Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

La fine di Forza Italia

Salvatore Merlo

Defezioni, favori a Salvini e quell’opzione che il Cav. ha squadernato: “Fondersi nella Lega”

Roma. “Abbiamo tre opzioni”, diceva, diverse settimane fa, abbracciando con lo sguardo i membri dell’ufficio di presidenza di Forza Italia, riuniti a Castello Grazioli. “O corriamo da soli, o ci alleiamo in una federazione di centrodestra, o ci sciogliamo nella Lega”. Poi il Sultano si era dedicato a spiegare nel dettaglio ciascuna delle ipotesi. Apparentemente senza sceglierne una. Ma dedicando tre minuti all’opzione correre da soli, cinque minuti a quella della federazione, e quindici minuti invece all’idea di sciogliersi nella Lega. “Un progetto l’ha, Berlusconi. Sempre. In lui c’è sempre una logica anche quando non sembra”, dice Paolo Romani, uno di quelli che con il Cavaliere è stato per una vita, uomo azienda, poi uomo partito, ministro, capogruppo… e adesso? Adesso fuori, nel gruppo misto, come tanti altri parlamentari, dirigenti, figure storiche di questo partito, Forza Italia, questa bestia un tempo imponente sulla quale sembra calare un oblio con pochi spiragli. Gli spiragli dei repertori. Generici come gli epitaffi. Mercoledì ha lasciato anche Davide Bordoni, che a Roma era – cioè s’identificava persino fisicamente – con Forza Italia. L’aveva praticamente fondata. “Avevo vent’anni”, racconta lui, con la gratitudine per gli anni belli e sfumati. “Studiavo Sociologia alla Sapienza, era il 1994. Con Beatrice Lorenzin fui il primo eletto in un consiglio municipale, a Ostia… Berlusconi lo ha sempre fatto capire che finiva così: dopo di me il diluvio”. O meglio, forse, dopo di me Matteo Salvini.

 

  

Nei capannelli, tra i deputati e i senatori, lì dove si sfogano gli affetti più disordinati – la malinconia e la collera, la paura e la speranza – ci si rimpallano accuse, vengono messi sotto processo l’avvocato Ghedini e Licia Ronzulli, persino Sestino Giacomoni, cioè quelli che con un po’ di malanimo vengono definiti “il cerchio magico”. Frammenti di discorsi: “Hanno sequestrato Berlusconi… gli impediscono di decidere… ci portano in braccio alla Lega”. Ma davvero qualcuno può imbrigliare il Cavaliere? O forse questo clima sospeso, quest’aria di dismissione, discende direttamente dalla volontà del Sovrano, invecchiato ma vigile? 

 

Mercoledì, in Senato, è stata Forza Italia – su richiesta esplicita di Salvini che non poteva mandare avanti i leghisti – a completare quella raccolta di firme per il referendum contro il taglio dei parlamentari che il leader della Lega ritiene possa accelerare la decomposizione della traballante maggioranza di governo e condurre dunque alle elezioni. “Siamo stati gli ascari di Salvini”, dicono allora alcuni deputati. “Tradimento”, dicono altri. “Intelligenza col nemico”, aggiungono, puntando l’indice contro la capogruppo Annamaria Bernini e contro Licia Ronzulli, che è considerata l’ambasciatrice di Forza Italia nella Lega al punto che persino Fedele Confalonieri, se deve parlare con Salvini, si rivolge a lei. Ma davvero Bernini e Ronzulli agiscono in proprio? E’ mai credibile? Forse no. E allora, in quel piano in cui realtà e leggenda si mischiano, emerge il racconto degli ultimi pranzi di famiglia, ad Arcore. Ecco la preoccupazione inoccultabile di Marina per la salute del papà, che nella politica non trova più il piacere ludico dei bei tempi ma solo fatica e malumori. Ed ecco dunque la preghiera rivolta al Cavaliere – a quanto pare ascoltata – per un progressivo ritiro, un ripiegarsi organico, che d’altra parte è già in atto da parecchio tempo, e che fatalmente (ingegneristicamente?) conduce alla famosa “terza opzione”, proprio quella che Berlusconi aveva squadernato mesi fa – tra le altre e senza apparentemente prediligerla: sciogliersi nella Lega. Chissà. D’altra parte questa intermittenza, questa surplace organizzativa che avvolge Forza Italia per volontà di Berlusconi è sospetta in un individuo attento e reattivo, qualche volta più del necessario, come il Cavaliere. Tra defezioni e avvicendamenti, il partito – nel quale da mesi non vengono nemmeno assegnate le deleghe di competenza dei dipartimenti – si è trovato senza coordinatori in Umbria, in Liguria, a Roma… E, come avvolta in un sudario di torpore, Forza Italia non riusciva nemmeno a indicare il candidato alla presidenza della Calabria, dove si vota a gennaio. Così, nel chiuso di palazzo Grazioli, ieri pomeriggio, a pranzo, presenti Giacomoni, Tajani e Bernini, è stata la capogruppo alla Camera Gelmini ad alzare la voce: “Dobbiamo svegliarci”. A quel punto Berlusconi ha provveduto a fare tutte le nomine. In Calabria si candida Jole Santelli. Ma questo non ha dissipato il sospetto che il Sultano abbia ormai deciso di liquidare il partito. C’è chi ne è talmente convinto che ha deciso di anticipare il Capo, e si è già iscritto alla Lega.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.