Il personaggio

Conte è "il Boris". Lui minaccia la crisi e il governo sorride: "E' senza strategia"

Carmelo Caruso

Non solo il "dandy". A Palazzo Chigi definiscono il leader del M5s come il protagonista delle serie tv. "Si muove alla cieca". Non risponde ai suoi deputati. Anche la crisi lo mette in crisi

E’ in crisi pure su come aprire la crisi. Anche se volesse non sa come si faccia. Ha dichiarato che è pronto a fare cadere il governo ma non ha ancora capito se serva una risoluzione o un ordine del giorno. Quando hanno chiesto a Giuseppe Conte come volesse procedere lui ha replicato: “Ora ci informiamo”. Dal governo hanno provato a cercarlo ma non risponde. Fa il Salvini. Non lo chiamano più solo il “Dandy” ma si è guadagnato anche “il Boris”. Il suo agitarsi scomposto ricorda infatti la straordinaria serie televisiva scritta da Mattia Torre. La sua strategia viene segnalata come la strategia a “czzz di cane”. Alla cieca.


Vuole fare qualcosa perché non sa cosa fare. Si è convinto di potere fare cadere Mario Draghi per risalire nei sondaggi. Non è preoccupato del conflitto russo-ucraino, ma dalla secessione della repubblica dimaiana, dal battaglione “Pomigliano”. Essendo “il Dandy” è solo ossessionato della sua popolarità che si asciuga come si asciuga la candela. L’ultima volta che è stato visto entrare a Palazzo Chigi, per incontrare Mario Draghi, garantiscono che non abbia resistito. Si è guardato allo specchio, manco fosse un Napoleone ingiustamente esiliato, si è sistemato il ciuffo e ha chiesto: “Come sto? Piaccio?”. Dal governo leggendo la sua intrevista al fosforo, quella in cui definiva Putin “un meticoloso”, si sono quasi tranquillizzati perché hanno compreso che è solo malato di decadentismo. Non è geopolitica ma solo un problema di cipria.

 

Cerca i vecchi piaceri della sala verde come Jean Floressas Des Esseintes nel romanzo A Rebours cercava i diamanti nel carapace della sua tartaruga. I ministri del M5s che sono stati chiamati a spiegare a Draghi quale fosse la strategia di Conte, la sua linea politica, lo hanno confortato: “Caro presidente, ma Conte non ha una linea politica. La linea la scopre ogni giorno quando legge il suo giornale di riferimento. E’ un fatto”. E’ chiaro adesso perché si è meritato questa onorificenza, il cavalierato “Boris”, il muoversi alla cieca, questo titolo importantissimo che viene consegnato a chi non ha idee e quelle poche che ha le ha pure confuse?

 

Alla Camera ha lasciato votare l’aumento delle spese militari che al Senato vuole ora non si voti. Chi ha provato, dal governo, a dirgli che era una contraddizione lo ha quasi infastidito: “Ah, si? Quale sarebbe?”. La sua delegazione ministeriale lo teme come gli americani temono i presidenti svalvolati, quelli che per dimostrazione lanciano l’atomica negli atolli. Anziché invadere Palazzo Chigi è riuscito a fare esplodere la guerra civile tra deputati del M5s e senatori del M5s. Il presidente della Commissione Difesa, sempre alla Camera, Gianluca Rizzo, del M5s, prima del voto lo ha tempestato di telefonate per sapere quale fosse la posizione da tenere, insomma, ancora la linea. Ebbene, staccava il telefono. Non risponde neppure ai suoi vecchi ministri del M5s, quelli del Conte II, ma solo ai cinque della sua segreteria. La preferita è Alessandra Todde, viceministra dello Sviluppo Economico, che nel M5s chiamano “il cavallo perdente”.

 

Ha perso tutte le volte che è stata candidata. L’altro preferito è Michele Gubitosa che a Palazzo Chigi non sanno neppure chi sia: “E che ruolo avrebbe questo Gubitosa?”. Non è più solo il “Dandy” come lo chiamano a Palazzo Chigi ma è soprattutto “il Boris”, un discepolo del metodo del regista René Ferretti: “Facciamola a czzz di cane, dai, dai, dai”. E’ il vero soprannome qualificativo. Racconta al meglio il suo Papeete di carta e lo smilitarizza come pericoloso golpista.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio