Renata Polverini (foto LaPresse)

Polverini for Renzi

Valerio Valentini

“Sì allo ius culturae, no al trucismo. L’ex premier è attrattivo per molti dei nostri”. Parla la deputata di FI

Roma. Non è solo questione di ius culturae, anche se è da lì che si parte. “La questione – dice Renata Polverini – è quella del trucismo come atteggiamento mentale, della destra e non solo. La questione – prosegue la deputata di Forza Italia – è quella di un dilemma che riguarda l’intero paese, una nuova dialettica che non può più essere risolta nella tradizionale contrapposizione tra destra e sinistra. Qua semmai la frattura è un’altra, e separa l’Italia dell’apertura dall’Italia della chiusura, e mi pare che Matteo Renzi lo ha compreso con discreto tempismo. E, prima e meglio di altri, ha monopolizzato l’antisalvinismo, e ha fatto bene. Alcuni nel mio partito dicono che lui è di sinistra? Io starei attenta a liquidarlo così. Perché se vado al mercato, se vado in farmacia, in questi giorni trovo tanti nostri storici elettori che guardano a Renzi con un certo favore. E del resto lui è tornato in campo ripetendo molte delle nostre parole d’ordine di un tempo, del berlusconismo delle origini. E per questo rischia non dico di asfaltarci, ma di senz’altro farci molto male”.

  

C’è insomma la riflessione profonda sulle sorti e lo stato di salute della destra liberale, o di quel che ne resta, a sostanziare la convinzione della Polverini per cui “anche sullo ius culturae, non possiamo cedere alla propaganda salviniana”. Ma non è un’idea di sinistra, a sentire i detrattori della misura. “Riconoscere i diritti di cittadinanza ai ragazzi che vivono in Italia da più di una generazione e che hanno completato almeno un ciclo di studi? No, non direi che è di sinistra. Direi che è di buon senso. Questi adolescenti vivono nelle nostre borgate, frequentano le stesse scuole dei nostri figli. Avranno pure la pelle nera e gli occhi a mandorla, ma parlano in romanaccio o in napoletano, cantano a memoria i nostri tormentoni musicali. Nelle classi delle materne o delle elementari, negli spogliatoi delle squadre di calcio, i ragazzi non percepiscono alcuna diversità. Ed è anche per questo che lo ius culturae mi sembra un atto di civiltà, un provvedimento che rimette in sintonia coi tempi che viviamo”.

 

Eppure Salvini dice il contrario, dice chi parla di “ius soli, comunque lo chiami”, non ha idea di quale sia la pancia del paese. “Ah sì? E qual era, allora, la pancia del paese quando il capo della Lega voleva rifiutarsi di concedere la cittadinanza a Rmay e Adam, i due studenti di Crema che sventarono il dirottamento del pullman a Milano? Sbaglio o lì, Salvini, si è dovuto proprio piegare all’umore del popolo, quello che lui ritiene di capire e interpretare meglio degli altri? Spero che non si pretenda che ogni ragazzino debba compiere un atto eroico, per meritarsi la cittadinanza”. Insomma, per la Polverini i tempi sono maturi. E anzi, perfino passati, se è vero che “io la stessa proposta che ho depositato in commissione Affari costituzionali alla Camera, l’anno scorso, la presentai già nel 2013, appena eletta, dando di fatto seguito ad alcune belle esperienze che avevamo già lanciato nell’Ugl, quando guidavo il sindacato. Poi, certo, fare chiarezza aiuterebbe, evitare di confondere lo ius culturae con lo ius soli sarebbe un primo passo. Capisco che Salvini ci ha costruito il suo successo politico sulla paura del diverso, e per questo continua ad alimentarla e a cavalcarla. Però il problema non è riconoscere più diritti, il problema è continuare ad additare l’immigrato come il nemico, sempre e comunque”, dice la Polverini. E ci tiene a rivendicare che, le sue, sono le affermazioni di una “donna di destra”, di “quella destra che è sempre stata attenta alla dottrina sociale della Chiesa, ad esempio, e che crede che una buona, controllata integrazione sia la soluzione migliore per evitare eventi drammatici legati all’immigrazione, come la Francia tragicamente dimostra”.

 

Ma non è solo questione d’immigrazione. “Il problema è che nel centrodestra ci stiamo imbarbarendo. Nel nostro schieramento, e anche nel nostro partito, vedo solo persone che sbraitano, che ricorrono ad atteggiamenti volgari e a un lessico becero. C’è l’illusione di poter fare concorrenza a Salvini utilizzando le sue stesse ricette: ma il fallimento prematuro dell’esperienza di Giovanni Toti dimostra che non è così. Non c’è nessuna prospettiva, per noi, nel fare la spalla di Salvini”.

 

Renzi, invece, sogna un “polo macroniano”. “Se è quello il suo obiettivo, è chiaro che il progetto diventa attrattivo per tanti dei nostri elettori, e anche per un pezzo della nostra classe dirigente. Quando leggo le dichiarazioni di Renzi mi sembra di rileggere un manifesto fondativo di Forza Italia. Se non recuperiamo il nostro spirito originario, in Forza Italia rischiamo altri smottamenti. E nessuno, a quel punto, potrebbe accusare chi va via di tradimento”.

 

Liberi tutti, insomma? “Dico solo che in passato abbiamo avuto, allora sì, dei traditori che guardavano solo a piccole ambizioni personali, e di cui ora fatichiamo perfino a ricordarci i nomi. Stavolta sarebbe diverso. Stavolta si tratterebbe semmai di restare fedeli alla nostra storia. Se invece si finisce col trasformare Forza Italia in una costola del sovranismo, è normale che fa politica guardi intorno”.