. Paola Taverna, “la Perpetua”, Alessandra Todde “il Cavallo perdente”, Riccardo Ricciardi “il si crede Carmelo Bene”, Michele Gubitosa “Gubitosa, chi?”, Carlo Sibilia “Mister Lira” (voleva stampare anche lui carta moneta come Claudio Borghi della Lega). Un altro è Mario Turco detto “il Nessuno”. E’ stato sottosegretario di stato del Conte II. Al Senato, viene salutato con questa vecchia battuta di Fortebraccio: “Arrivò una berlina, si aprì lo sportello, non scese nessuno. Era Turco”.

 

La più temibile è senza dubbio Taverna, “la perpetua”. E’ anche vicepresidente del Senato. Ebbene, non accadeva da anni. Per infiammare il “gruppo Yoko Ono”, anche definito, dal governo, “il partito Lilliput”, il giorno del famigerato odg di FdI, ha lasciato lo scranno alto ed è scesa nelle commissioni riunite Esteri e Difesa. Si è fotografata in tenuta da sommossa pacifista. Ha ordinato la sostituzione dei senatori che erano pronti a votare a favore del decreto Ucraina. Sono i senatori responsabili, i grillini che leggono Novaja Gazeta.

 

Ecco perché, quando a Draghi dicono “presidente, c’è la concreta possibilità che una parte del M5s esca dal governo” lui risponde “come posso fidarmi di loro? E’ giusto contarsi”. Veramente Conte pretendeva che Draghi inserisse nel Def la postilla “il visto che, tenuto conto di, si rimanda”. Raccontano che Draghi lo abbia guardato come si guarda un esemplare esotico: un divertimento da vedere al parco comunale ma un problema quando abita in casa. Oggi, al Senato, il governo pone la questione di fiducia.

 

Se Draghi è salito al Quirinale non è per il mancato voto su un odg e neppure per la minaccia del dandy, ma anche “new pope”. E’ rimasto sconcertato dal metodo “cado dalle nubi”. Si sarebbe convinto di questo: “Non lotta per il no all’aumento. Tifa elezioni”. Gli specialisti del M5s che studiano il caso Conte e che si confrontano con il premier gli hanno raccontato come è iniziato tutto: “Caro presidente, lo avevamo scelto perché eravamo convinti che fosse il più innocuo, ma non avevamo fatto i conti con il suo ego”.

 

Era “il Dandy” ma nessuno immaginava che fosse tanto “gloriosus”. Non potendo utilizzare con Draghi la sua “caducazione”, la lingua da olio di semi, ha usato il trucco “Junker”. Ricordate la volta in cui si è presentato in Europa per imbonire il presidente della Commissione? Faceva scendere il rapporto deficit pil dal 2,4 al 2,04. Per lui era lo stesso. C’era solo uno zero di mezzo. Sta replicando anche ora lo stesso trucco Junker. Ripete che i numeri che gli ha sottoposto Palazzo Chigi, “prego, legga”, non sono veri. Aggiunge che con il suo governo l’incremento delle spese militari è stato inferiore al miliardo l’anno. Al ministero della Difesa non ce l’hanno fatta.

 

Dice il sottosegretario Giorgio Mulé che se vuole bene all’Italia, come dice, “Conte farebbe bene a non giocare con i numeri della Difesa. Con quei numeri non si gioca. E’ da quei numeri che si misura la credibilità dell’Italia nel mondo”. Perché Conte non rivela quanto è aumentata la spesa militare nell’anno della pandemia? Sono dati pubblici. Dal 2019 al 2020, i suoi anni bellissimi, il bilancio integrato della Difesa, in chiave Nato, è passato da 21 miliardi a 26. Nello stesso anno in cui il pil era cresciuto di uno striminzito 0,2 per cento. Essendo “lo smemorato di Volturara” non vuole ricordare quello che i suoi ex ministri ricordano esattamente.

 

Da presidente del Consiglio, per sedurre il suo punto di riferimento internazionale, Donald Trump  era per lo scialo: “Viva Nato, Viva Nato!”. Non si prepara ai tempi difficili ma recita la parte da smemorato perché vive tempi difficili. Sta pure cercando di imbarcare i rifugiati della sinistra alternativa. Corteggia i parlamentari di Articolo uno, Sinistra italiana, Leu, gli promette l’Isola di Wight: “Compagni, venite che facciamo una grande casa”. Bersani ha già detto no perché lui “non asciuga gli scogli”. Se ci riesce potrebbe davvero nascere qualcosa di unico. Il simbolo c’è già. Pochette e martello. E’ il partito pochettista.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio