Il populismo è il vero disastro della fase 2
Non detta più l’agenda, non fa più notizia e non emoziona. Dietro allo spaesamento populista c’è una rivoluzione culturale: la prevalenza delle soluzioni sull’identità e il nuovo ruolo dello stato come soggetto di mercato. E’ l’ordoliberalismo, bellezza
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Il Salvini suonato
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Destra sovranista smarrita
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Non c'è motivo per tenere in piedi Bonafede
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Il gran ballo populista intorno a Fca
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Algoritmi & giustizialismo
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Diffidare della globalizzazione? Un dialogo con Sangiuliano
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Altri lati della difesa
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La frusta che serve per far correre di nuovo gli spiriti animali
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Anche la ripartenza ha dei limiti di velocità
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I soliti alibi
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Nuovi globalizzatori
C’è stata una lunga stagione, quella che ha preceduto l’arrivo della pandemia, in cui, in buona parte dell’Europa, la politica della non responsabilità è riuscita a fare breccia nel cuore di molti elettori grazie a una particolare e forse non ripetibile condizione storica: la difficoltà con cui la società del benessere ha prodotto anticorpi capaci di proteggere le democrazie liberali dalle aggressioni portate avanti dai nemici della società aperta. In quella stagione, nella fase zero della nostra vita politica, i populismi hanno avuto molti successi anche perché, a differenza dei loro avversari, sono riusciti in diverse occasioni a diventare veicoli di progetti in grado di regalare sogni.
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- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.