Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Che fine ha fatto il decreto Rilancio?

Valerio Valentini

Sabato sera il premier Conte era stato categorico: “Andrà in Gazzetta ufficiale già domani”. Invece il testo continua a essere modificato e non ha ancora ottenuto la bollinatura della Ragioneria dello stato

Sabato sera, Giuseppe Conte era stato categorico: “Il decreto Rilancio andrà in Gazzetta ufficiale già domani”, aveva assicurato il premier. E invece, due giorni dopo, di quel testo in Gazzetta non c'è traccia. Né ci sarà domani, nonostante dalla approvazione del piano da 55 miliardi in consiglio dei ministri di giorni ne siano trascorsi ormai cinque. E di questa tribolata vigilia non se ne vede la fine.

 

Poche ore fa, infatti, il testo è stato inviato alla Ragioneria generale dello stato. Non tutto, però. Solo una parte: 166 dei 255 articoli. Con la conseguente, e inevitabile, irritazione dei tecnici del Mef che hanno fatto notare come la bollinatura definitiva, necessaria per il via libera al decreto, non la si possa dare a puntate. Insomma, prima della verifica finale sulle coperture, c'è bisogno che anche l'altra parte del decreto, più ridotta della prima, venga inviata agli uffici della Ragioneria. Solo che, nel frattempo, il testo continua ad essere corretto, controllato, setacciato dalle burocrazie dei vari ministeri, che ancora cercano la quadratura del cerchio. 

 

Ma non è finita qui. Perché ovviamente, dopo la bollinatura, il testo verrà trasmesso al Quirinale. Dove pure si aspetta di avere una versione completa e definitiva prima di poter apporre la firma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al Colle sono ormai rassegnati alla lentezza cronica con cui questa in questa legislatura i governi (anche quello gialloverde, prima di questo) partoriscono i decreti nella loro versione definitiva. E stavolta, per di più, c'è anche la consapevolezza della straordinarietà dell'intervento. Ma appunto per questo, date le circostanze, qualcuno si aspettava anche una risposta più celere del solito. Non è andata così.

 

E del resto, la genesi del decreto era stata quanto mai problematica. Era il “decreto aprile” quando eravamo a marzo; ad aprile, è diventato “decreto maggio”. Poi, più prudentemente ribattezzato "Rilancio". In Cdm doveva andarci sabato 9, ci è finito invece il mercoledì successivo, al termine di un lavoro indubbiamente complicato. Al punto che, poche ore prima della riunione del governo, i tecnici dei ministeri davano per scontato che si uscisse con un testo approvato “salvo intese”, dunque aperto a successive correzioni. Non lo si è voluto fare per ragioni di opportunità politica: e infatti, quando ancora il Consiglio non era concluso, Giuseppe Conte ha deciso di convocare la conferenza stampa serale per illustrare le misure contenute. Ma terminato la diretta televisiva, il Cdm si è riunito di nuovo. “Per limare gli ultimi dettagli”, garantivano a Chigi. Evidentemente, non erano pochi, i dettagli. 

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