Foto LaPresse

Le mosse di Ruocco per Minenna mandano in crisi il governo su Consob

Valerio Valentini

La presidente della commissione Finanze mette in imbarazzo Di Maio. Salvini si gode l’autolesionismo del M5s

Roma. A metà mattina, l’ira di Luigi Di Maio è tale che i suoi fedelissimi vagliano perfino le ipotesi più estreme: “Ma non la possiamo sfiduciare?”. Ce l’hanno con Carla Ruocco, che intanto, via Facebook, lascia intendere di avere fiutato l’aria: “Ogni mattina in Africa non importa che tu sia un leone o una gazzella, l’importante è che cominci a correre”, scrive. Ha capito, forse, che la giornata di caccia s’è aperta, e che la preda è lei. Solo che no, sfiduciarla non si può: i presidenti di commissione sono intoccabili, a meno che non si dimettano di propria volontà. “E allora facciamola dimettere”, si scrivono in chat ministri e sottosegretari grillini, “così la smette di fare la fenomena”. Basterebbe anche solo che la smettesse, in verità, di mettere in imbarazzo, lei insieme ai suoi parlamentari di riferimento, l’intero governo su una questione che le sta troppo a cuore: la presidenza della Consob. Lei, al posto che era di Mario Nava, vuole Marcello Minenna, a cui è legata una famigliarità eccessiva a giudizio di Laura Castelli, che qualche settimana fa s’è sfogata con un parlamentare d’opposizione: “Possibile che non riesca a capire che il suo atteggiamento è del tutto inopportuno?”. No, la Ruocco non lo capisce. E così negli ultimi giorni, in un atto di ritorsione scomposto, forse proprio per l’eccessiva affezione alla causa, ha mandato in crisi lo stato maggiore del suo Movimento.

  

E’ successo infatti che, martedì pomeriggio, l’intera pattuglia grillina della commissione Finanze ha depositato un’“interrogazione a risposta immediata al presidente del Consiglio dei ministri”. Primo firmatario, il capogruppo Raffaele Trano, insieme a tutti i componenti grillini della Finanze e con l’aggiunta di Nunzio Angiola. Tutti compatti – tutti tranne la presidente che “evidentemente sapeva di essere in conflitto d’interessi”, maligneranno poi i deputati del M5s – nel chiedere al governo “se intenda predisporre tutte le opportune iniziative volte ad approvare nel prossimo Consiglio dei ministri di giovedì 17 gennaio 2019 la delibera di nomina del presidente della Consob”. Una domanda che però è velenosa, dato che sottende una critica aspra all’attendismo di Giuseppe Conte.

  

Nell’interrogazione, infatti, si legge: “Dal maggio 2018 a oggi i mercati finanziari nazionali hanno perso circa 40 miliardi di euro di capitalizzazione, lo spread Btp/Bund ha superato i 320 punti base nel mese di dicembre 2018 [...]. Il comparto bancario ha subìto le maggiori perdite anche a causa della stretta correlazione tra spread, regole contabili e quotazione di mercato”. E poi vengono citate le sofferenze di Carige e di Mps, e poi quelle di Ubi Banca e Banco Bpm. E poi, ancora, la “cronica instabilità dei mercati finanziari nazionali” rispetto a cui “non si esclude un ulteriore peggioramento. D’altro canto – ecco la stoccata al governo – l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari è priva di presidente dal settembre 2018”. Insomma: cosa aspetta Palazzo Chigi a formalizzare la nomina di Minenna, aggirando magari le note riserve del Quirinale sul profilo dell’ex assessore al Bilancio della giunta Raggi, più volte intervenuto a sostegno del “piano B” per l’uscita dall’euro? A leggere quelle frasi, martedì, lo stupore è stato forte, tra i grillini della Finanze. “Ma Carla – racconta uno di loro – ci ha garantito che era stato Di Maio a volere quell’interrogazione”. E così l’iter è proseguito. Testo depositato, interrogazione confermata. “Sì, alle 14 era fissata la commissione. C’era stato detto che, a rispondere su Consob, sarebbe venuto il sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa, in rappresentanza del governo”. E però, quando la notizia giunge a Di Maio, il vicepremier s’infuria. Si confronta con Via XX Settembre, chiede spiegazioni. E non le trova. E allora, mercoledì, ecco che pretende il ritiro dell’interrogazione, subito esaudito, nel mentre che anche i grillini della Finanze realizzano l’inganno di cui sono stati vittime: “Ci ha usati”, dicono loro. Usati per provare, contro ogni ragionevole speranza, a mettere Conte con le spalle al muro pur di ottenere l’apoteosi di Minenna, quella per la quale la Ruocco – e insieme a lei molti esponenti del M5s a lei vicini: da Roberta Lombardi a Marta Grande, fino al neo presidente dell’Antimafia Nicola Morra – si spendono, su Twitter e non solo, da ormai quattro mesi. Tra tutti, però, il più devoto alla causa è Elio Lannutti, senatore grillino che ieri è arrivato ad attaccare il premier Conte, descrivendolo come “l’uomo di Verdini”. Poi ha fatto scomposte allusioni ad Anna Genovese, attuale presidente vicario di Consob “pregno di conflitti di interessi con lo studio legale Zoppini”. Quello, cioè, di Andrea Zoppini, stimato avvocato, per anni consigliere giuridico di Palazzo Chigi e Banca d’Italia e già sottosegretario alla giustizia nel governo Monti, e però ritenuto da alcuni grillini troppo in continuità con alcuni esponenti di vecchi governi a guida Pd. Conte è vicino a Verdini e Renzi, insomma: e perciò non vuole Minenna. Questa, in sintesi, la tesi di Lannutti. Nel M5s nessuno si dissocia dalle scombiccherate accuse del presidente di Adusbef. Tria, allora, in audizione alla Camera, in una risata tra l’imbarazzato e il divertito, spiega a chi lo interroga che “le regole dicono che la scelta del presidente di Consob avviene su proposta del presidente del Consiglio, e poi la nomina spetta al Capo dello Stato”. Un modo per sgravarsi di responsabilità che, nel M5s, qualcuno vorrebbe fare ricadere anche su di lui. Salvini, intanto, si gode la crisi di nervi dei suoi alleati: “L’accordo sul nome di Minenna c’è. Ma la questione non è all’ordine del giorno”. Nel Cdm del pomeriggio, d’altronde, ci sono da approvare quota cento e reddito di cittadinanza. Un assist a Di Maio, quello del ministro dell’Interno? Macché. Nel Carroccio sanno che per Minenna la partita è dura: “La contrarietà del Colle rimane”, spiegano. E del resto una buona parte del M5s continua a dubitare dell’economista barese. “Si stanno facendo male da soli, i grillini”, spiega un uomo di governo della Lega. “Si schianteranno da soli”. Meglio restare a guardare: sai che spasso.

Di più su questi argomenti: