L'intervista

"Il green pass? Comprimere la libertà è da dittatori". Parla Enrico Michetti

Simone Canettieri

Il candidato della destra a Roma: "Per sei mesi sarò anche assessore al Bilancio". L'Ama e L'Atac? "So dove mettere le mani". Il primo voto? "Alla Dc". Intervista a Enrico Michetti, candidato sindaco a Roma per il centrodestra

"La Roma antica è stato un modello: Cesare Ottaviano Augusto non si sarebbe mai pronunciato con un Dpcm e dunque non avrebbe mai usato una forma di potere monocratica come quella che abbiamo conosciuto”. Enrico Michetti fa solo questa in incursione, “altrimenti mi attaccano”. Ma alla passione non si comanda. Eccolo, il candidato sindaco a Roma del centrodestra: oggetto misterioso per molti e motivo di cruccio, nelle segrete stanze, anche per chi lo ha candidato. Compare a questo colloquio con il Foglio, anche se da giorni gli altri candidati lo cercano per un confronto pubblico: “Io parlo con i cittadini. Preferisco la periferia agli incontri negli alberghi”, svicola il professore-tribuno. 

La sua agenda è un tabù: segreta per evitare la stampa. Anche la Rai è disperata perché non esistono immagini che lo ritraggono. Impossibile o quasi avere una dichiarazione di Michetti. E quindi quando si presenta per una chiacchierata di un’ora e mezza c’è una certa dose di emozione. Non dà grossi titoli, spesso svicola, a volte è di una sincerità disarmante che lo rende naïf . Proviamo a mettere ordine. La delega al turismo la terrà per sé, dice. E aggiunge che “ha già parlato con il ministro Garavaglia: l’assessorato si troverà dentro il ministero. E per i primi sei mesi sarò anche assessore al Bilancio”.

 

Quando parla di rifiuti tira fuori l’esperienza da avvocato amministrativista: dice per lunghissimi minuti che attuerà il piano della regione Lazio, ma non chiude alla creazione di nuovi impianti. Città pulita nei primi cento giorni? “Dobbiamo essere seri, io adotterò quanto previsto nel piano rifiuti. Altro non lo posso dire”. Non promette, non rilancia. E’ terra terra. Senza voli pindarici. Se gli si chiede di Ama, l’azienda dei rifiuti spiega cos’è, a cosa serve, a quali indirizzi risponde questa società di scopo. “Ama e Atac le lascerò pubbliche”. Ma con quali manager? Su questo punto Michetti  assicura che “negli ultimi trent’anni ho conosciuto dirigenti e amministratori e, a differenza degli altri, so dove mettere le mani”. Prima di decidere, deve perimetrare l’amministrazione, assicura. Per provare un po’ di brio si va a colpo sicuro: come farà da sindaco a convincere il grumo di dipendenti pubblici che non si vuole vaccinare? Risposta testuale: “Ho fatto entrambi i vaccini e ho il green pass. Non ho competenze scientifiche: di quel farmaco non ne so nulla. Un medico mi ha detto che alla mia età i rischi di non fare il vaccino erano superiori a quelli di farlo.  E così mi sono vaccinato. Ma io non faccio i calcoli del cemento e non mi pronuncio per dare consiglio. L’obbligo è un dovere dello stato: se non c’è l’obbligo c’è la libertà. Lo dice la Costituzione. Pensare di comprimere la libertà è un atto dittatoriale. Io sono per la libertà, bisogna coltivare il dubbio: il resto lo fa il generale tempo”.

Parla della metro C, da seguire passo passo, di infrastrutture digitali che sono il futuro. Impossibile o quasi prenderlo. Quando parla della sua Roma (“non posso dire che è meravijosa, altrimenti mi sfottono”) si emoziona. Gli occhi diventano acquosi. Ma Enrico Michetti che è animale è? “Io sono un moderato, credo nella patria. Ho deciso di non essere più colui che sta dietro le quinte, ma voglio realizzare il sogno della mia comunità”. Ricorda le origini umili e anche il primo voto a diciotto anni alla Democrazia cristiana. A proposito di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi dice testuale: “Ci vogliamo bene, siamo una grande famiglia, nel mio comitato c’è allegria. E tutti mi hanno chiesto una cosa sola: garantire la buona amministrazione. Un onore, una festa”.  Inutile stuzzicarlo se il voto disgiunto che potrebbe danneggiarlo: “Non sono uno sprovveduto”. Roberto Gualtieri dice che diventerà sindaco per fermare i sovranisti alle politiche: “Non gli rispondo: ormai mi conoscete”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.