Vito Bardi e Matteo Salvini. Foto LaPresse

“L'allunaggio” di Vito Bardi in Lucania felix

Marianna Rizzini

Chi è l’ex generale che parla come Salvini, nuovo governatore di centrodestra in Basilicata 

Roma. Con sguardo un po’ incredulo e un po’ stralunato, il vincitore delle elezioni lucane, l’ex generale della Guardia di finanza Vito Bardi, eletto per il centrodestra con il 42 per cento, fa capolino da uno dei video immediatamente successivi alla proclamazione dei risultati: c’è una sala con un tavolo, qualche bicchiere e una luce rosa-azzurrognola che fa sembrare quella che si presume sia la sede del comitato elettorale un luogo indefinito – a metà tra la discoteca per le feste dei diciotto anni e la sala da ballo di Cenerentola. Sorride, il generale che ha tolto alla Basilicata felix, in una notte, il sogno consolatorio, in tempi di governi gialloverdi e valanghe populiste italiane ed estere, di poter essere per sempre la terra “coast to coast” del film di (e con) Rocco Papaleo: cioè il palcoscenico naturale per scorribande culturali e politiche di sinistra punto e basta, fin dall’iconografia (d’altronde la sinistra in Basilicata non perdeva da 24 anni). E invece ieri sera ci si ritrovava lì a rimirare dai teleschermi l’ex generale che diceva quello che sempre si dice quando si vince: “Abbiamo scritto la storia…”, e però lo diceva dall’altra parte della barricata rispetto ai vincitori degli ultimi decenni. Intanto qualcuno gli offriva da bere, e qualcun altro gli chiedeva qualcosa della giunta, e lui pareva di nuovo scendere da un altro pianeta: “Mi chiedete già cose di lavoro?”.

   

   

La scena amplificava l’effetto straniamento (“nei collegamenti esterni degli speciali sulla Basilicata c’è un ritorno come ai tempi dell’allunaggio”, commentava a un certo punto su Twitter @nomfup-Filippo Sensi, deputato pd ed ex portavoce degli ex premier Matteo Renzi e Paolo Gentiloni). Poi Bardi si diceva emozionato per il risultato, prometteva di mettere al primo punto dell’agenda “il lavoro” e sottolineava l’esistenza, nella regione, dell’alleanza che a livello nazionale non è (ancora o per ora?) cosa fatta: “Chiamerò Berlusconi, Salvini e Meloni per una grande festa e li ringrazio per aver determinato un quadro politico diverso alla volta del cambiamento in Basilicata”, diceva l’uomo che così aveva motivato la sua candidatura: “Quando mi è stato chiesto di ridare alla mia terra quello che mi ha dato in termini di crescita e formazione, candidandomi a presidente della regione, ho risposto nell’unico modo che potessi: presente” (e “presente” è stato infatti il suo slogan). A quel punto c’era chi cercava, a ritroso, il punto esatto in cui collocare il primo contatto con il Cav. che l’aveva scelto (Repubblica, per esempio, metteva Bardi in collegamento con il periodo in cui scoppiò il caso Tarantini, come persona a cui i magistrati di Lecce chiesero informazioni). C’era chi ne sottolineava il profilo di militare insignito di molte onorificenze, lungo una carriera quasi quarantennale, con quattro lauree all’attivo e due archiviazioni nel cassetto (dopo essere stato per due volte indagato per favoreggiamento dal pm Henry John Woodcock – cosa che non è capitata, peraltro, soltanto a lui). E anche se è Silvio Berlusconi, per così dire, il suo creatore politico, Bardi, in campagna elettorale, ha spesso parlato come Salvini quando Salvini va alla conquista del sud: parole simili sulla sicurezza, sulla legalità, sulle istituzioni, sull’occupazione, sull’immigrazione (Bardi, per esempio, dice che lo spopolamento si contrasta con il lavoro e “non con gli stranieri”, anche se lo dice con parole meno tranchant di quelle usate dal ministro dell’Interno). E doveva ricredersi amaramente chi, dal nord e dal centro, aveva pensato fino a quel momento alla Basilicata come alla “No Man’s Land” incontaminata dove girare a piedi, a cavallo e con gli strumenti musicali in saccoccia – una sorta di terra franca immune dal vento verde (più che gialloverde): è arrivato Bardi, ex generale che sta ultimando il trasferimento di residenza (nato a Potenza, ha vissuto a lungo a Napoli), e che promette alla sua regione “di farsi sentire presto a Roma”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.