L'ex ministro Paola Savona, attuale presidente in pectore della Consob (foto LaPresse)

Fronda contro Savona

Valerio Valentini

All’Anac arriva un esposto filo Minenna contro il presidente in pectore di Consob. Faide grilline. Giochi riaperti?

Marcello Minenna lo aveva annunciato, che non si sarebbe dato per vinto. “Di Maio ha voluto sapere se io capitolavo. Ma io non capitolo affatto”, ribadiva il 5 febbraio scorso, negli stessi minuti in cui il Consiglio dei ministri avviava la procedura di nomina di Paolo Savona alla presidenza di Consob, carica per la quale l’ex assessore al Bilancio della giunta Raggi era formalmente, da mesi, il candidato unico. E quello che sembrava uno sfogo di frustrazione, un avvertimento un po’ velleitario, ha assunto però una consistenza più concreta pochi giorni fa, quando tra alcuni esponenti di governo del M5s è cominciato a circolare un esposto presentato all’Anac.

 

Si tratta di un documento inviato il 15 febbraio scorso all’Autorità nazionale anticorruzione, in cui si contestava che “la nomina del ministro Savona a presidente della Consob potrebbe essere avvenuta in violazione di alcuni princìpi di legge”. L’obiezione riguarda il fatto che nei due anni precedenti alla sua nomina alla guida della commissione di Vigilanza sulla Borsa il ministro per gli Affari europei è stato amministratore del fondo d’investimento Euklid – lo è stato fino al maggio 2018 – che risulta controllato dalla Consob stessa. Ed è per questo che si chiede all’Anac di aprire una “specifica istruttoria al fine di valutare eventuali violazioni della normativa ed adottare le sanzioni di competenza”.

 

Ciò che più ha colpito alcuni esponenti del M5s, però, è stata la firma in calce all’esposto: quella, cioè, di Giuseppe Bivona, fondatore di una società di consulenza finanziaria con sede a Londra e, soprattutto, uno dei più ferventi estimatori di Minenna. Ne apprezza a tal punto le qualità che il 10 luglio scorso inviò una lettera al ministro dell’Economia Tria per caldeggiare la promozione dell’economista barese a direttore generale del Mef: una scelta che Bivona riteneva di gran lunga preferibile a quella, poi adottata da Tria, di affidare quell’incarico ad Alessandro Rivera. Bivona, però, non desistette dalla sua opera di raccomandazione. E anzi, il 20 gennaio scorso decise di puntare ancora più in alto, indirizzando una sua lettera al capo dello stato. Una lettera ironica, in cui l’analista finanziario si diceva preoccupato per la possibile imminente nomina di Minenna alla presidenza di Consob: se ciò accadesse, scriveva Bivona a Mattarella, “si creerebbe un pericoloso precedente ovvero la nomina a capo di un’authority di una persona al contempo competente, indipendente, autorevole ed onesta”.

 

Un tentativo, insomma, di sponsorizzare la promozione di Minenna ai vertici della commissione, che era esattamente l’obiettivo che, in quelle stesse settimane e con sempre più caparbietà, si prefiggeva anche una parte del M5s, e in primo luogo la presidente della commissione Finanze, Carla Ruocco. D’altronde, che la deputata grillina conoscesse e stimasse Bivona era cosa nota. Non a caso, insieme ai colleghi Alessio Villarosa e Carlo Sibilia, ne richiese l’audizione, nella scorsa legislatura nella commissione d’inchiesta sulle banche; non a caso, nel settembre del 2015 proprio Ruocco e Villarosa, attuale sottosegretario al Mef, organizzarono a Montecitorio una conferenza sui derivati finanziari alla quale parteciparono, tra gli altri, Bivona e Minenna.

 

Per questo, forse, nessuno si sorprese più di tanto quando, sul finire di gennaio, si registrò uno strano coordinamento tra le denunce fatte da Bivona e quelle rilanciate da importanti parlamentari del M5s che sponsorizzavano Minenna alla presidenza di Consob. Il 25 gennaio, infatti, Bivona scriveva all’Authority una lunga lettera in cui evidenziava un potenziale conflitto d’interessi in capo ad Anna Genovese, presidente vicario della commissione rimasta da settembre priva della guida di Mario Nava; e nelle stesse ore, alcuni deputati e senatori grillini rilanciavano sui social le medesime accuse. E’ insomma anche per questo se, ora, vari esponenti di governo del M5s ritengono “chiaro” che l’invio dell’esposto all’Anac da parte di Bivona sulla presunta incompatibilità di Savona sia “una cosa premeditata”. Nelle prossime settimane, infatti, il ministro per gli Affari europei dovrà essere audito dalla commissione Finanze della Camera, presieduta dalla Ruocco, che dovrà esprimere un parere consultivo sulla sua promozione. E il rischio che questo esposto venga utilizzato come pietra dello scandalo da parte di qualche grillino viene ritenuto assai alto. “E’ chiaro che una convergenza, su questo, è possibile”, dice peraltro Massimo Ungaro, del Pd, che ricorda come anche il suo gruppo sia pronto a sollevare varie obiezioni a Savona. “Che molti, nel M5s, non siano felici di questa nomina è chiaro. Noi – aggiunge – nelle faide interne dei grillini non entriamo, ma nel merito siamo pronti a contestare l’opportunità di questa nomina”.

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