(foto LaPresse)

Così Emiliano ha sgretolato il Modello Emiliano

Luca Roberto

Il governatore tradito dallo schema trasformista che lo aveva portato alla vittoria cinque anni fa. Colpa della ritrovata unità del centrodestra e del suo fallimento. E la rielezione si complica

Alla fine è proprio il Modello Emiliano che potrebbe, con quell’ironia di cui sono intrise le macchinazioni del destino, decretare la sconfitta di Michele Emiliano. A settembre il governatore uscente della Puglia cercherà di essere riconfermato alla guida della regione ma le condizioni di partenza, rispetto a cinque anni fa, sono notevolmente cambiate. Nel 2015 il centrodestra si presentò diviso a sostegno di due diversi candidati governatori e lui, da vero “animale politico onnivoro” qual è (la definizione la diede il professor Alessandro Porcelluzzi qualche anno fa a David Allegranti), profittò della situazione per raccogliere un po’ di tutto: dai vendoliani agli ex missini. Oggi però il centrodestra ha ritrovato una relativa unità attorno alla figura di Raffaele Fitto. Ed Emiliano si sbraccia, si agita, spera che la sfida postagli dal fronte liberale che sostiene Ivan Scalfarotto possa rientrare con un semplice rimescolamento delle liste. Che il lungo corteggiamento con i cinque stelle (Emiliano fu il primo governatore a offrire al M5s un assessorato in una giunta di centrosinistra) gli porti qualche frutto ora che i sondaggi lo danno indietro di diversi punti. 

 

 

Nel frattempo non vuole rinunciare al suo modello raccogliticcio e sta lavorando alla presentazione di una dozzina di liste in cui, tra i candidati, dovrebbe figurare anche Francesco Schitulli, che è un brillante oncologo ma pure il candidato governatore in quota fittiana alle passate elezioni. “Credo che Emiliano racconti di voler continuare in questo modo, ma che non ci siano più gli interlocutori. Non esiste quel moto di popolo che lo aveva portato a diventare presidente della regione con lo schema del sindaco della Puglia, che prescindeva dai partiti. Questo modello che aveva visto in Emiliano il super garante della regione di fatto è venuto meno” racconta al Foglio Leonardo Di Gioia, ex assessore all’Agricoltura nella giunta di Emiliano, che nel 2015 venne eletto con la lista “Emiliano sindaco di Puglia” seppur proveniente da una storia di centrodestra.

 

È da più di un anno che Di Gioia ha rotto i rapporti con il governatore. E aggiunge: “Il civismo pragmatico che si rivolgeva a Emiliano per avere delle risposte sui territori è stato tradito da un modello finto che ha tentato di alimentare più il Pd svuotando i contenitori civici, nonostante nella finzione scenica e nella fase elettorale questi fossero una sorta di gamba equivalente al Partito democratico, avendo preso gli stessi voti se non di più”. L’esperienza dell’ex membro della giunta è emblematica: nel 2019 fece molto discutere il suo endorsement al candidato leghista Massimo Casanova alle elezioni europee, quando contemporaneamente faceva parte di un governo di centrosinistra, e sosteneva candidati di centrosinistra alle elezioni amministrative. Riuscirà Emiliano a replicare il modello che lo fece vincere nel 2015? “Farà diverse liste civiche, ma sono di fatto dei raccoglitori di amministratori ed ex amministratori che non hanno quel peso politico di prima. L’idea di un civismo molto allargato è tramontata, perché in presenza di una candidatura di centrodestra unitaria, forte, con un candidato riconoscibile, molti di quelli che hanno appoggiato Emiliano ritorneranno a casa”. 

 

 

La pensa allo stesso modo il consigliere regionale Napoleone Cera, figlio di Angelo Cera, ex deputato dell’Udc. Eletto con il gruppo dei Popolari a sostegno di Emiliano, Cera venerdì ufficializzerà la sua candidatura a supporto di Raffaele Fitto. “A lui mi lega un rapporto di lunga data” spiega al Foglio, “e in più l’insuccesso dell’amministrazione Emiliano è evidente a tutti. Se avesse governato bene non avrebbe bisogno di presentare decine di liste pur di frazione il voto e raccogliere consenso. Dopo 5 anni credo di poter dire che il famoso civismo di Emiliano è soltanto un sotterfugio, un modo per non stare a combattere con i partiti. Tant’è che tutte le liste che lo sostenevano si sono sbriciolate”. I Cera sono rimasti coinvolti, insieme a Emiliano e all’assessore regionale al Welfare Salvatore Ruggieri, in un’inchiesta della procura di Foggia sulle presunte pressioni che avrebbero esercitato per ottenere delle nomine in ambito sanitario, in cambio del sostegno al sindaco di San Severo. Indagine che ha imbarazzato a tal punto la Lega da far dire al segretario regionale Luigi d’Eramo che la coalizione “non può e non deve scivolare nel peggiore trasformismo”.  “Ma gli unici che possono decidere sul mio destino politico sono gli elettori”, risponde Cera. “Sono stato accusato di aver aperto la mia segreteria a tanta povera gente, e dopo tutto questo non ho ricevuto neanche una telefonata da Emiliano. Insomma, mi pare che la scelta l’abbia fatta lui, non io” dice il consigliere regionale. 

 

 

Tra le regioni che andranno al voto in settembre, la Puglia è una delle più contendibili. A soli due anni e mezzo dall'inizio del governo Emiliano, alle elezioni politiche del 2018 il centrodestra prese oltre il 30 per cento in tutte le circoscrizioni. E anche se nella coalizione si dissimula con noncuranza (“non ci interessano i sondaggi”, dicono), è innegabile che nella scelta di tornare a sostenere Fitto ha pesato almeno un po' il cosiddetto effetto bandwagon, cioè lo slancio naturale che ti porta a salire sul carro del vincitore, sia esso vero o presunto. Nel frattempo il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, intervistato dal Corriere del Mezzogiorno, si dice convinto che la Puglia sia da considerare “un modello, un esempio del sud che può cambiare”. Se si riferisce alla facilità con cui i sostenitori di Emiliano hanno cambiato schieramento, potrebbe essere non solo una frase molto vera. Persino profetica.