Luca Zaia e Michele Emiliano (foto LaPresse)

editoriali

L'Orbán delle Murge

Annarita Digiorgio

Così Emiliano sequestra i macchinari anti Covid destinati al Veneto

È l’articolo 6 del decreto Cura Italia che prevede per il capo della Protezione civile la possibilità di requisire presidi sanitari necessari per fronteggiare l’emergenza. È in virtù di questo che da giorni il commissario straordinario Domenico Arcuri, in assetto da guerra, sequestra alla frontiera prodotti commerciali già venduti all’estero dalle aziende italiane. La stesso comportamento che l’Italia aveva denunciato giorni fa, quando erano altri paesi a comportarsi così nei nostri confronti, e che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. aveva definito “inaccettabile” coinvolgendo l’Unione europea per sbloccare le forniture. 

  

Mai avremmo però pensato, anche se forse il governo avrebbe dovuto immaginarselo, che ad agire in questo modo sarebbero stati i presidenti di Regione. Uno contro l’altro. Tra di loro non poteva ovviamente mancare Michele Emiliano che il primo aprile ha emesso un’ordinanza presidenziale con cui ha ordinato la requisizione di due strumentazioni per la diagnosi del Covid a un’azienda di Bari. I macchinari in questione, prodotti dalla Masmec, erano già stati venduti ed erano in partenza per il Veneto. 

 

Non solo Emiliano si è appropriato di un potere non suo – come non lo è di nessun governatore – di emanare ordinanze che incidono sulle attività produttive in contrasto con i decreti per il contenimento dell’epidemia del presidente del Consiglio, ma ha addirittura ordinato ai carabinieri, autoaffidandosi anche poteri di polizia, di prelevare le due macchine dallo stabilimento della ditta e di consegnarli al capo del dipartimento Salute della Regione.

Come se l’azienda, solo per “aver commesso il reato” di trovarsi in Puglia, non potesse vendere al Veneto. Puglia first! Prima i Pugliesi. E figuriamoci se un’azione del genere l’avessero fatta Luca Zaia o Attilio Fontana, che tra l’altro governano regioni dove l’emergenza è maggiore. Cosa avrebbe detto il presidente della Puglia? Del resto si tratta di “un’epidemia lombardo-veneta”, così Emiliano aveva scritto in un post qualche giorno fa. 

Ed è lo stesso concetto che riprende testualmente nell’ordinanza: “La Puglia può analizzare solo 1000 tamponi al giorno mentre le altre regioni 6000… e tale differenziale è dovuto alla totale deregulation normativa”. Eppure è stato il ministro per gli Affari regionali e Autonomie Francesco Boccia, sodale del governatore pugliese e ora braccio destro di Arcuri, a confermare che per quanto riguarda le forniture la Protezione civile svolge solo una funzione suppletiva rispetto alle regioni. 

 

“Noi sui dispositivi siamo completamente autonomi per una sola ragione – ha detto Zaia qualche giorno fa – perché la Regione Veneto ha effettuato la programmazione delle forniture per tempo”. E lo ammette anche Emiliano nella sua ordinanza: “Tale iniqua distribuzione lede il diritto alla salute dei cittadini pugliesi in quanto le altre Regioni si sono procurate più reagenti nella fase iniziale della epidemia, allorquando la Regione Puglia non risultava affatto coinvolta”. 

 

Erano quelli i tempi, con le prime zone rosse già istituite, in cui Emiliano dichiarava che si trattava solo di un’influenza. Del resto il primo bando per la fornitura mascherine della regione Puglia è di metà marzo, e oggi quasi tutti i focolai pugliesi sono all’interno di ospedali, con una percentuale di contagi tra il personale sanitario altissima, decine di reparti chiusi per l'infezione, e i dirigenti regionali che vanno in Ilva a fare ispezioni sull’utilizzo di dispositivi di protezione mentre i dipendenti regionali lavorano senza.  

A poco servirà ora dire di aver trovato una mediazione con Zaia o con l’azienda. L’ordinanza è stata pubblicata sul bollettino ufficiale, e anche il solo fatto che il governatore l’abbia pensata resta incancellabile. La guerra al Lombardo-Veneto è stata dichiarata sulla scia del sovranismo, nazionalismo, regionalismo, localismo, quartierismo: l’esatto opposto di ciò che serve per combattere un’epidemia. 

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