Stefano Bonaccini, presidente Emilia Romagna, e Peppe Provenzano, ex ministro del Mezzogiorno (Foto Ansa/Lapresse)

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Provenzano vs Bonaccini. Perché il Pd studia la sfida del futuro

Letta ha ancora un tratto di strada davanti a sé, tra suppletive, amministrative e Quirinale. Poi potrebbe toccargli il trattamento riservato a tutti i segretari dem, visto che l'ex ministro del Mezzogiorno e il presidente dell'Emilia Romagna preparano già il terreno per il dopo

Ha destato molte perplessità anche nel Partito democratico la scelta di Enrico Letta di candidarsi senza simbolo. Il segretario dem ovviamente non intende cancellare quel logo o farne a meno in futuro, ma in effetti c’è un problema sul quale i sondaggisti “ingaggiati” dal Nazareno stanno lavorando. Il Pd, in qualsiasi salsa, sia quella di Matteo Renzi o di Nicola Zingaretti oppure di Enrico Letta, ormai oscilla costantemente intorno al 18-20 per cento. Oltre non ce la fa proprio ad andare. Hai voglia a dire che il risultato del 2018 fu il peggiore della storia del Partito democratico, la verità è che ormai i dem restano inchiodati a una percentuale assai lontana da quella di dieci anni fa. E non c’è segretario che riesca a invertire la tendenza.

 

Il che non vuol dire che Enrico Letta sia destinato a togliere il disturbo presto. Tutti nel Partito democratico sanno che le amministrative di ottobre non saranno un problema. A Milano, dove il candidato del centrosinistra è l’attuale sindaco Beppe Sala, la vittoria è data per certa. Lo stesso dicasi per Bologna e Napoli, dove i candidati sono rispettivamente Matteo Lepore (supportato anche dal M5s) e Gaetano Manfredi, ex ministro dell’Istruzione, civico, supportato anche dal M5s. Più incerta invece la situazione a Torino, dove il candidato è Stefano Lo Russo, capogruppo del Pd in Consiglio comunale. Gli ultimi sondaggi poi danno dei buoni risultati a Roma: secondo gli istituti di rilevazione compulsati finora dai dem il successo di Roberto Gualtieri è dato per scontato (lo scarto, secondo i sondaggi del Nazareno, va da un minimo di quattro a un massimo di sei punti di vantaggio). Letta perciò non corre nessun rischio, tanto più che la sua vittoria nel collegio di Siena sembra essere cosa fatta. In ogni elezione suppletiva la percentuale dei votanti è bassissima. È difficile che superi il 35 per cento: si recano alle urne solo gli elettori molto motivati, e il Pd, per quanto in quella città abbia perso consensi, è pur sempre un partito in grado di mobilitare i cittadini in vista del voto.

 

Dunque, Letta ha ancora un tratto di strada davanti a sé prima di subire il trattamento riservato a tutti i segretari del Partito democratico. Si giocherà la partita del Quirinale, questo è ovvio, anche se l’esito di quella partita non è affatto scontato. E a rigor di logica dovrebbe arrivare in sella fino alle elezioni del 2023.

A rigor di logica, quindi. Ma la logica non sempre è di casa nel Pd. Lo dimostra il fatto che stiano scaldando i motori già due aspiranti alla segreteria dem. Il primo ci aveva già provato ai tempi di Nicola Zingaretti. Si sta parlando del presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Il secondo ci prova adesso, con l’aiuto dell’ala sinistra del Partito democratico (leggasi il ministro del Lavoro Andrea Orlando e l’eminenza grigia di Zingaretti Goffredo Bettini). È Peppe Provenzano, ex ministro del Mezzogiorno, attuale vice di Enrico Letta che nel partito tende a rappresentare l’anima più a sinistra del Pd e che un giorno non lontano potrebbe legittimamente provare la scalata alla segreteria del suo partito.

Gli ex margheritini, che mal sopportavano l’ex segretario Nicola Zingaretti e che si sono ora acconciati senza troppo entusiasmo alla segretaria Letta temono la sfida del futuro tra Stefano Bonaccini e Giuseppe Provenzano. Ma tra i due non hanno dubbi: molto meglio il presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna.

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