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Così la burocrazia danneggia il porto di Trieste

Ermes Antonucci

Il presidente dell’autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D'Agostino, è stato sollevato dall'incarico dall'Anac per un cavillo nonostante i buoni risultati ottenuti

Nonostante il coro di buoni propositi delle ultime settimane, la burocrazia torna a colpire. Stavolta a pagare è il porto di Trieste, una delle infrastrutture strategiche del Paese: primo porto in Italia per tonnellaggio totale movimentato, primo porto italiano per traffico ferroviario e primo porto petrolifero nel Mediterraneo.

 

Giovedì scorso l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha dichiarato decaduto Zeno D'Agostino dalla carica di presidente dell’autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale, che gestisce i porti di Trieste e Monfalcone, a causa di cavillo normativo. L’incarico è stato revocato perché al momento della nomina, avvenuta nel novembre 2016, D’Agostino rivestiva la carica di presidente di Trieste Terminal Passeggeri (Ttp), società di cui il porto di Trieste detiene il 40 per cento. In realtà, il ruolo di presidente di Ttp era puramente formale e non comportava alcuna delega esecutiva, tant’è non era previsto neanche un compenso. Né, dall’altra parte, sono state riscontrate condotte illecite o ambigue da parte di D’Agostino alla guida dell’autorità di sistema portuale. Tanto è bastato, però, per spingere l’Anac ad applicare le norme in vigore e a destituire D’Agostino (che ora ha annunciato un ricorso al Tar).

 

La notizia ha scatenato le proteste dei lavoratori portuali, preoccupati dall’ipotesi che la destituzione potesse rendere nulli tutti gli atti siglati dal presidente, incluse le centinaia di assunzioni compiute dal novembre 2016. Per tre giorni i lavoratori hanno manifestato occupando i moli del porto di Trieste e impedendo ai tir di entrare e uscire dallo scalo. Il presidio si è sciolto solo sabato, dopo l’arrivo di D’Agostino, che con commozione ha invitato i portuali a riprendere il lavoro. L’Anac, da parte sua, ha respinto l’accusa lanciata dai sindacati di aver adottato una “sentenza politica”, precisando di aver soltanto applicato le norme, e ha inoltre garantito la validità degli atti deliberati da D’Agostino durante la sua presidenza.

 

La ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli ha nominato l’attuale segretario generale, Mario Sommariva, commissario straordinario dell’autorità di sistema portuale. Una decisione nel segno della continuità, che però non basta a riportare il sereno al porto di Trieste. Un porto che, come evidenziato dal Sole 24 Ore, proprio sotto la guida di D’Agostino ha conosciuto una notevole crescita, diventando il primo scalo italiano quanto tonnellaggio complessivo (salito dai 57 milioni di tonnellate annuali del 2015 ai 61,9 milioni del 2019) e a traffico ferroviario (con i treni movimentanti saliti da 5.980 l’anno nel 2015 a 9.771 nel 2019). Le relazioni commerciali riguardano soprattutto la Germania, l’Est Europa e la Cina.

 

Se il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, ha definito “folle” la decisione dell’Anac, Annamaria Andretta, presidente di Italcam (Camera di commercio italo-tedesca), ha espresso “profonda preoccupazione per le conseguenze che l'interruzione del lavoro finora svolto potrebbe avere nei rapporti di collaborazione sinora sviluppati con il mercato tedesco e in particolare con la Baviera”. Andreatta ha inoltre manifestato “sostegno e stima” nei confronti di D’Agostino, la cui autorità è diventata un “partner affidabile per lo sviluppo di progetti internazionali”, e si è augurata che “ragionevolezza e giusto apprezzamento per il lavoro svolto” prevalgano su “ostacoli di tipo burocratico”.

 

Si tratta solo dell’ultima tegola ad abbattersi sul sistema portuale italiano. Lo scorso gennaio sul Foglio abbiamo segnalato come il settore portuale sia finito da tempo nel mirino della magistratura a causa dell’azione di alcuni pm d’assalto e della confusione burocratica. Da nord a sud del Paese, infatti, una raffica impressionante di inchieste, avvisi di garanzia e interdizioni si è abbattuta sui vertici delle quindici autorità di sistema portuale (che dal 2016 hanno sostituito le vecchie autorità portuali), rendendo impossibile la vita degli enti. “Le autorità portuali oggi hanno la possibilità tecnica, operativa e finanziaria per realizzare investimenti che servono alla portualità italiana per restare competitiva, ma il quadro normativo è troppo complesso, andrebbe semplificato e razionalizzato”, dichiarò al Foglio Daniele Rossi, presidente di Assoporti. Ora, mentre tutti auspicano un programma di semplificazione normativa per uscire dalla crisi determinata dall’emergenza coronavirus, da Trieste giunge l’ennesima conferma dei danni provocati dalla burocrazia all’economia italiana.

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