No Green Pass in corteo a Torino contro l’obbligo (LaPresse) 

Confalonieri: “I No vax servono nei talk-show, ma nessuno li prende sul serio”

Salvatore Merlo

"Non possiamo fare i talebani delle tv: dobbiamo far parlare tutti. Anche gli sfessati". E poi ci sono esigenze di sceneggiatura. "Ma gli spettatori sanno distinguere, e alla fine il vaccino ha già vinto: ottanta (per cento) a zero". La versione del presidente di Mediaset

L’inflessione è ironico-brianzola, e la avvolge una pragmatica saggezza. Questa: “Il talk-show deve fare casino, sennò chi lo guarda? La politica ormai è quella roba lì”. Cazzotti di scena si chiamano. “Draghi spazza tutto via. Mentre lui lavora, gli altri chiacchierano. Non fanno un cavolo. Né nel bene né nel male”. E a questo punto Fedele Confalonieri torna ironico di fronte al giornalista che gli ha chiesto perché su Rete 4 (ma non solo) i No vax esprimono le loro tesi bislacche come fossero alla pari con quelle degli scienziati. “Vorrei vedere lei a condurre un talk-show per tre ore...”.

 

Poi il presidente di Mediaset torna serio: “Ma le posizioni non sono trattate alla pari, è evidente. E i nostri conduttori, che sono in gamba, lo sanno benissimo. Come lo sa la gente che guarda la televisione. Gli spettatori sanno distinguere. Gli italiani si sono vaccinati, ho letto che entro la fine di settembre saranno l’ottanta per cento della popolazione. Il vaccino ha vinto: ottanta a zero. I No vax sono quattro gatti messi male insieme che non riescono nemmeno a riunirsi alla stazione di Milano”.

 

  

E allora perché farli parlare ogni sera, a tu per tu con chi sostiene il vaccino, come se ci fossero dubbi? “Ma noi non possiamo mica fare come i talebani, noi dobbiamo far parlare tutti. Anche gli sfessati. Uno spettatore sa cos’è giusto e cos’è sbagliato. Un anno fa il vaccino era un interrogativo, era nuovo e non sapevi come fare. Ora non è più così. Abbiamo ripreso a lavorare grazie al vaccino. Oggi sono andato al ristorante con il green pass, sennò non mi davano da mangiare”.   

   
Insomma in televisione anche i no vax servono, e un po’ ci sono delle esigenze di sceneggiatura. Informazione e intrattenimento talvolta danzano avvinghiati: quattro stecchi, una trombetta e un No vax. “Ma nessuno li prende sul serio”, ripete Confalonieri. Chissà. La settimana prossima ricomincia la trasmissione di Mario Giordano. Manca poco. E un po’ ci si chiede se per essere fuori dal coro bisogna davvero urlare come degli invasati contro la dittatura sanitaria. “Giordano ogni tanto deve giocare a fare il cazzone, ma è bravissimo. Per fare audience un conduttore di talk deve tirare lungo. Mica facile. Voi della carta questo non lo capite, voi fate il contrario: dovete concentrare. E poi avete un pregiudizio sui giornalisti televisivi. Detto questo, quando io ero bambino in ogni classe c’era un poliomielitico. Poi arrivò il vaccino, e non ce n’erano più. Esisteva anche la difterite, e qualcuno moriva. C’era pure la tisi... Bisogna vaccinarsi. Punto. La ragionevolezza vince. Il resto sono chiacchiere ed effetto di scena”. In pratica un talk-show.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.