Come nasce il disgusto

Massimo Piattelli Palmarini

Uno studio misura il grado di fiducia che si instaura tra due persone. Il peso dell’emozione

In anteprima, il periodico Social Psychological and Personality Science pubblica un articolo su alcuni interessanti e originali esperimenti che trattano dei rapporti tra emozioni e grado di fiducia. Due insigni economisti e cognitivisti dell’Università dell’Arizona, Tamar Kugler e Charles Noussair, hanno usato l’insolita combinazione di realtà virtuale e gioco di fiducia (trust game).

 

Cavallo di battaglia da anni nell’economia sperimentale, il gioco di fiducia si svolge tra due contraenti: un proponente (trustor) e un accettante (trustee). Il proponente invia all’accettante una somma di denaro a sua scelta, tra zero e dieci dollari. Questa somma, quale che sia, viene triplicata. A sua volta, l’accettante rimbalza indietro al proponente una somma a sua scelta. E così via, a turno, per un certo numero di ripetizioni tra gli stessi contraenti. Immaginiamo un caso estremo: il proponente invia tutti e dieci i dollari. L’accettante intasca trenta dollari e non invia niente al proponente. Si rivela essere assai scorretto e molto egoista, ma non ci sono penalità. Se il proponente sospetta che questo accadrà, non invia niente e si tiene tutti i dieci dollari, o ne manda uno solo e se ne tiene nove. Tutto si basa, quindi, sul grado di fiducia che il proponente ha nei confronti dell’accettante. Meno si fida, meno manda. Ebbene, Kugler, Noussair e collaboratori sospettavano che un’emozione come il disgusto possa condizionare il grado di fiducia, in senso, ovviamente, inverso: maggior disgusto, meno fiducia. Del resto, il correlato neuronale, chiamato insula anteriore, si attiva sia per una sensazione di disgusto, fisico o morale, che per la presa di decisioni. Per mettere alla prova questo sospetto, hanno escogitato un inedito esperimento in due fasi. Prima i soggetti osservano, in un apparato di realtà virtuale, scene che inducono disgusto, poi, subito dopo, praticano dieci singole sedute di gioco di fiducia, con un accettante sempre anonimo. E’ quanto mai facile registrare la somma inviata. Il sospetto è stato confermato, su alcune centinaia di soggetti. A insaputa dei partecipanti, un programma di calcolo abbinato a un raffinato apparato ottico registrava e misurava le espressioni facciali rivelanti disgusto. Queste vengono correlate con la somma inviata. Kugler mi dice: “Nella manipolazione che induce disgusto, il proponente invia una somma minore. Questo, invece, non avviene nelle manipolazioni che inducono tristezza, o rabbia, o paura, o sorpresa. Di effetto opposto sono le manipolazioni che inducono letizia. Le persone di temperamento estroverso e ottimista sono quelle che mostrano maggiore fiducia”.

 

In un diverso esperimento i partecipanti, dopo la fase di realtà virtuale, venivano esplicitamente messi all’erta. Veniva cioè detto loro che la scena osservata e l’emozione così generata non avevano alcuna relazione con il gioco di fiducia che si accingevano a eseguire. In questo caso, la correlazione sparisce. Diventando consapevoli della causa esterna e indipendente dell’emozione non si cambia il grado di fiducia. In generale, si conferma il fatto, ben noto, che la sensazione di disgusto induce giudizi morali più severi. Kugler aggiunge: “Questo probabilmente avviene perché il disgusto crea un bisogno urgente di pulizia, il quale induce un desiderio di sbarazzarsi dalla dipendenza dagli altri. Fidandosi di un altro individuo, si diventa vulnerabili, aspettandoci che la fiducia sia ricambiata. Invece, non fidandosi, questa aspettativa scompare e, in un certo senso, ci si libera di un peso emotivo”. Le chiedo cosa questo implica per la vita di tutti i giorni. Risponde: “Chi vuole creare un ambiente di fiducia farebbe bene a eliminare o marginalizzare ogni stimolo suscettibile di creare sensazioni di disgusto”. Aggiungo io: benefica magia della consapevolezza delle proprie emozioni, disgusto compreso.

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