Carlo Calenda e Roberto Gualtieri (foto Ansa)

Gualtieri o Calenda? Un cacadubbi, io, per le elezioni romane

Giuliano Ferrara

Il punto debole della scelta senza utilità è che potrebbe mettere capo a una situazione da incubo. Dunque, voto libero dal criterio dell’utile? Pensarci. Intanto, dateve da fa’

La faccenda del voto utile è più complicata di quanto si potrebbe pensare. Anche nelle imminenti elezioni del sindaco di Roma. A prima vista, sembra semplice. Devi votare utilmente, cioè non necessariamente per il candidato che realizza in pieno o con buona approssimazione il tuo modello di amministratore, per chi abbia inscenato la migliore campagna elettorale, per chi dispone di idee programmatiche più solide e rintracciabili. No. Devi invece votare per chi disponga della più solida base elettorale e politica, posizione di forza oggettiva e sondaggi d’opinione aiutando nel giudizio, allo scopo di impedire che un cattivo amministratore o una macchietta risultino poi eletti a scorno delle tue idee, del tuo interesse a una città decente e della tua valutazione. Insomma, per eventualmente sconfiggere la Raggi o il Michetti bisogna che al ballottaggio arrivi con certezza un candidato alternativo alla sindaca grillina o all’erede dell’Imperatore Ottaviano Augusto (troppa grazia).  

 

Nel caso romano, se voti per Gualtieri, la cui base di partenza è più solida di quella di Calenda, hai qualche probabilità in più di avere un candidato al ballottaggio, con l’utile annesso di poter forse mandare a casa ignavi e caratteristi in lizza. Se voti per Calenda, perché la sua candidatura è nata in modo politicamente e programmaticamente più limpido, esprime una campagna partita prima e con mezzi e idee e metodi e caratura personale che ti sembrano più idonei di quelli del candidato infine scelto dal Pd, la stessa organizzazione politica che aprì la strada alle demenzialità di Mafia Capitale, alla popolare fregnaccia dell’onestà-tà-tà, proverai la soddisfazione, pur con tutte le riserve sul carattere divisivo di Calenda e sulla sua pretesa di chiedere il voto a quelli che ha sputtanato fino a ieri, di promuovere nella gara quello che ti sembra migliore. 

Il punto debole della scelta libera dal criterio dell’utilità, carico di un mediocre spirito rinunciatario, è che potrebbe mettere capo, per quanto brillante sia la performance del candidato scelto e dell’elettore che opta fiducioso per lui, a una situazione da incubo: i due di centro sinistra si eliminano dal ballottaggio, e alla fine devi scegliere l’impossibile, una competizione tra la Reginetta del nulla girillozzo e l’ottavo Re de Roma. Il punto forte del voto libero dal criterio dell’utile, del voto di puro giudizio sulla proposta del candidato, è che fai ciò che ti sembra meglio, e te ne fotti di eventuali conseguenze spiacevoli cercando di trasformare un incidente probabile, storia triste, in una bella storia di apertura mentale, sperimentale, e in un premio al volontarismo dell’outsider, che è sempre una buona cosa. 

Il dubbio lacerante non è in genere il mio atteggiamento preferito. Decidere senza troppe riserve, e osare in un senso o nell’altro, cinica utilità o rischiosa ma appagante libertà, è nelle mie corde. Di volta in volta, da cittadino esemplare per la sua scarsa rispettabilità, ho agito in un senso o nell’altro, facendo cose buone e una quantità di scemenze. A questo giro sono un cacadubbi. Aspetto dai prossimi trenta giorni di campagna elettorale un segnale che mi consenta di scegliere tra la maggiore probabilità di evitare altri quattro anni di vaudeville macchiettistico e il piccolo premio nell’urna a un italiano che sa trasformare i suoi difetti politici, e una certa vanità, in uno spirito d’avventura che mi è congeniale. Come diceva un santo romano d’adozione: dateve da fa’.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.