Giuseppe Conte (foto LaPresse)

“Stare a casa non può diventare l'unica ricetta del governo”

Valerio Valentini

Il capogruppo in Senato di Italia viva: “Non ci si può limitare ad adottare pedissequamente le indicazioni suggerite dagli esperti. La ripartenza venga pianificata, sin d’ora, in modo più ragionevole”

Sospira e dice che sì, “un governo all’altezza si prende responsabilità e non segue soltanto le consulenze, anche preziose, dei medici”. E adesso che, mentre la stagione del Comitato tecnico scientifico celebrato da Giuseppe Conte come un oracolo sempre dover lasciare spazio a quella della cabina di regia invocata dal Pd, Davide Faraone mette le mani avanti: “A noi, questo dibattito su quale sia l’organismo più adeguato per la gestione della crisi interessa poco. E ancora meno, credo, interessa i cittadini italiani. Quello che c’interessa – dice il senatore siciliano, capogruppo di Italia viva – è che si affronti al più presto il problema che abbiamo sottolineato più di una settimana fa, inascoltati. E cioè la programmazione di una graduale ma progressiva riapertura delle attività economiche. Ci sono alcune filiere, come quelle dell’acciaio, che rischiano di dover trasferire all’estero la loro produzione. E poi ci sono le scuole, ad esempio: se davvero, come pare annunciare la ministra Azzolina, resteranno chiuse fino a settembre, lanciamo subito un piano straordinario di edilizia scolastica, per fare in modo che quando i nostri ragazzi torneranno nelle loro classi, tra qualche mese, le trovino più sicure e più accoglienti di come sono ora. Proprio su questo noi di Italia viva abbiamo lanciato una petizione online: perché non si può perdere tempo. E come quelli scolastici, anche i cantieri stradali andrebbero aperti subito. Visto che le nostre strade sono deserte, quale miglior momento per rimetterle in sesto, rendendole più sicure?”.

 

C’è la salute, però, da tutelare. “Secondo qualcuno, i renziani avrebbero meno a cuore la vita delle persone di quanto ce l’abbiano altri partiti politici. Ma scherziamo? E’ chiaro che la riapertura va programmata con tutte le accortezze del caso, facendo in modo che chi torna al lavoro lo faccia in assoluta sicurezza. Ma non possiamo accettare un derby tra salute e ripartenza economica. Il governo austriaco ha già diramato un calendario con le date previste per la riapertura delle varie attività. Perché noi non possiamo farlo?”.

 

Gli esperti medici, compresi quelli di cui si avvale il governo nel Comitato tecnico-scientifico, sembrano alquanto riluttanti a questa fretta. “Ma un governo non può limitarsi ad adottare pedissequamente le indicazioni suggerite dagli esperti di un settore. ‘State a casa’ è stato uno slogan efficace e sacrosanto: ma non può diventare l’unica ricetta del governo per reagire alla crisi. Non credo si possa accettare di lasciare gli italiani nelle loro abitazioni fintantoché non si scopra il vaccino. E qui interviene la politica: che deve ascoltare e consultare gli esperti di virologia ed epidemiologia, ovviamente, ma poi deve tenere conto anche di altri aspetti, di altri problemi, di altre esigenze del paese. Sennò, di volta in volta, si abdica dal proprio compito in favore degli esperti di turno: ieri i magistrati, oggi i medici. E lo dico, sia chiaro, avendo bene in mente l’importante contributo fornito dalla comunità scientifica al paese. Ma credo che non si faccia un favore neppure ai virologi, se li si caria di responsabilità decisionali che invece competono alla politica”.

 

Una politica alquanto litigiosa, anche in momenti di crisi come questo: almeno a giudicare dalle voci esagitate che filtrano da Palazzo Chigi, dove si sta litigando su come erogare liquidità alle imprese. “E’ una priorità fondamentale, questa. E come Italia viva siamo felici che una nostra proposta sia stata accolta dal governo: le garanzie dello stato sui prestiti che le banche concedono alle imprese, grandi e piccole che siano, devono essere totali. Cento per cento di copertura, insomma: altrimenti costringeremmo gli istituti di credito ad avviare delle istruttorie che richiederebbero tempo e scartoffie. E quello che non ha fatto il coronavirus, a quel punto lo farebbe la burocrazia. E sarebbe inaccettabile. Così come inaccettabile, per uno stato civile, è questa difformità di indicazioni tra governo, regioni e Protezione civile. Sulle mascherine, e anche sui ventilatori, c’è stato un vuoto decisionale da quando si è iniziato a valutare l’istituzione dello stato d’emergenza che ha reso lento e complicato l’approvvigionamento di presidi sanitari. Che invece erano indispensabili per proteggere i nostri medici e infermieri mandati in trincea. Non ripetiamo gli stessi errori, ora, sulla cosiddetta ‘fase due’: la ripartenza venga pianificata, sin d’ora, in modo più ragionevole”.

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