Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Lezioni per il Pd dai ballottaggi in Sardegna

Redazione

I Democratici perdono anche Sassari. E dimostrano la difficoltà del partito a superare i confini del centrosinistra tradizionale, che quindi risulta sostanzialmente minoritario

L’ultima coda dei ballottaggi in Sardegna conclude la stagione elettorale di primavera, che nell’insieme ha certificato una crescita del centrodestra anche nei (pochi) casi in cui non è trazione leghista, e un netto insuccesso a tutti i livelli, europee, regionali piemontesi e comunali, del Movimento 5 stelle. Il Partito democratico ha spesso raggiunto il secondo posto grazie al crollo dei grillini, ma nel complesso ha ottenuto risultati negativi. Nicola Zingaretti ha cercato di dare un’interpretazione rosea dei risultati, forse per incoraggiare un partito che si sente sbandato, ma, almeno quando esamina i dati al di fuori di uno spirito propagandistico, dovrebbe preoccuparsi, il che è un presupposto indispensabile per cercare di provvedere. Dia un’occhiata al risultato dell’ultimo ballottaggio, quello di Sassari: lì le condizioni non erano affatto avverse al Pd. Il centrodestra aveva presentato insieme un candidato sbagliato superato dalla lista civica di un ex sindaco che dopo essere passato per Forza Italia e per alleanza nazionale aveva litigato un po’ con tutti, mentre i 5 stelle erano arrivati ultimi. Tuttavia il candidato della lista civica di destra, appoggiato in extremis da Forza Italia ma non dalla Lega, alla fine ha prevalso. Si tratta di un test di dimensioni minori e che si è svolto, come detto succintamente, in condizioni particolari. Però è una segnalazione di un fenomeno abbastanza generale, la difficoltà del Pd a superare i confini del centrosinistra tradizionale, che quindi risulta sostanzialmente minoritario.

 

L’appello reiterato agli elettori dei 5 stelle, motivato con l’argomento di una sottomissione di quel movimento all’arroganza leghista, non ottiene quasi mai risultati. Probabilmente alla base di questa scarsa attrattività sta l’esibizione volontaria o meno, di una presunzione di superiorità etica ed estetica, che somiglia molto allo snobismo o comunque viene avvertita da settori ampi dell’elettorato non motivato, che è sempre quello decisivo, come tale. E’ del tutto ragionevole chiedere agli elettori che in precedenza, nei ballottaggi quindici giorni prima, hanno espresso preferenze diverse, di cambiare cavallo. Ma se si dà l’impressione che si chieda loro di pentirsi di un errore, commesso per ignoranza o scarsa coscienza morale o civile, li si allontana, li si spinge, bene che vada, all’astensione come si è visto in tanti casi, compresi gli ultimi.  

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