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Ragioni per temere il caso Sea Watch

Claudio Cerasa

La crudeltà di Salvini e quella pericolosa novità nel Mediterraneo rimasto senza regia

La storia dei quarantadue migranti intrappolati per volontà del governo italiano da due settimane a bordo della nave Sea Watch 3, al limite delle acque territoriali italiane, è una storia che merita di essere raccontata utilizzando quattro lenti di ingrandimento. La prima riguarda il diritto del mare, la seconda la propaganda, la terza una novità importante relativa agli sbarchi registrati negli ultimi giorni in Italia, la quarta l’Europa.

 

La prima lente ci permette di capire la ragione per cui Matteo Salvini bluffa quando dice che ieri la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha riconosciuto la bontà della politica dei porti chiusi del governo. La storia è nota: nei giorni scorsi alcuni richiedenti asilo avevano fatto ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo per chiedere all’Italia di farli sbarcare. Ieri la Corte ha detto di non aver ravvisato l’esistenza di un rischio estremo e irreparabile, presupposto per accogliere richieste di provvedimenti urgenti, ma ha affermato che il governo deve fornire “tutta l’assistenza necessaria” alle persone a bordo in condizioni di difficoltà, ricordando che il diritto marittimo obbliga le imbarcazioni a fare quello che il ministro dell’Interno non sta permettendo di fare da dodici giorni: far raggiungere il porto sicuro più vicino a chi soccorre persone in mare.

 

Sull’immigrazione, lo sappiamo, la propaganda di Salvini è funzionale a dimostrare che il modo più corretto per gestire l’immigrazione è disincentivarla, non governarla, ma in questo caso la propaganda, oltre che essere controproducente per le ragioni che vedremo tra poche righe, dimostra di essere crudele – negli ultimi giorni diversi sindaci tedeschi hanno mostrato la propria disponibilità ad accogliere i richiedenti asilo rimasti a bordo della nave e l’Italia in questo caso non dovrebbe fare altro che far avvicinare la Sea Watch al porto sicuro più vicino e inviare i quarantadue, dicasi quarantadue, migranti nelle città disposte ad accoglierli. Le elezioni sono però vicine e tenere in ostaggio quarantadue – dicasi quarantadue – migranti in mare, per Salvini, ha lo stesso valore di un comizio: serve a conquistare voti.

 

La terza lente ci consente di mettere a fuoco un problema che non riguarda il caso Sea Watch 3 ma che riguarda il caso di alcuni sbarchi importanti che hanno fatto meno rumore del caso dellaong. Pochi giorni fa un video girato da un velivolo di Frontex ha mostrato il trasbordo di 81 migranti da una nave madre, un peschereccio, a un’imbarcazione più piccola, arrivata poi a Lampedusa. La presenza di una nave madre a poche miglia dalle coste italiane è una novità significativa che indica un fenomeno rilevante. Fino a qualche mese fa, le navi degli scafisti intercettate in mare erano perlopiù navi molto piccole. Da quando il governo italiano ha accettato di smantellare il sistema di ricerca e salvataggio che ha permesso negli ultimi anni all’Italia di governare i flussi senza chiudere i porti, gli scafisti sono tornati a usare imbarcazioni più pesanti (la Guardia costiera italiana di fatto non opera più nel Mediterraneo centrale, la missione Themis gestita da Frontex è stata smantellata, la missione Sophia, coordinata dall’Unione europea, esiste ancora ma è l’unico caso di missione navale che decide di presidiare il mare senza avere più navi in mare, le ong piuttosto che essere alleate dei governi sono diventate dei nemici e gli unici che operano nel Mediterraneo sono gli agenti della Guardia costiera libica, che oltre a dover far fronte a carenze di esperienza e di risorse devono far fronte a una Libia destabilizzata e sull’orlo costante di una guerra civile). E nel corso dell’estate non sarà difficile correre il rischio di rivedere scene come quelle che nel 2014 portarono l’Italia a varare “Mare Nostrum”: pescherecci con centinaia di migranti che mettendo a rischio la vita di centinaia di persone decidono di affrontare lunghi e pericolosissimi viaggi per arrivare in Italia.

 

La quarta lente di ingrandimento riguarda infine l’Europa di Emmanuel Macron e Angela Merkel che non ha colpe sul caso della Sea Watch 3 ma che avrebbe un modo semplice per dimostrare di non essere ipnotizzata dai nazionalpopulisti: portare al prossimo Consiglio europeo la modifica del trattato di Dublino e dimostrare che chi non vuole risolvere i problemi dell’immigrazione non è il fronte europeista ma un altro: quello di chi ha trasformato l’Europa in un alibi per nascondere nel migliore dei casi la propria incapacità e nel peggiore dei casi la propria crudeltà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.