Cospirazione Durigon

Gli amici di Salvini sospettano di Giorgetti e Zaia

Salvatore Merlo

Tra incubi e paranoie si fa spazio l'idea che ci sia un complotto per fare fuori il leader del Carroccio. E intanto cresce la divaricazione sin troppo avvertibile tra la Lega di governo e quella rimasta fuori

L’inesausto venditore non trova più niente di buono da spacciare sul mercato elettorale perché la delegazione leghista al governo non lo aiuta. E infatti Matteo Salvini sempre più spesso si lamenta con i suoi amici e collaboratori di dover raccogliere gli avanzi, la merce più scadente. Come la minaccia di un’interrogazione parlamentare, annunciata il 18 agosto, contro il ministro Lamorgese dopo il rave party di Viterbo. Interrogazione di cui ancora non c’è traccia, malgrado gli annunci, forse perché sarebbe imbarazzante rivolgere al governo delle domande sulla gestione dell’ordine pubblico quando si ha un sottosegretario leghista, Nicola Molteni, che al Viminale ha proprio la delega all’ordine pubblico. E allora soffre, Salvini. E si lamenta di questa vita d’espedienti propagandistici cui è costretto.

 

Deve inventarsi ogni giorno il pezzetto di terra su cui stare in piedi perché Giancarlo Giorgetti il suo numero due nel partito “è in sciopero”. Braccia conserte, ecco l’immagine. Non c’è niente nell’attività di governo che il capo della Lega riesca a far brillare come vorrebbe o come ritiene di essere capace di poter fare. E questo perché Giorgetti – pensa Salvini – non gliene dà l’opportunità. Non fa il lavoro che ha sempre fatto. E che sa fare benissimo. Si tratta certo ancora di piccoli sfoghi, minuzzoli di parole che il segretario della Lega consegna qui e là, ma che pure descrivono un clima in cui verità, verosimiglianza e paranoia danzano intrecciate. Indistinguibili. “Cosa ci vuole ad accordarsi con Draghi per ottenere qualche provvedimento utile alla Lega, qualcosa da finanziare magari con i soldi recuperati dalla cancellazione dei provvedimenti inutili di Conte, tipo il cashback? Perché Giorgetti non lo fa?”, si chiede un leghista, ovviamente ultra salviniano.

 

Ed emergono così i timori per quella che a tanti appare come una divaricazione sin troppo avvertibile tra la Lega di governo e quella rimasta fuori. Tra la vecchia Lega e il “club Salvini”. Giorgetti era il portavoce della Lega al governo, spiegano. Ed è ormai diventato il portavoce del governo nella Lega, aggiungono. Chissà. Dubbi che costeggiano la paranoia, si diceva. Perché si ramificano in una serie di contorti retropensieri che alla fine spingono alcuni uomini, attorno al segretario, a porsi domande di questo tenore: ma non è che Giorgetti ha un piano per scalzare Salvini? E non è che forse lo condivide con Luca Zaia, che governa quel Veneto in cui sindaci e amministratori leghisti sempre più spesso fanno il controcanto a Salvini? Giorgetti e i veneti hanno scaricato Claudio Durigon, ne hanno favorito l’espulsione dal governo. E Durigon, che si è dimesso ieri, è il Leporello laziale di Salvini. Il più fidato. E allora dicono questo gli amici di Salvini: “Stanno cucinando Matteo”. Poco alla volta. Pezzo per pezzo. Cominciando dal sottrargli ciò che lo rende forte, la merce da vendere sul mercato elettorale. E poi colpendo, quando si può, tutt’intorno. Un complotto, addirittura.

 

Cosa accadrà quando Giorgia Meloni sorpasserà la Lega nei consensi? Il golpe. Si costeggia la psicosi, ovviamente. Eppure sono domande che circolano. Carsiche. Anche il progetto della federazione, del partito unico con Forza Italia, viene osservato con diffidenza. C’è spazio per uno come Salvini in un grande partito che entra nel Ppe come vorrebbero Silvio Berlusconi e Giorgetti? Sarebbe riadattabile in questo contesto il leader scamiciato che trova la sua forza nell’iperbole e nella sparata? Forse no. E a chi toccherebbe allora? A Zaia? E chi lo sa. Un piano troppo perfetto per essere vero. Forse.

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.