Matteo Salvini (foto LaPresse)

Esegesi di una diretta del Truce

Giuliano Ferrara

Su Sea Watch il fantasma che Salvini agita è di quelli persuasivi, ma i fantasmi sono persuasivi quando arrivano nel buio della notte

Non guardo mai, per non intristirmi, le dirette del Truce. Ieri, mentre la Sea Watch violava le acque territoriali italiane e si dirigeva verso Lampedusa dopo 14 giorni di blocco allo sbarco dei naufraghi, ieri l’ho guardata. Era il primo pomeriggio. Faceva un gran caldo. Le ultime notizie social del ministro, bestia nera dei radical chic, erano un’intervista qualsiasi in mutande e un video molto particolare in cui metteva lo smalto con le sue manone alle manine delicate della fidanzata. Insomma, cose un po’ così.

  

  

Ma la diretta contro Sea Watch mi ha fatto impressione. Sono abbastanza vecchio per trovare suggestione in un ministro dell’Interno pronto a dislocare la forza pubblica contro lo sbarco di un gruppo di naufraghi da parte di una nave-soccorso internazionale, specie se è condito di insulti verso il comandante, “una sbruffoncella”, di espressioni solidamente scurrili, “mi sono rotto le palle”, indirizzate per di più a un governo straniero, quello di Amsterdam, il paese presso i cui registri la nave-soccorso è iscritta, di minacce varie all’Unione europea e ai partner dell’Italia, partner ovvero più che alleati, almeno in teoria, riferimenti alla sacralità delle frontiere che nemmeno nell’agosto del 1914 uscivano con tanta enfasi dai comunicati delle cancellerie pronte alla guerra, e mi ha particolarmente colpito l’agilità instagrammatica con cui il Truce ha saltabeccato dalla sicurezza degli italiani, che lui drammaticamente difende, alle tasse, che lui vuole abbassare contro l’Europa responsabile della situazione economica penosa del paese in cui viviamo, e altre efficaci e spavalde e ribalde trucidezze, con il contorno dell’attacco ai preti, ai vescovi e agli intellettuali e cantanti mobilitati per l’umanitarismo, il tutto in un particolare contesto politico generalmente conosciuto, governo indebolito, ondata di consenso a destra, liti farraginose a sinistra, opposizione languente.

 

Trovare tutto questo suggestivo, e attribuirmi la suggestione in ragione della mia età, è un modo per non dire, il che sarebbe noioso, che la diretta era allarmante o inquietante. Poi ho pensato: mah, forse andrà a finire come è già successo altre volte, stavolta in più con una multa di cinquantamila euro e con il sequestro di una nave sottoposto poi ai ricorsi e magari a decisioni liberatorie di autorità terze, che interpretano la legge, anche i decreti sicurezza di nuovo conio, in modo autonomo dal potere pro tempore. In più ci sarà solo l’esibizione precaria di una forza pubblica schierata a difesa dell’intangibilità delle frontiere, sul molo di un porto chiuso che nei casi di urgenza e soccorso invece è e non può non essere aperto, ma alla fine la forza sovrana dovrà piegarsi a far scendere i naufraghi o profughi e a incanalarli verso paesi ed enti di assistenza e soccorso che intendono prenderli in carico, poi si vedrà. Forse, vista la conflittualità interna al governo e alla maggioranza del contratto, tutto si risolverà in un gioco di provocazioni, e il ministro della Difesa vorrà dire la sua sull’uso della forza in fatto di diritto del mare, forse il capo dello stato agirà con la sua solita discrezione, ma dispiegando influenza, per un finale non grandguignolesco della faccenda.

 

E’ certo un braccio di ferro, in uno schema politico da Prima Repubblica di cui il capo leghista è il truce erede, il solito leader rampante che usa le istituzioni e le politiche e i valori per aumentare il consenso facendo la spola tra il suo ruolo di governo e quello di opposizione, tutto è lecito, mica siamo un paese serio o serioso, siamo fantasiosi, abbiamo lo stellone, e possiamo permetterci governi che non governano e leader di governo che fanno opposizione, ora anche dal Viminale, provocando e incentivando la tensione civile nel piccolo cabotaggio della concorrenza di partito (una volta anche di corrente). D’altra parte il Truce queste cose le ha viste fare a Trump, che se ne frega degli annegati ecuadoriani nel Rio Grande, papà e bambino abbracciati in una stessa maglietta e annegati e spiaggiati a pancia in giù, che volete che gliene fotta se un peschereccio ha appena pescato in una rete al largo di Sciacca l’ennesimo cadavere di un annegato, la morte per acqua di un emigrante trasformato in pesce. Al Truce “basta che funzioni”, è un nichilista come Woody Allen, un relativista assoluto, ma con i soldi, la forza pubblica e l’autorità che noi gli abbiamo conferito con il voto, il che complica un po’ le cose. 

 

Il fantasma che il Truce agita è di quelli persuasivi, i fantasmi sono persuasivi quando arrivano nel buio della notte. Sea Watch è una nave nemica, pagata da Soros, che lavora per le élite europee anti italiane, che si fa complice dei trafficanti di carne umana, un’accolita di cannibali del mare da dissuadere e stroncare se si avvicina al sacro confine della Patria. Che le cose non stiano così è appena ovvio: risucchiati dal buco nero dell’Africa in decine di migliaia si trovano a vivere la segregazione di un paese afflitto da una guerra tribale, alcuni, pochi tra loro si gettano in mare come possono, favoriti dai passeur, ché nella miseria del mondo si trovano sempre i più miserabili che la sfruttano, e a quel punto mentre stanno per annegare nel Canale di Sicilia trovano la salvezza in vecchie barche di vecchie società di assistenza e soccorso che in nome di ideali umanitari lavorano per evitare tragedie. Bisogna risolvere quel problema, punto. E non si può farlo altro che con la politica di una grande nazione che conosce la sacralità dei propri confini con la stessa coscienza con cui conosce la sacralità dei naufraghi. Bisogna, come si è cominciato a fare da qualche anno, redistribuire il carico di responsabilità e di cura, cercare di arginare il fenomeno alla fonte, e non c’è alternativa, magari anche alzando la voce, magari impegnando strumenti istituzionali leciti per conseguire l’obiettivo, magari contando su una forza legittimata che annulli il flusso, che trovi il modo sotto l’egida europea o delle Nazioni Unite di bloccare le partenze senza riconsegnare gli immigrati a condizioni bestiali, subumane di detenzione. Ma questo vuol significare alla fine la dissipazione del fantasma, il suo scioglimento nella razionalità del decidere e della politica, non è facile di questi tempi fare di nuovo una campagna elettorale senza fantasmi, mentre l’impressione, suggestiva parecchio, è che di quel fantasma ideologico il Truce abbia deciso di vivere, e rischi in esso anche di prosperare. La diretta è stata disperatamente istruttiva.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.