Il presidente dell'Anac, Francesco Merloni (foto LaPresse)

Secondo l'Anac l'Italia non ha un problema di burocrazia

Ermes Antonucci

Il presidente dell'Autorità, Francesco Merloni, dice “no” al decreto Semplificazioni: “Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio. Le deroghe indiscriminate creano confusione”

L’Autorità nazionale anticorruzione dice “no” al decreto Semplificazioni per il settore degli appalti pubblici che il governo si appresta a varare nelle prossime ore. “Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio”, ha affermato il presidente dell’Anac Francesco Merloni durante la presentazione della relazione annuale dell’Autorità alla Camera, scagliandosi esplicitamente contro le “ipotesi rischiose” affacciatesi in questi giorni circa “un largo utilizzo dei ‘super-commissari’, del ‘modello Genova’ per alcuni appalti sopra soglia, con amplissime deroghe (ad accezione delle norme penali e di quelle antimafia), e l’affidamento diretto fino a 150.000 euro senza alcuna consultazione degli operatori economici”.

 

Al contrario, ha spiegato il vertice dell’Anac, “le deroghe indiscriminate creano confusione, i rup (i responsabili unici dei procedimenti, ndr) e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa”. 

Insomma, in virtù di una curiosa concezione del funzionamento dell’economia e della pubblica amministrazione, per il presidente dell’Anac non è l’eccesso di norme a causare la paralisi amministrativa e a favorire la corruzione (spingendo in alcuni casi gli operatori economici a pagare tangenti per bypassare le lungaggini della macchina burocratica), come peraltro denunciato da tempo da numerosi esperti in materia, quanto piuttosto proprio il tentativo di semplificare l’elefantiaco e perverso sistema normativo esistente in Italia.

 

Per sostenere questa tesi, almeno sul piano della (presunta) scarsa efficacia della semplificazione, Merloni ha fatto riferimento agli scarsi risultati ottenuti con lo “Sblocca cantieri” dello scorso anno: “A fronte di una crescita del mercato del 23%, quella degli appalti sotto soglia, oggetto delle semplificazioni normative, è stata di poco oltre il 10%. Dunque, non si è avuto nessun beneficio concreto, e il dato non deve stupire più di tanto: i cantieri più piccoli non avevano alcuna necessità di sblocco, perché già ci sono gli strumenti per avviare e chiudere velocemente le gare”. Un riferimento, quello del presidente dell’Anac, poco convincente, se si considera che l’ultima bozza del decreto Semplificazioni su cui sta lavorando il governo prevede modifiche ben più radicali (certo, ancora da confermare) dell’ultimo “Sblocca cantieri”.

 

Il governo, infatti, propone che, fino al 31 dicembre 2021, sui contratti pubblici si proceda con affidamento diretto per le commesse fino a 150 mila euro, con procedure negoziate e consultazione di cinque operatori fino alla soglia comunitaria (5 milioni), e con procedure accelerate per le opere di rilevanza nazionale individuate dalla presidenza del Consiglio. In più, sopra la soglia comunitaria ci sarebbe anche una deroga a tutte le norme salvo quelle penali e antimafia.

 

A rendere ancor più paradossale la presa di posizione dell’Anac, sono i dati relativi all’andamento degli appalti forniti dalla stessa Autorità. Se nel 2019 il valore degli appalti ha sfiorato la cifra record di 170 miliardi di euro, in aumento del 23% rispetto all’anno precedente, l’emergenza Covid “ha cambiato completamente lo scenario”: nel primo quadrimestre 2020 gli appalti sono scesi del 24% per numero e del 33% in valore, pari a 18,6 miliardi di euro in meno. La regione più colpita è la Lombardia con -63%, pari a una flessione di circa 10 miliardi. In altre parole, occorre rilanciare il settore degli appalti, e come se non attraverso la semplificazione?

Di più su questi argomenti: