Matteo Salvini (foto LaPresse)

Conte e il M5s lanciano un salvagente per Salvini sul caso Diciotti

David Allegranti

La memoria difensiva del ministro dell’Interno è stata consegnata alla giunta delle immunità del Senato. Toninelli e Di Maio “dichiarano che le decisioni assunte sono frutto di una condivisione politica”: se tutti sono colpevoli, non lo è nessuno

Roma. Il plico sulla Diciotti – con la memoria difensiva del ministro dell’Interno Matteo Salvini e gli allegati del governo – è stato consegnato stamattina ai membri della giunta delle immunità del Senato, che deve decidere se autorizzare il processo a carico del capo della Lega oppure no. Di fatto è una corrispondenza fra Salvini, Giuseppe Conte e i ministri Luigi Di Maio e Danilo Toninelli nella quale viene ribadita che la gestione della nave Diciotti è stata collegiale di tutto il governo. “Lo Stato Italiano (pur intervenendo in via sostitutiva salvando i migranti da un naufragio certo e garantendo ogni pieno livello di assistenza ai migranti stessi) ha portato all’attenzione dei partner europei le problematiche della vicenda per una pronta ed immediata soluzione della questione legittimamente attendendo la risoluzione della controversia internazionale non potendosi pretendere che fosse l’Italia ad accollarsi in via esclusiva la gestione dei migranti salvati in luogo di Malta”, scrive Salvini. “Questo nel legittimo esercizio della propria sovranità e nel quadro di parità e pieno rispetto dei principi di solidarietà insiti nel substrato dei rapporti di cooperazione tra i Paesi membri dell’Unione Europea”.

 

Salvini continua dicendo che “l’azione attuativa dell’indirizzo governativo […] già di per sé stessa costituisce perseguimento di un preminente interesse pubblico”. Interesse rappresentato dalla salvaguardia “dell’ordine e della sicurezza pubblica, che sarebbero messe a repentaglio da un indiscriminato accesso nel territorio dello Stato, così come indicato” dal premier. Peccato che sul documento il presidente del Consiglio sia stato indicato come “A. Conte”. Errore successivamente corretto inserendo a mano una G. (d’altronde un conto è Giuseppe Conte, un altro conto è il più noto Antonio Conte).

 

   

Insomma, la linea del ministro dell’Interno nonché capo della Lega è chiara. Così come è chiara quella di Conte, secondo cui “le azioni poste in essere dal ministro dell’Interno si pongono […] in attuazione di un indirizzo politico-istituzionale, che il governo da me presieduto ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento”. Di questo indirizzo, scrive Conte in un documento allegato alla memoria difensiva di Salvini, “così come della politica generale del Governo, non posso non ritenermi responsabile”.

  

E i colleghi del M5s? Anche loro hanno scritto una memoria, ben più striminzita, il cui senso politico sta nelle ultime righe: “Il governo italiano, senza mai rinunciare alla solidarietà e all’accoglienza e assicurando il pieno rispetto dei diritti umani ed in primis del diritto alla salute, è quindi riuscito ad ottenere, coinvolgendo Paesi terzi, un’assunzione di responsabilità nella gestione dei flussi migratori”. In questa fase, Di Maio e Toninelli “hanno condiviso le modalità delle operazioni di salvataggio, sempre garantendo il rispetto delle condizioni di salute ed assicurando che non mancasse cibo, acqua e cure ai migranti presenti sulla nave in questione”. Insomma l’azione del governo “nella gestione delle operazioni di salvataggio” della nave Diciotti e “le decisioni del ministro dell’Interno ad essa relative sono […] da imputarsi collegialmente in campo anche ai sottoscritti”. Alla luce di questo, Toninelli e Di Maio “dichiarano che le decisioni assunte in merito alla vicenda in oggetto sono state frutto di una condivisione politica quanto alla gestione delle operazioni di salvataggio dei migranti” a bordo della nave Diciotti. Come a dire: se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.