“Patto con l'opposizione per un'Italia veloce”
“Il piano sulle infrastrutture è il terreno per un’ampia intesa. Alitalia? Non ci sarà Fs. Il modello Genova? Non è replicabile. Aspi? La revoca è ancora sul tavolo”. Intervista al ministro De Micheli, con anticipazioni sul decreto semplificazione
Se dici “semplificazioni” pensi alle “infrastrutture”. Se dici “infrastrutture” pensi alla “burocrazia”. Se dici “burocrazia” pensi al “modello Genova”. Se dici “modello Genova” pensi a tutto quello di cui forse avrebbe bisogno l’Italia per accelerare il futuro, per far girare l’economia, per investire sulla crescita, per sciogliere i nodi che tengono in ostaggio il paese e per evitare che l’Italia possa restare ancora a lungo ostaggio di un’idea pericolosa: trasformare l’immobilismo nell’unica forma di legalità consentita. Già, ma come si fa? E soprattutto, è davvero così?
Paola De Micheli è da poco meno di un anno il ministro delle Infrastrutture e occupa anche dal punto di vista simbolico una posizione chiave all’interno del governo. Nell’agosto dello scorso anno, l’esecutivo gialloverde cadde sul tema dell’alta velocità e cadde nel momento in cui la Lega, allora alleata del Movimento 5 stelle, decise di bocciare una mozione no Tav portata avanti dai suoi compari di governo. Salvini decise di rimettere in discussione la maggioranza, la maggioranza si mise in discussione e nel rimescolamento delle carte alla fine, oplà, andò come sappiamo: Pd e M5s scelsero di allearsi contro la Lega e il M5s pur di far nascere il governo decise di affidare il dossier dell’alta velocità a un ministro che sulle posizioni dell’alta velocità si trovava, all’epoca, più vicino alle posizioni della Lega che alle posizioni del M5s. Un anno dopo, la necessità di avere un’Italia ad alta velocità, partendo proprio dal tema delle grandi opere, è diventata una necessità assoluta e il ministro che ha preso il posto di Danilo Toninelli, Paola De Micheli, già vicesegretario del Pd, in questa conversazione con il Foglio spiega in che senso il tema delle infrastrutture dopo essere stato un anno fa un tema divisivo potrebbe diventare “un tema intorno al quale costruire un terreno di unità istituzionale”. Paola De Micheli lo dice al termine di un lungo e interessante ragionamento al quale il ministro arriva partendo dalla situazione attuale e dai numeri dell’Italia.
Domanda: ma dopo il lockdown, l’Italia che cerca di darsi una mossa quanto è ritornata a muoversi davvero? “I dati che abbiamo dicono che sul traffico dei passeggeri e delle merci vi sono numeri incoraggianti che riguardano più il traffico veicolare e ferroviario che quello aereo, dove il trend è ancora negativo. Sui treni a lunga percorrenza, invece, nel mese di giugno hanno viaggiato oltre 700 mila persone, mentre sui regionali abbiamo avuto più di 14 milioni di viaggiatori. Ci sono intere filiere che come sappiamo hanno continuato a viaggiare anche nei mesi di lockdown. Ma quello che registriamo in questi giorni è un tentativo di ritorno a una vita semi normale più veloce del previsto. Incrociamo le dita”. Gli italiani stanno provando a far viaggiare nuovamente l’Italia, il governo quando si occuperà di inserire una marcia migliore per ridare velocità al paese? “Lo stiamo già facendo. Il prossimo decreto semplificazioni contribuirà a rendere più veloci molti processi decisionali. E tutto questo avverrà anche facendo tesoro delle proposte di maggioranza, come anche di alcuni spunti utili contenuti nel piano Colao sulle questioni legate alle infrastrutture. Sul codice degli appalti non sono ideologica, e penso vi sia qualcosa da migliorare, ma ciò che bisogna affinare è un’intera catena di processi”. Per essere concreti? “Per essere concreti, penso che accelerare il passo oggi significhi agire su quattro fronti: progettazione delle opere, autorizzazione delle opere, gestione dei fallimenti in cantiere, sciopero della firma. Sui primi due temi occorre snellire in modo massiccio le procedure. Sul terzo punto, è necessario trovare una via rapida per evitare, come spesso succede in Italia, che vi siano cantieri bloccati a causa di contenziosi aperti e fallimenti delle aziende che si sono prese in carico i lavori: penso per esempio al Terzo Valico nodo di Genova in Liguria, opera ferma da tempo a causa del concordato di Astaldi che abbiamo sbloccata dieci giorni fa. Sul quarto fronte, per evitare che la Pubblica amministrazione possa essere incentivata a considerare la non firma come l’unica forma di tutela per il proprio lavoro, è necessario modificare le norme relative all’abuso d’ufficio e riformare anche le norme relative alla responsabilità per danno erariale. E infine, accoglieremo l’idea di chi ci ha proposto di avere un monitoraggio delle opere non sparpagliato ma concentrato in un’unica struttura integrata. Sulla base dell’esperienza di questi mesi posso dire però che la lentezza delle opere è relativa principalmente non a una burocrazia che non funziona ma a una ridotta capacità di progettazione di molte stazioni appaltanti”.
Ci sono opere che certamente sono ferme a causa di problemi esogeni, per così dire. Ma ci sono invece altre opere che sono ferme a causa di problemi politici. Pensiamo alla Gronda, opera da 4,3 miliardi a carico dei privati da più di un anno sul tavolo del ministro delle infrastrutture. Pensiamo al passante di Bologna, opera da 700 milioni di euro, già pronta, sempre a carico dei privati. Pensiamo alla terza corsia della Bologna-Ravenna, della Firenze-Pistoia. Tutto fermo e non a caso. Dato che i privati in questione sono gli stessi con cui sta battagliando da un anno il governo: Aspi. “Mi sembra una visione parziale. E’ ovvio che se c’è un contenzioso con quell’azienda non si può far finta di nulla e non si può con una mano far partire alcuni progetti e con l’altra invece discutere se sia necessario o no procedere alla revoca della concessione con quell’azienda”. La revoca è ancora un tema in ballo? “Non essendoci ancora una soluzione definitiva è tutto ancora in ballo. E non lo è per quella che qualcuno potrebbe considerare una forma di ripicca politica. Lo è perché chi ha in concessione un bene cruciale come quello delle autostrade deve dimostrare di avere cura di quel bene come se fosse un buon padre di famiglia”.
“E da questo punto di vista c’è ancora del lavoro da fare con Aspi: il governo non può far finta che in questa storia per il concessionario non ci sia un problema di opportunità. Far finta che nulla sia successo, onestamente, non si può”. Le opere di Aspi sono bloccate per questioni politiche. E le altre? “Quali sono le altre?”. Il nodo di Genova, per esempio, ovvero la tratta di alta velocità che collega Genova col Terzo Valico di Milano? “Il famoso nodo di Genova, fermo per le ragioni che ci dicevamo, ma le posso anticipare che a luglio andrò a riaprire il cantiere”. La tratta alta velocità Brescia-Verona, valore 2,1 miliardi, e quella Verona Vicenza, valore 2,7 miliardi? “Sono opere per le quali abbiamo cantieri aperti oppure ne stiamo aprendo, e si va avanti”. E il nodo ferroviario di Firenze, valore dell’opera 1,6 miliardi? “Anche qui c’è un’azienda fallita, ma in autunno si ripartirà perché Rete ferroviaria italiana è da poco subentrata a Nodavia nelle attività per la realizzazione del passante ferroviario alta velocità e della nuova stazione AV del nodo di Firenze”. E la linea C della Metropolitana di Roma, valore 2,6 miliardi di euro? “Ho sbloccato la procedura e sono disponibili le risorse per l’arrivo delle gallerie a piazza Venezia. C’è la volontà politica di proseguire velocemente, assicurando le risorse per la tempestiva realizzazione della stazione di piazza Venezia per circa mezzo miliardo di euro nell’ambito del bando per il finanziamento del trasporto rapido di massa che scade a ottobre, nonché per la prosecuzione della linea sulla base del progetto che attendiamo dal comune di Roma con modalità realizzative, con tempi e con costi. Inoltre, per la gestione, se il comune vorrà si potrà tornare anche a riaprire dossier di collaborazione con le Ferrovie dello stato”. E i due lotti mancanti della tratta ad alta velocità tra Napoli e Bari? “Ci siamo. A fine luglio vi sarà una nuova gara da 1,6 miliardi. E a questo aggiungiamo anche un’altra gara importante: quella per assegnare il primo lotto della Messina-Palermo-Catania”. E il valico del Brennero? “Siamo un anno e mezzo avanti rispetto al lavoro degli austriaci…”. E il nodo ferroviario della Vicenza-Padova? “Le prime due tratte sono a posto e assegnate, andremo a breve al Cipe per completare il processo”.
La carrellata non può però prescindere da una domanda maliziosa che riguarda il grande tema della discontinuità che il Pd un anno fa ha promesso di portare all’interno dei processi di governo: la Torino-Lione. “Siamo in linea con i tempi, a parte qualche ritardo dovuto al lockdown. Anche su questo tema non si può dire che non vi sia discontinuità con il passato”. C’è discontinuità anche sul fronte Alitalia? Il governo gialloverde la voleva nazionalizzare, il governo giallorosso la sta nazionalizzando. “Sono fasi storiche diverse e credo che oggi sia chiaro a tutti che avere una compagnia di bandiera, per un paese del G7, sia importante non solo dal punto di vista economico, ma anche geopolitico. E per quel che mi riguarda e ci riguarda sono convinta che Alitalia diventerà efficiente come non lo è mai stata”. Ci sarà posto, chiediamo al ministro, per recuperare il progetto del governo gialloverde, che prevedeva un ingresso nell’azionariato della compagnia di bandiera anche delle Ferrovie dello stato? Il ministro non ha dubbi: “No, non ci sarà alcuna partecipazione delle Ferrovie dello stato”. E ci sarà invece un modello Genova che verrà esportato a livello nazionale? “Quanto a Genova, e quanto al famoso modello del ponte Morandi, vorrei dire di andarci cauti”. In che senso? “Nel senso che mi sembra un po’ semplicistico dire che si possa applicare in tutt’Italia il modello sperimentato per il ponte Morandi. Tutti, ovviamente, vorremmo che le opere venissero costruite alla stessa velocità. Ma quella era un’opera che esisteva già, che non aveva bisogno di particolari autorizzazioni, che aveva una forma di finanziamento non replicabile in altri contesti. Inoltre, cosa non del tutto secondaria, il progetto è stato donato da Renzo Piano. E soprattutto sono convinta che il modello del commissariamento non sia necessario sempre nel resto d’Italia, dal momento che a rallentare le opere sono i motivi di cui parlavo prima, all’inizio di questa conversazione, per i quali un commissario non avrebbe poteri. E su questo punto mi trovo per esempio d’accordo con l’Ance: nella costruzione delle grandi opere le gare sono importanti, perché più c’è competizione, più ci potrà essere possibilità di avere maggiore efficienza”.
Lo scorso anno le infrastrutture sono state il terreno di uno scontro politico piuttosto vivace, che ha portato alla fine del primo governo Conte, e se divenissero oggi l’occasione per mettere in mostra la capacità di governo e opposizione di collaborare insieme, per rendere l’Italia un paese più forte e a più alta velocità? De Micheli non si nasconde – così come non si nasconde quando le chiediamo se sarebbe felice se il governo attivasse il Mes per le spese sanitarie: “Sì, lo vorrei” – e dice che “sarebbe pronta a trovare terreni di collaborazione”. E aggiunge: “Io penso che il piano di rilancio delle opere italiane, a prescindere da quello che sarà il destino del decreto semplificazioni, possa essere un piano su cui sia possibile e auspicabile trovare delle intese anche con le opposizioni. Io sono a disposizione anche perché credo che mai come in questa fase rendere l’Italia un posto più efficiente, più veloce e più forte sia un tema che può mettere insieme anche forze politiche distanti l’una dall’altra. La nostra disponibilità c’è. Spero ci sia anche quella dell’opposizione. Noi siamo pronti”.
L'editoriale del direttore