foto LaPresse

Si fa presto a dire Genova

Pier Carlo Padoan

Superare subito il codice appalti e costruire la riforma per le riforme. L’Europa non basta: ora tocca a noi

Di questi tempi la risposta alla domanda: “Cosa bisogna fare per far riprendere l’economia italiana” è sempre la stessa: “Eliminare la burocrazia”. Non c’è dubbio che gli eccessi della burocrazia siano una causa dei tempi troppo lunghi dell’azione della politica economica. E’ meno chiaro cosa sia più utile fare per ridurre, drasticamente, questi tempi. Sono almeno tre le cause di fondo dei tempi insopportabili della burocrazia: l’eccesso di norme, un apparato burocratico inefficiente, i disincentivi per il personale della Pa (e delle banche). Per avere una burocrazia efficiente, e quindi ridurre i tempi della politica economica, bisogna agire su tutti i fattori di fondo. Ma i tempi per eliminare gli ostacoli sono differenti nei diversi casi. Il processo è inevitabilmente, esso stesso, non breve. Per cui bisogna operare con una scala di priorità. Consideriamo i tre fattori separatamente.

 

Primo elemento. La riduzione della numerosità delle norme non si ottiene necessariamente tagliandone alcune ma semplificandone l’impatto, cioè tenendo conto dei legami, rimandi e intrecci tra leggi e provvedimenti. Questo richiede adottare un approccio sistemico e, in tale contesto, valutare con cura le conseguenze dei meccanismi che le norme attivano. Per esempio, è stato sostenuto che la ricerca di più concorrenza negli appalti ha prodotto la crescita delle gare (secondo una relazione per cui “più concorrenza uguale più gare”) e quindi alimentato il contenzioso. Una volta chiarito che la concorrenza si promuove anche per altre vie, ridurre il ricorso alle gare può essere utile per rendere gli appalti più fluidi. Questo potrebbe richiedere tempi contenuti.

 

Secondo elemento, aumentare l’efficienza della Pubblica amministrazione. E’ un obiettivo strategico, che richiede investimenti in capitale umano, tecnologico, tangibile e intangibile, ma anche una visione innovativa nel modo in cui organizzare il processo produttivo delle norme. Chi dice che di burocrazia ce n’è “troppo poca” immagino abbia in mente questo. Alla Pa servono più computer e reti informatiche, ma soprattutto competenze all’altezza e una visione su come impiegarle. Questo richiede tempo e anche risorse da investire. Quello che non serve, salvo rari casi, è la moltiplicazione dei soggetti, comitati, unità di coordinamento ecc. che, magari da diversi punti di vista, si occupano dello stesso tema (tipico esempio gli investimenti pubblici).

 

Terzo elemento, la questione, ben nota, dei disincentivi che i funzionari e i dirigenti della Pa fronteggiano, in termini di responsabilità erariale e di abuso d’ufficio, a completare le procedure necessarie per avviare la spesa e le opere pubbliche. Risolvere questo aspetto richiede tempi contenuti e può produrre una efficacia significativa a breve termine, vista la montagna di “pratiche di spesa” inevasa.

 

Che fare dunque? Di fronte alla apparente immobilità delle procedure va molto di moda invocare il “modello Genova” per la ricostruzione del ponte Morandi, che è avvenuta in tempi effettivamente assai ridotti grazie anche alla gestione commissariale. Il modello Genova e altamente efficiente, ma quanto è replicabile? Sono relativamente pochi i casi di grandi progetti infrastrutturali che potrebbero essere gestiti con la stessa tempistica. Avendo a disposizione un progetto “chiavi in mano”. 

 

Ma là dove è possibile ben venga il “modello Genova”, magari con varianti. Accanto ai grandi progetti però vi è un numero assai elevato di progetti minori, che interessano comuni o gruppi di comuni, che potrebbero adottare procedure semplificate (anche in deroga al Codice degli appalti). Suggerimenti su questi e altri aspetti, per esempio in termini di controlli ex post o di semplificazione delle procedure per i subappalti e per una accelerazione del funzionamento della Pa, sono contenuti in un recente rapporto dell’Assonime, coordinato da Franco Bassanini.

 

Una Pa efficiente è necessaria per accelerare le riforme. E’ la “riforma per fare le riforme”. Lo è ancor più in situazioni di crisi come quella che stiamo vivendo e in cui è necessario attivare tutti gli strumenti disponibili per far ripartire la crescita e per far arrivare risorse a famiglie e imprese. Come in tutti i casi di processi di riforma i tempi di applicazione sono di cruciale importanza nel determinare l’impatto delle riforme medesime. La lentezza della Pa era uno degli ostacoli strutturali alla crescita e all’investimento, pubblico e privato, ben prima dello scoppio della crisi Covid-19. Proprio la gravità della situazione accresce l’urgenza della domanda sul che fare. Ma non si tratta di decidere solo cosa si deve fare ma valutare anche cosa si può fare rapidamente… e farlo. Allo stesso tempo bisogna lavorare per “poter fare” di più. Bisogna quindi definire una scala di priorità, anche in base ai tempi di attuazione. E lo stimolo non dovrebbe mancare. Non dimentichiamo che il Recovery fund permetterà l’accesso alle risorse europee a fronte di credibili piani di riforma e sarà il banco di prova delle capacità dell’Italia anche da questo punto di vista.

Di più su questi argomenti: