La festa della Lega a Pontida

Appunti per chi non vede che l'Italia è cambiata

Alfonso Berardinelli

Populismi e sovranismi nascono per reazione quando non si capisce il “popolo”

Ho l’impressione che ci vorrà un bel po’ di tempo per capire tutti i perché e tutti i come della Mutazione che sta invadendo e travolgendo il mondo. E ho anche l’impressione che a mancare sia una ricerca, una teorizzazione sociologica “all’altezza dei tempi”, come si diceva una volta. Ci vorrebbe un po’ di Max Weber o di Scuola di Francoforte.

  

Certo non posso dire di aver letto l’ormai soverchiante bibliografia mondiale sulla crisi della democrazia. Ma qualcosa ho letto, qualche libro l’ho recensito e credo che la politologia non sia sufficiente. Per capire la crisi attuale delle democrazie bisognerebbe risalire alla loro origine, riesaminando uno per uno e in connessione i vari fattori morali, sociali, storici, legali e in sostanza culturali e filosofici che hanno preceduto e reso la democrazia “pensabile”, prima ancora che di fatto possibile.

   

Facciamo per esempio l’ipotesi che uno si metta a leggere per incontenibile curiosità l’ultimissimo libro di Alan Friedman, “il giornalista americano più amato dagli italiani”, come dice la fascetta pubblicitaria del volume Questa non è l’Italia (Newton Compton, 311 pp., 12,90 euro). E’ un grosso volume, ma si legge più o meno come un articolo. Le informazioni non mancano e neppure i giudizi. Solo che nella maggior parte dei casi si tratta di cose piuttosto note anche a chi non frequenti la carta stampata e si limiti a fare diligentemente il suo bagno quotidiano di talk-show televisivi. Sono cose note e condivise soprattutto nell’opinione pubblica e privata di centrosinistra. Alan Friedman è un americano che vive in Italia e ama l’Italia, che la trova essenzialmente, intrinsecamente amabile fino al punto di sentirsi lui stesso abbastanza italiano. E’ un americano che non sopporta che la sua America sia finita nelle mani di un tipo come Trump. Per questo il suo precedente libro, Questa non è l’America, uscito due anni fa, esprimeva, a giudicare dal titolo, la stessa delusione, la stessa sorpresa, lo stesso scandalo che ora gli è ispirato dall’Italia.

  

Ma qual è l’Italia che secondo Friedman “non è l’Italia”? E’ l’Italia che ieri era quella di Berlusconi e che oggi è quella di Salvini. Dunque sarebbero già trent’anni che l’Italia non è più l’Italia. Ma può essere (e come può essere?) che da un’Italia buona sia nata un’Italia cattiva? Già ai tempi di Berlusconi gli amanti stranieri dell’Italia concepirono l’idea assurda e antistorica che in Italia fosse tornato il fascismo: è per questo che quelle così brave persone degli accademici svedesi vollero dare il premio Nobel per la Letteratura a Dario Fo, uno scrittore, come disse un critico americano, di cui non si vedevano le opere. Ed è per questo che recentemente lo hanno dato al bravissimo Bob Dylan, le cui canzoni non bastano, mi sembra, a fare di lui uno scrittore. Hanno scritto canzoni anche Brecht e García Lorca, che però hanno scritto anche ben altro. Ma Dylan voleva dire “l’altra America” che poteva impedire l’elezione di Trump.

  

Voglio dire che questa idea dell’Italia che ora non è più l’Italia è generata da una idealizzazione molto particolare e in sostanza piuttosto cieca di fronte a che cos’è davvero una società. Si vede insomma che il caro Friedman è più un giornalista economico che politico, sociale e storico. Se Salvini, come si dice, parla alla “pancia” degli italiani, bisognerà proprio prendere atto, prima o poi, che il popolo dei populisti e dei sovranisti ha una pancia con orecchi a cui parlare, una pancia che poi parla quando va a votare. Insomma: si sottovalutano le trasformazioni, o meglio mutazioni, avvenute negli ultimi decenni in Italia e nel mondo.

    

La democrazia è un sistema molto elastico: da un lato presuppone coscienza intelligente e libera nei cittadini elettori e nello stesso tempo deve riconoscere che “la sovranità appartiene al popolo”, la cui realtà psicosociale e culturale non coincide esattamente, in ogni circostanza e prontamente, con lo spirito e gli articoli della Costituzione.

   

Cari amici stranieri e italiani, bisogna studiare il “popolo” che la Costituzione chiama “sovrano”. Se non lo si capisce, nascono per reazione i populismi e i sovranismi. Il popolo sovrano bisogna guardarlo in faccia. Osservarlo nella quotidianità dei suoi comportamenti. Uscire dal giro delle conventicole di élite. Il popolo sovrano bisogna sentirselo addosso tutti i giorni. Sentirlo parlare. Starci dentro. Sintonizzarsi. Averne compassione, ripugnanza e paura. Come pensa, il popolo? Che cosa entra nella sua testa e nella sua pancia? Sì, l’Italia e il mondo sono cambiati. L’Europa è un continente socialmente di destra. Un continente di vecchi impauriti dalla povertà incombente, dalle notizie di cronaca nera, da un ambiente sociale in trasformazione. I ragazzi hanno la testa e gli occhi nei cellulari, nella Nuvola, e restano ragazzi troppo a lungo. Si fa fatica a pensarli come cittadini consapevoli e responsabili. La scuola è a pezzi, è un ambiente letteralmente impraticabile, quasi inconcepibile. L’idea che l’Europa debba risolvere i problemi dell’Africa spaventa tutti. La crisi economica del 2008 è ancora fra noi. La classe dirigente italiana è corrotta. Le organizzazioni criminali governano un terzo del paese. I partiti politici sono diventati fantasmi, si gonfiano all’improvviso e possono sparire in pochi mesi. I nostri cosiddetti cristiani non leggono mai il Vangelo.

  

Certo, caro Friedman, l’Italia non è più l’Italia, ma la stessa cosa vale per la Gran Bretagna, la Germania, i paesi scandinavi, l’est europeo. Non si esce indenni dalle grandi migrazioni, da recessioni che durano decenni, dal terrorismo islamista, dalla rivoluzione informatica, dalla decadenza culturale della politica e degli stessi intellettuali. Cosa volete che sia Salvini? E’ solo una mosca sul cappello di chi guida il carro. Non fa paura Salvini, fa paura chi lo vota.

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