Luigi Di Maio ospite della trasmissione Bersaglio Mobile. Foto LaPresse

Gigi la frottola smonta la balla del grillismo moderato

Luciano Capone

Le frottole di Di Maio in tv spiegano perché il M5s non è cambiato. Manuale anti bufale

Roma. Saranno forse la cravatta e il viso pulito al posto della felpa e della barba del Truce. Sarà che Salvini dai conduttori che non gli vanno a genio – tipo Fabio Fazio o Corrado Formigli – non ci va e le domande non se le fa fare. O sarà che è talmente grande il desiderio di vedere un’opposizione alla Lega che si finisce per credere che la favola del M5s “moderato” corrisponda alla realtà. Sta di fatto che nelle interviste Luigi Di Maio, con quella sua aria da “responsabile”, dice un sacco di bugie e generalmente la fa franca: i presenti in studio gli credono (o fanno finta di credergli).

  

E’ successo anche a “Piazzapulita”, dove Formigli, che ha comunque incalzato il vicepremier, ha ricordato molte marachelle di Di Maio, a partire dal caso Siri. Dite che è bancarottiere, ma “l’avete proposto in alternativa a Savona come ministro dell’Economia”. Non è vero, risponde con una fulminea bugia Di Maio: “L’unica alternativa che proponemmo al presidente della Repubblica fu l’attuale ministro Tria”. 

  

Formigli si fida della risposta del vicepremier, ma ricordava bene. Era stato proprio il capo politico del M5s, subito dopo aver annunciato l’impeachment nei confronti del presidente Sergio Mattarella, a dichiarare in un’intervista a Barbara D’Urso di aver proposto Armando Siri a Via XX Settembre: “Non andava bene nessuno che fosse come Savona – disse Di Maio il 28 maggio del 2019 a “Pomeriggio 5” –. Io personalmente avevo fatto arrivare anche dei nomi alternativi a Savona, per esempio nomi come Bagnai e Siri. Mi è stato detto che non andavano bene, perché nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Europa. Mi è stato detto: non vanno bene perché le agenzie di rating, perché le banche europee o perché la Germania non li gradisce”. Non sappiamo se davvero dobbiamo ringraziare le agenzie di rating, la Germania e il presidente Mattarella per non avere Siri al Tesoro – non tanto per l’indagine, ma per le idee strambe di finanza pubblica molto più pericolose per il paese dei suoi rapporti con Arata – ma di certo o Di Maio mentiva allora, o mente adesso. Quella versione, peraltro, all’epoca smentita dal Quirinale, veniva ribadita negli stessi termini da Alessandro Di Battista: “Ho visto Luigi Di Maio – disse il giorno successivo a “Otto e mezzo” di Lilli Gruber, il 29 maggio, l’eroe dei due mondi – e la prima cosa che mi ha detto è stata la seguente: con Salvini abbiamo concordato l’ipotesi di avanzare durante un incontro informale con il presidente Mattarella altri nomi, e i due nomi sono quelli di Bagnai e Siri. Se il Quirinale ha smentito, il Quirinale mente. Credo fermamente in quel che mi ha detto Luigi Di Maio”, diceva Dibba. Non siamo in grado di dire se il vicepremier abbia detto una bugia adesso a Formigli o all’epoca a Dibba e alla D’Urso, ma una cosa è certa: è un mentitore.

  

E che questa sia una dote naturale del capo politico del M5s si vede quando, pochi minuti dopo, si parla di Inps. “Avete massacrato Tito Boeri perché dicevate che era del Pd e poi ci avete messo Pasquale Tridico, che viene dal M5s”, dice Formigli. “Io non ho mai chiesto le dimissioni di Boeri”, risponde immediatamente con un’altra bugia Di Maio. Ora, forse non sarebbe neppure il caso di ricordare le ridicole frasi sulla “manina” e le infami accuse di tradimento rivolte all’ex presidente dell’Inps, che sono anche più gravi della richiesta di dimissioni soprattutto perché infondate (anche in quel caso, come Dibba, il presidente della Camera Roberto Fico in maniera davvero poco istituzionale a proposito di un ipotetico “complotto” di Boeri diceva “se Luigi ha detto così io ci credo”). Ma il 20 luglio 2018 il ministro del Lavoro chiese proprio le dimissioni dell’economista della Bocconi: “Io non ho il potere di rimuovere Boeri. Più che dire che si dovrebbe dimettere non possiamo fare”. E oltre a lui, a stretto giro, si espresse allo stesso modo il capogruppo alla Camera del M5s Francesco D’Uva: “Per quanto ci riguarda Boeri si deve dimettere”.

   

Ma non finisce qui, perché dopo un paio di secondi Di Maio – che i tarantini, dopo la delusione per le promesse tradite sull’Ilva, hanno ribattezzato “Gigi la frottola” – ne spara un’altra. “Però è ingiusto e anche un po’ barbaro dire a uno che fa un’obiezione: ‘Candidati’”, dice Formigli. “Io non l’ho mai detto”, risponde Di Maio. Basta andare indietro al 9 ottobre 2018, al tempo delle audizioni parlamentari, per trovare l’invito a candidarsi rivolto alla Banca d’Italia che aveva quantificato i costi di una manovra “scassabilancio”: “Se Bankitalia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni”, twittava il bis-ministro.

   

Gigi la frottola se la cava sempre così, con bugie infantili ma efficaci. Nessuno affonda il colpo, forse perché alla fin fine è confortante pensare che nel governo ci sia un “moderato” a frenare gli estremismi di Salvini, anche se poi questo moderato è lo stesso che appena può va a incontrare i gilet gialli golpisti o vuole mettere alla sbarra il Capo dello stato. E questo lo abbiamo visto durante questa campagna elettorale europea. Più volte Di Maio ha attaccato Salvini per la sua deriva a destra: “Mi preoccupa che la Lega si alleerà con forze che addirittura negano l’Olocausto”, ha detto riferendosi ad Alternative für Deutschland. La cosa è davvero preoccupante, ma nessuno ha detto a Di Maio che attualmente chi è alleato in Europa con i negazionisti di AfD è proprio il M5s. E non è l’unica compagnia di giro estremista frequentata dai grillini: il gruppo Efdd è capitanato dall’Ukip della Brexit e da tanti partitini di estrema destra, inclusi quelli alleati in Italia con Forza nuova (fa sorridere, anche per queste frequentazioni, la svolta “partigiana” del M5s).

   

Dopo l’intervista a Di Maio, a “Piazzapulita” è entrato Roberto Maroni (perché Salvini si sottrae al confronto) e, parlando del rischio estremismo, sono state mandate in onda le immagini della marcia che ogni anno riunisce l’ultradestra europea a Varsavia in Polonia. Ma più che a Maroni, quelle immagini dovevano essere mostrate a Di Maio: il M5s si è alleato in Europa con Pawel Kukiz che per anni è stato l’organizzatore della “Marcia dell’Indipendenza” e con il suo movimento ha portato i neofascisti in Parlamento. Peccato nessuno gli abbia chiesto nulla a riguardo, chissà che frottola avrebbe raccontato il “moderato” Gigi.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali