Corrado Formigli, conduttore di "Piazzapulita" su La7 (foto Ansa)

l'intervista

“Anche in pandemia la tv non può censurare i populisti”, dice Formigli

Marianna Rizzini

La Lega bifronte, gli ospiti "mattoidi" e il populismo. Cosa e come raccontare questa fase secondo il conduttore di La7

Il governo Draghi e i talk-show: pareva un altro mondo rispetto alla situazione televisiva ai tempi dei governi gialloverdi e rossogialli (quando era impossibile non avere almeno un “mattoide” in studio – e per mattoide s’intende un esponente di questo o quel partito molto populista e molto propenso a diffondere tesi talvolta bislacche). E però l’estate ha portato di nuovo sugli schermi qualche volto e qualche voce in dissonanza rispetto alla pacatezza della fase Recovery, una su tutte l’eurodeputata no vax della Lega Francesca Donato, quella dei “vaccini sperimentali”, e questo nonostante la Lega, al momento della verità, non abbia preso altre strade rispetto alle decisioni di Draghi sul green pass. Non solo: nelle Regioni da lei guidate procede spedita nella campagna di vaccinazione. E però è proprio la Lega a mandare in video gli esponenti più estremisti, dicono in molte redazioni televisive. Ma è anche vero il contrario, dice Corrado Formigli, reduce dalla riapertura post-estiva di “Piazzapulita”, su La7: “Dovevamo avere in studio Claudio Borghi”, racconta Formigli, “ma all’ultimo momento c’è stato un dietrofront”.

L’impressione del conduttore è che sia arrivato un ordine dai vertici leghisti: basta esponenti no vax nelle trasmissioni. Non pare strana, a Formigli, “la strategia leghista dei due forni” per tenere il più possibile compatto un elettorato che contiene in sé vari mondi: da Luca Zaia ai no-vax, appunto. “Un autore di talk”, dice il conduttore, “invitando Borghi vuole portare alla luce il cortocircuito tra linee diverse nel partito, e vuole rispondere alla domanda: qual è la vera natura della Lega? Dopodiché la Lega è un anche un partito monolitico e verticistico. Se si decide che a un certo punto deve parlare solo Matteo Salvini i leghisti portatori di opinioni di minoranza non tradiscono la disciplina. Non si vedono insomma i ‘cavalli pazzi’ che si vedevano ai tempi ex Pci-Pds-Ds, quando l’esponente in dissonanza continuava a parlare in dissonanza, qualsiasi fosse la linea”. Quale direzione prendere nell’autunno televisivo, al momento di scegliere a chi dare voce? Per Formigli “la direzione è quella di raccontare quello che c’è oltre la cifra della risoluzione-problemi che si attribuisce al governo Draghi: cosa non è stato risolto? Ecco, vorrei che raccontassimo le cose ancora coperte. E non penso il populismo sia il male assoluto. Esiste un trenta per cento del paese che dice ‘no’? Perché lo dice?  Per andare contro lo Stato, perché non si sente ricompensato per quello che ha fatto? Un talk deve far parlare anche quelli che hanno fatto lo sciopero fiscale, per esempio, e i no vax deve raccontarli, contestualizzarli, non certo censurarli. Certo, tutto sta nel ‘come’ racconti. E’ una questione di misura e di contesto”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.