Marcello Minenna (foto LaPresse)

“Di Maio, io non capitolo, e con Savona vi suicidate”. Lo sfogo di Minenna

Valerio Valentini

Il Cdm promuove il ministro per gli Affari europei. Ma molti grillini sono scettici: “E’ un nome come tanti altri”

Roma. A mezzogiorno e venti, mentre il Consiglio di ministri è riunito per dare il via libera alla nomina di Paolo Savona come presidente di Consob, Marcello Minenna passeggia nervosamente sui sampietrini di piazza del Collegio romano. “Vi state mettendo in un vicolo cieco”, si sfoga al telefono, incurante del cronista che casualmente gli è accanto, lui che per quattro mesi è stato il candidato principale per quella poltrona. “Io ve lo dico: vi state suicidando, con Savona”, ribadisce al suo interlocutore. Poi, in un crescendo di frustrazione, lo sbotto: “Di Maio ha voluto sapere se io capitolavo. Ma io non capitolo. E poi anche Fraccaro era perplesso, mi ha detto Morra”, sentenzia alludendo al presidente della commissione Antimafia che fino all’ultimo ha tentato di ostacolare, via Twitter e non solo, il trasloco del ministro per gli Affari europei alla presidenza dell’Authority di vigilanza sulla Borsa.

 

E insomma, se lo stato maggiore del M5s era in attesa di un segnale di cedimento, da parte dell’ex assessore al Bilancio della giunta Raggi, è rimasto deluso. Minenna non desiste, anzi. Il piano elaborato dal sottosegretario Stefano Buffagni, regista occulto dell’operazione che porterebbe Savona al vertice di Consob, non lo convince. Né può soddisfarlo quel ruolo di segretario generale dell’Authority che gli è stato offerto come ricompensa. “L’ho già spiegato anche a Carla”, insiste, riferendosi presumibilmente alla Ruocco, la deputata a cui è legato da una lunga consuetudine e che più di tutti continua a battersi per lui. Neanche lei, del resto, si è data per vinta, e lo dimostrerà nelle prossime settimane, quando la commissione Finanze di cui lei è presidente alla Camera – insieme a quella del Senato dove siede, tra gli altri, Elio Lannutti, altro irriducibile sostenitore di Minenna – sarà chiamata a dare un parere sulla nomina. 

 

Un giudizio puramente consultivo, ma comunque delicato. E forse anche per questo le mosse della Ruocco, in questi giorni, vengono osservate con l’occhio attento e diffidente degli alleati leghisti, oltreché dai fedelissimi di Di Maio, che già per due volte si sono visti tendere delle imboscate proprio in commissione: l’ultimo agguato, quello su Banca Carige raccontato dal Foglio giovedì scorso, è stato definitivamente sventato ieri, negli stessi minuti in cui da Palazzo Chigi veniva avviato l’iter per la nomina di Savona. “Non sei sola, in questa battaglia”, le hanno fatto sapere ieri alcuni parlamentari grillini, assai scettici sull’opportunità di assegnare un nuovo ruolo al ministro sardo.

 

“Non mi sembra ci sia ancora nulla di definitivo, quello di Savona è uno dei vari nomi che si fanno”, ci dice, come a volere contraddire la convinzione ormai diffusa, il deputato Raffaele Trano, capogruppo del M5s in commissione Finanze. “Ci vorrà ancora del tempo, si sa che in politica – aggiunge – c’è una certa volatilità delle cose. Attendiamo sviluppi più concreti, prima di potere giudicare”. Neppure Raphael Raduzzi, suo collega, mostra entusiasmo. “E’ una persona che ha dei pro, e a cui d’altronde abbiamo espresso la nostra fiducia come ministro”, è il massimo che gli riesce di dire a proposito di Savona. E non è solo una questione di cavilli giuridici. La legge Madia, certo, la legge Frattini: tutte norme che rendono dubbio il passaggio del ministro agli Affari europei, pensionato 82enne, dal Cdm alla poltrona più importante di una Authority, per ricoprire un incarico che ha, formalmente, una durata di sette anni. Ma soprattutto c’è il garbuglio Euklid: il fondo speculativo anglolussemburghese di cui Savona è stato presidente fino al maggio scorso, su cui ora si ritroverebbe a esercitare la vigilanza come capo di Consob senza che siano passati i due anni di quiescenza previsti dalla legge.

 

C’è tutto questo, ovviamente, ma c’è anche dell’altro: ed è un qualcosa che ha a che fare con gli equilibri interni e le intestine fratture del M5s. Lo si capisce dall’imbarazzo con cui Alessio Villarosa, pure lui estimatore di Minenna, reagisce se lo si interroga sulle trattative in corso. I deputati del M5s della commissione Affari europei hanno appena fatto ufficialmente “un sincero in bocca al lupo per il nuovo incarico come presidente della Consob” a Savona, e il sottosegretario all’Economia grillino, mentre attraversa il Transatlantico, liquida chi lo esorta a un commento con un laconico “evitiamo”, prima d’infilare il corridoio fumatori, con l’aria di chi non considera ancora del tutto chiusa la partita. “Chiusa? E’ chiusa solo all’ottanta per cento”, diceva d’altronde lo stesso Minenna, in tarda mattinata, passeggiando per piazza del Collegio romano. E non era affatto rassegnato.