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Il cortocircuito di governo innescato dalla richiesta a procedere contro Salvini

Claudio Cerasa

Come si comporteranno ora i campioni dell’anticasta che erano soliti trattare come un eroe ogni magistrato all’attacco del politico potente? L’importanza della separazione dei poteri

Più che un’indagine, un cortocircuito perfetto. Giovedì pomeriggio, il tribunale dei ministri di Catania, contraddicendo una richiesta di archiviazione per lo stesso caso fatta mesi fa dalla procura di Catania, ha chiesto a sorpresa l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per la famosa vicenda dei migranti tenuti a lungo in ostaggio, a metà dello scorso agosto, a bordo della nave militare Diciotti, e il tribunale l’ha concessa confermando una serie di accuse da far tremare i candidi polsi dei professionisti del moralismo.

 

Salvini è accusato “di sequestro di persona aggravato per avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale di soccorso Diciotti della Guardia costiera italiana”.

 

In particolare, scrivono i giudici, “Salvini, nella sua qualità di ministro, violando le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali, bloccava la procedura di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche a bordo della nave. Fatto aggravato dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti di minore età”.

 

La storia dell’autorizzazione a procedere contro Salvini offre molti spunti di riflessione, ma quello più interessante e più spassoso riguarda la presenza sulla scena politica di un formidabile cortocircuito con cui dovranno fare i conti nel giro di poche settimane gli allegri populisti nemici delle élite e campioni dell’anticasta che negli ultimi anni hanno educato il proprio popolo a una serie di atteggiamenti naturali: trattare come un eroe ogni magistrato all’attacco del politico potente e come un furfante ogni politico potente finito nella rete di un’indagine.

 

Solo nel 2015, la Lega e il M5s, quando il Senato salvò dall’arresto un ex senatore di Ncd, Antonio Azzollini, poi scagionato da ogni accusa, accusarono la vecchia maggioranza di ogni nefandezza: “Il Pd – disse Di Maio – ha salvato il senatore Azzollini: mi fanno davvero schifo!”. “Il Senato – disse Salvini – ha salvato il senatore Azzollini e il Pd ha calato le braghe per salvare le loro poltrone, che pena”. E così – oggi che un potente politico si ritrova indagato – è evidente che il M5s e la Lega, per essere coerenti con le fregnacce insegnate ai propri elettori, non avrebbero altra scelta se non votare per evitare che un potente la possa fare franca.

 

Probabilmente nulla di tutto questo accadrà – anche se i numeri per la maggioranza nella giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato non sono semplici, su ventitré membri il M5s ne ha sette, la Lega quattro. E alla fine il cortocircuito dei populisti anticasta potrebbe portare a un risultato magnifico: costringere i professionisti del moralismo ad ammettere: (a) che il mestiere del politico non è un mestiere come gli altri, (b) che la separazione dei poteri è un principio sacrosanto, (c) che una democrazia che trasforma i magistrati negli unici depositari della verità di un paese tende a somigliare a un regime totalitario e che (d) in politica i privilegi e le immunità non sono un oltraggio contro il popolo ma, come disse Nilde Iotti in un formidabile discorso tenuto a Londra nel 1982, sono dei cuscinetti necessari per tutelare l’indipendenza, da qualsiasi ingerenza, di un organo che è la massima espressione democratica della sovranità: il Parlamento.

 

Ci sarebbe un gran gusto a far provare ai campioni del moralismo lo stesso veleno moralista con cui hanno avvelenato i pozzi del nostro paese. Ma se Salvini verrà salvato dalla giunta la buona notizia non sarà tanto il salvataggio di Salvini ma la necessità per i campioni dell’anticasta di riconoscere che l’antipolitica, in fondo, è solo una boiata pazzesca.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.