Cosa fa del decreto Rilancio un decreto un po' troppo Arlecchino
In 400 pagine di bozze, non una riga sul futuro degli investimenti pubblici e politica industriale. Più che soldi manca visione
Come sempre in questi mesi, il governo anticipa i contenuti e sbandiera cifre in diretta tv dicendo che questa manovra attiva 155 miliardi di euro: 100 non incidono sul deficit ma in parte sul debito e 55 aumentano il deficit secondo quanto autorizzato dal Parlamento. In attesa della Gazzetta Ufficiale, analizziamo i numeri annunciati. E’ vero è che 100 miliardi di manovra non aumentano il deficit. Infatti, dentro quei 100 miliardi ci sono 12 miliardi di pagamenti che la pubblica amministrazione deve alle imprese. Questi 12 miliardi sono già stati contabilizzati come competenza nei deficit degli anni passati. Solo quando questi debiti vengono pagati per cassa vanno ad aumentare il debito pubblico. Il totale di questi debiti verso le imprese è però attorno a 60 miliardi. Se 12 miliardi saranno pagati, quando saranno pagati i restanti 48?
Poi ci sono 3 miliardi all’Alitalia. Questi non sono né deficit, né debito. A fronte del pagamento ad Alitalia lo stato acquisisce la sua proprietà con l’impegno futuro a rimettere quelle azioni sul mercato. I restanti 87 dovrebbero confluire in un Fondo Pubblico che potrà acquisire partecipazioni nel capitale di rischio delle imprese private. Quindi a fronte dei soldi in eventuale uscita ci saranno in entrate quote azionarie. Formalmente nessun nuovo debito. Si spera solo che questo ingresso pubblico nelle imprese private sia poi seguito da una futura uscita dello Stato.
Veniamo ora alla manovra da 55 miliardi che determina un aumento di deficit pubblico. Anche qui sono state annunciate “imponenti” risorse pari a “due finanziarie” (SIC!) che andranno a lavoratori ed imprese. Per i lavoratori si proroga la Cassa Integrazione ai dipendenti per 10 miliardi e il bonus a quelli autonomi per 4,5 . Infatti nel precedente decreto di marzo era prevista una CIG per nove settimane che in parte non è ancora stata pagata. Per semplicità bastava dare una proroga fino a quando le imprese resteranno chiuse. E invece questo decreto proroga per 4 settimane, ma per le altre ulteriori 5 occorrerà avviare una nuova procedura. Per le imprese ci sono come detto i 12 miliardi di fatture pregresse non pagate. Poi c’è il fatto vero dell’Irap. Il saldo del 2019 e l’acconto del 2020, dovuti a giugno per 4 miliardi, sono cancellati. Bene, però è una-tantum e resta in vigore l’Irap che alle imprese costa 20 miliardi 7 all’anno.
Il governo ha detto che si farà carico del problema in una futura, futuribile e generale riforma fiscale. Poiché dopo due mesi tutti hanno capito la differenza tra indennizzi a fondo perduto per il mancato fatturato e prestiti bancari, il governo “stanzia” 6 miliardi per tali indennizzi limitandoli però alle imprese fino a 5 milioni di fatturato. Ma se, come probabile, il fatturato perso da queste imprese, fosse 50 o 60 miliardi? Che si fa con 6 miliardi? Si daranno briciole. Infatti si è posto un tetto massimo di indennizzo pari a 40.000 euro e da qui si andrà verso il basso fino a qualche spicciolo. Fatto così appare una pioggerella di elemosine. Per le imprese tra 5 e 50 milioni di fatturato si prevede un incentivo fiscale per la loro capitalizzazione con i soldi dei privati proprietari e per quelle oltre i 50 miliardi c’è l’intervento nel capitale di un nuovo Fondo pubblico o di Cdp. Sempre per le imprese si introduce un aiuto di 1,5 miliardi per il pagamento degli affitti e 2 per le spese di ristrutturazione, incluse quelle per la sanificazione degli ambienti. L ’aspetto più preoccupante è che in 400 pagine non c’è un rigo sugli investimenti pubblici, né mezza riga di politica industriale. E dobbiamo anche confrontarci con i 1000 miliardi della Germania e i 350 della Francia. Ecco perché questo appare un decreto-Arlecchino, fatto di tante toppe più piccole purtroppo dei buchi che sarebbe urgente tappare.
Verso la legge di bilancio