(foto LaPresse)

l'italia e le misure dragoniane

Indagine sullo stato autoritario

Giuliano Ferrara

E' sano quel che si sta facendo non solo qui da noi ma in tutto il mondo. Ancora più sano è riconoscerlo senza scandalo moralistico

Che implicazioni ha la svolta autoritaria dello stato italiano? Tutto va secondo le procedure della democrazia, e alla fine ci sarà la ratifica parlamentare, esiste la libertà di stampa e di critica, ma bisogna dirlo: la sostanza è quella di una democrazia illiberale. Se ho il diritto di rifiutare il vaccino contro il Covid, non posso tuttavia esercitarlo senza essere sospeso nello stipendio, escluso dal lavoro e in certi casi licenziato. Non è solo una misura settoriale riguardante la scuola, cioè la salute di bambini e ragazzi. E’ un requisito, il green pass, che riguarda potenzialmente tutti, e non in ruoli delicati e pubblici come il sistema sanitario, ma anche nella ordinaria vita lavorativa privata. Le aziende controllano. La pubblica amministrazione controlla. Puoi farti un tampone ogni 72 ore e pagartelo, ma questo è tutto per chi non vuole la punturina d’ordinanza. L’autorità sorveglia e punisce, sanziona. Fioccano le multe. A un grado simile di coercizione universale, con un certo elemento di eccezionalità rispetto alla norma vigente negli altri paesi, non si era mai arrivati nella storia della Repubblica.

L’unica spiegazione razionale ovviamente è nella pandemia e nei suoi effetti. Nella loro grande maggioranza, gli italiani accettano questa misura che limita un loro diritto, addirittura il diritto al lavoro, e corrono a prenotarsi per le inoculazioni del caso anche i ritardatari, sia perché accettano lo scopo di proteggere sé stessi e gli altri sia perché non hanno alternative e vogliono vivere come sempre e magari vedere la partita o ascoltare un concerto. Lo stato ha fatto una scelta etica senza diventare stato etico, richiamandosi a un dovere civico costituzionale di tutela della salute collettiva, e in giro guardano a questa via dura all’italiana, che conferma la logica del primato temporale nell’imposizione del lockdown nazionale, con interesse e curiosità. Se fossimo inconsapevoli dell’eccezionalità delle cose, se nascondessimo la testa sotto la sabbia, commetteremmo un errore. 

Le opinioni in dissenso da questa scelta autoritaria sono di due tipi: grottesche o non convincenti, irrilevanti. Il consenso di massa alla sanitarizzazione della vita pubblica e privata è impressionante, impone una normalità che si fa norma coattiva, in un regime di pieni poteri della politica di governo, suffragata dall’union sacrée. E’ tragicamente naturale che sia così. Non si scappa. L’alternativa è effimera. Non esiste il diritto al contagio, per sé e per gli altri, data la caratteristica relazionale del virus che ci vuole abbattere e che si vuole abbattere, eliminare. Il Covid non è un’influenza stagionale, questo lo si dovrebbe aver capito. Non reagire allo stato d’eccezione, con il potere sovrano che ne è determinato, vorrebbe dire arrendersi a una logica di decimazione, a chi tocca tocca, che è fuori dall’orizzonte di una società civilizzata, anche oltre l’ordinario, dal segno della salute fisica, della longevità, dell’eterna giovinezza, del welfare o tutela universalizzata dell’integrità della persona nel suo corpo. E dall’idea della solidarietà sociale.

Il sistema delle libertà, con più difficoltà nel mondo anglosassone e in America, ma anche lì con misure inimmaginabili secondo criteri di liberalismo puro, ha trovato il suo limite nella sanitarizzazione delle masse. Alla base c’è come sempre l’economia, duramente colpita dal blocco delle attività produttive e vogliosa di riprendersi in mezzo a un mare di debito globale, salito di un terzo in nemmeno due anni, che solo una crescita sicura potrà ridurre mettendoci al riparo da crisi da surriscaldamento, quelle sì potenzialmente catastrofiche. Quest’Italia draconiana e un po’ cinese, dragoniana, fa obiettivamente una certa impressione, specie se si pensi alla sua tradizionale leggerezza e abitudine alla fortuna più informale e sregolata. E’ letteralmente sano quel che si sta facendo, ancora più sano saperlo, esserne impressionati, capirne le implicazioni senza scandalo moralistico, e fare che questa logica di sottomissione trovi il limite dell’autoconsapevolezza.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.