Matteo Salvini con i sostenitori della Lega a Pontida (foto LaPresse)

Votiamo sull'onda manipolabile delle paure: c'entrano i social, ma anche il cervello

David Allegranti

L’utile “Guida razionale per elettori emotivi” di Nicola Barone e Paolo Legrenzi

Roma. Perché gli elettori si pentono rapidamente delle scelte che hanno fatto? Ma si sono davvero pentiti o hanno piuttosto dimenticato? E perché prendono decisioni elettorali che ben presto si riveleranno contrarie a quello che pensavano fosse il loro legittimo interesse? Il professor Paolo Legrenzi, psicologo, ha scritto insieme a Nicola Barone, giornalista, una “Guida razionale per elettori emotivi” (Luiss) per rispondere proprio a queste domande.

 

 

“Il nucleo teorico del libro riguarda la differenza tra emozioni e ragionamenti, tra paura e pericolo e il fatto che abbiamo paura delle cose paurose ma non di quelle veramente pericolose. Nello specifico, abbiamo trattato la paura in ambito politico”, dice il professor Legrenzi al Foglio. “Gli agenti della paura sono sempre in azione, fomentano le nostre paure ma è riduttivo dire che le nostre decisioni vengono prese deliberatamente pensando solo al breve periodo e in virtù dell’influenza esclusiva di questi agenti. Il punto è che, per frutto dell’evoluzione darwiniana, noi siamo fatti apposta per stare attenti sui tempi corti”. Nonostante sia stata scoperta, a partire dal Settecento, una misura di molti tipi di pericoli ai quali siamo sottoposti, lo iato fra pericolosità oggettiva e paurosità si è via via allargato, non ridotto come uno si potrebbe aspettare. Cioè non prendiamo in considerazione ciò che è oggettivamente e realmente pericoloso, ma solo ciò che è (emotivamente) pauroso. I social, analizza Legrenzi, “hanno amplificato questa divaricazione. Quindi è aumentato il divario tra l’oggettivamente pericoloso e ciò di cui si ha emotivamente paura. Per questo le campagne elettorali sono diventate molto difficili. Ma anche per questo è diventato difficile fare il giornalista in questo ambito. Questo l’ho capito lavorando con Barone, che è abituato, per il mestiere che fa, a spiegare i programmi elettorali dei partiti e a confrontarli in modo analitico. Un grande sforzo per cercare di analizzare razionalmente qualcosa che non è razionale, perché ciò che muove gli elettori nel momento del voto è legato a qualcosa di più emotivo, contingente, connesso più alle persone e non al programma”.

 

 

Le persone dunque votano in un certo modo, poi sembra che si pentano delle scelte fatte e apparentemente cambiano idea ma, dice Legrenzi, “in realtà uno si pente di qualcosa di cui si ricorda, tiene a mente questo sbaglio e si comporta di conseguenza. Per questo pensare che le persone si ricordino i propri errori è un eccesso di interpretazione razionale. E’ da 200 mila anni che abbiamo lo stesso ciclo temporale di vita regolato sulle 24 ore, fino a poche migliaia di anni fa, quando è cominciata l’agricoltura. L’architettura del nostro cervello è stata fatta così dall’evoluzione, è abituata ai tempi corti, e viene dunque sfruttata da chi poi costruisce il discorso politico in occasione delle elezioni. Il tema del libro riguarda proprio il funzionamento dei meccanismi con cui le persone prendono le loro decisioni quando decidono di votare o non votare”.

 

Il cervello è insomma sempre lo stesso, casomai sono aumentate le “trappole mentali che indirizzano le nostre scelte”, come recita il sottotitolo del libro. Anche per questo in politica sono aumentate la radicalizzazione e la polarizzazione. Grazie anche a tecniche di manipolazione, sui social e non solo. “Ma il punto è che quelle manipolazioni non funzionerebbero se non sfruttassero l’architettura preesistente del nostro cervello. Naturalmente bisogna precisare che non siamo marionette in preda a Facebook e agli altri social. Non siamo sempre fatti così. Su alcune cose siamo stabili; su cosa ci piace leggere o vedere al cinema non siamo così influenzati dai messaggi sullo smartphone. In quei casi i gusti sono già prefissati e, per i più, meno fluttuanti e contingenti. In politica invece siamo molto più emotivi, meno razionali. E lo siamo perché la nostra testa è fatta in una certa maniera”.

 

E ogni epoca ha avuto i suoi manipolatori. Nel Medioevo, spiega Legrenzi, gli uomini di chiesa sfruttavano i terremoti, le eclissi o le carestie sotto forma di messaggi divini per governare così le paure incanalandole e dando loro un senso. Il problema è riuscire razionalmente a spiegare all’elettore come potrebbe decidere e quindi comportarsi di conseguenza. “Ma smontare le balle è più difficile che farle circolare. Il fact checking dei giornali diventa inutile, perché uno deve precisare che ci sono dei dati oggettivi e quindi spiegare che, rispetto a questi dati, c’è stata una falsificazione delle promesse che non si sono avverate. Tutto ciò è però complicato sul piano cognitivo, richiede molte risorse mentali e alla fine il più delle volte non viene fatto”. Prevale, insomma, la pigrizia e l’emotività sulla razionalità. Per difendersi dagli assalti dei manipolatori c’è però la guida di Barone e Legrenzi.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.