Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Meno tasse e burocrazia. Un buon passo per il rilancio

Maria C. Cipolla

Taglio dell'Irap e semplificazione della cassa integrazione. Buona anche la regolarizzazione degli immigrati, ma c'è qualche bonus di troppo

Il passo avanti atteso sulle imprese, suggerito da tanti fuori e dentro il Parlamento, c’è stato: l'attesissimo decreto aprile diventato maggio e poi trasformato in “decreto Rilancio” – 250 articoli per più di 400 pagine di provvedimenti e fondi per 55 miliardi – prevede la cancellazione di 4 miliardi dell’Irap in scadenza a giugno per tutte le imprese (tranne quel migliaio di aziende che fatturano sopra i 250 milioni di euro). Si tratta di una misura che, come tanti osservatori hanno fatto notare, ha tre pregi fondamentali per una crisi economica senza precedenti per il tessuto produttivo del paese: è semplice, efficace  e proporzionata. Il contrario di quello che si è visto finora in particolare coi meccanismi inceppati della cassa integrazione in deroga affidata alle regioni (forse l’Inps e il governo dovevano pensarci prima) e delle garanzie sui prestiti che dovrebbero essere erogati dal sistema bancario. Si aggiungono sei miliardi di euro a fondo perduto per le aziende con un fatturato fino a 5 milioni e, altro provvedimento importante e atteso, il credito di imposta al 60 per cento sugli affitti esteso per tutti. E poi incentivi fiscali e sconti in bolletta e un nuovo fondo di Invitalia per le pmi, mentre a Cassa depositi e prestiti sarà affidato l'eventuale intervento di ricapitalizzazione sulle società con fatturato superiore a 50 milioni di euro.

  

La cassa integrazione e il bonus per gli autonomi, che potrà arrivare a mille euro ed essere erogato in maniera automatica, sono prorogati e soprattutto il governo promette di accelerare nell'erogazione degli aiuti. “Faremo ancora più speditamente di quanto fatto finora” ha dichiarato Conte con sprezzo del pericolo e fiducia nella sospensione dell’incredulità alle prime battute della conferenza stampa, salvo poi ammettere: “Dobbiamo semplificare e fare in modo che arrivino in modo semplice, rapido, veloce le risorse. Abbiamo lavorato per rendere meno farraginosi i passaggi e confidiamo di recuperare il tempo perduto, avendo snellito la procedura”. Eppure la procedura per la cassa in deroga viene snellita solo per le domande presentate da ora in poi, con le imprese che potranno rivolgersi direttamente all’Inps e non alle regioni vedendosi anticipato il 40 per cento dell’importo e non per quelle quindi presentate sotto l’ombrello del decreto Cura Italia. Così più che un recupero, diamo via ai sorpassi. L’Inps anticiperà anche Cig e il fondo di integrazione salariale, per cui i fondi erano stati rapidamente esauriti. In totale le risorse a disposizione triplicano rispetto al primo provvedimento, passando da 5 a 15 miliardi.

  

 

Per il resto il decreto monstre è un puzzle di interventi, dai bonus per le ristrutturazioni innalzati al 110 per cento –  una casa green per tutti, come l'ha praticamente venduta il primo ministro Giuseppe Conte – al bonus vacanze per chi ha un reddito non oltre i 40 mila euro, raddoppio dei bonus babysitter e dei giorni di congedo parentale al 50 per cento: alcuni necessari, i secondi che abbiamo detto, altri formulati in maniera estemporanea e sproporzionati (l’ecobonus al 110 per cento). C’è la regolarizzazione dei braccianti che fa commuovere la ministra Bellanova – e anche Il Foglio che ha sostenuto il provvedimento (il ministro aveva promesso proprio sulle colonne di questo giornale una regolarizzazione dei migranti) – che può dire “lo Stato è più forte del caporalato” e farci fare un passo avanti come società civile, i passi migliori. Che però si affianca al rinvio al 16 settembre delle scadenze fiscali e alla sospensione di plastic tax e sugar tax, questioni che vengono dunque solo rimandate e che dovrebbero essere affrontate con un’analisi seria dell’impatto della crisi e scelte chiare e semplici come quella dell’Irap. Il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha promesso l’avvio delle “grandi opere della sburocratizzazione”: sarebbe il principio ragionevole a cui attenersi, il salvagente nel mezzo di una tempesta di annunci.