Maurizio Martina (foto LaPresse)

passeggiate romane

Tregua nel Pd su Martina segretario. La resa dei conti è rimandata

Redazione

All'assemblea di sabato prossimo il segretario sarà rieletto, ma Zingaretti ha ottenuto un'importante concessione: il congresso si farà prima delle elezioni europee

Nel Partito democratico regna (per così dire) la pace. Infatti è stato trovato, come è stato scritto anche qui, un accordo per eleggere Maurizio Martina segretario all’assemblea di sabato prossimo. Niente liti, niente drammi plateali il 7 luglio. Ma le cose in realtà non sono così pacifiche come sembra. Nel pacchetto del compromesso raggiunto rientra infatti anche la data del congresso. Ossia la decisione di farlo prima della tornata delle Europee. Era la richiesta di Nicola Zingaretti, per evitare ulteriori slittamenti, perché il giochetto dei renziani era quello di posporre le assise nazionali a dopo le elezioni regionali dell’Emilia Romagna che si terranno nell’ottobre del prossimo anno. Il governatore del Lazio, pur avendo pubblicamente detto che si fida di Martina, in realtà è sulle spine. Se infatti all’Assemblea nazionale non verrà detto con chiarezza quando si aprirà la fase congressuale e quando si chiuderà, l’iter resterà incerto. E su questo punto in realtà non è stata fatta ancora chiarezza. Goffredo Bettini, che di Zingaretti è lo spin doctor, non si fida affatto dei suoi compagni di partito. Teme che una volta eletto Martina in assemblea, sul congresso prossimo venturo venga fatta una cortina fumogena che consenta a ognuno di interpretare come meglio crede il calendario per le tappe successive. Per questa ragione i sostenitori di Zingaretti chiedono che il 7 luglio, all’Ergife, venga annunciata (e scritta nero su bianco) se non la data del Congresso almeno la tempistica. Insomma, che sia detto senza pericolo di equivoci che le assise si terranno prima delle Europee.

 

Nel frattempo Leu ha smentito il proprio appoggio alle primarie del Pd a Zingaretti. Una precisazione d’obbligo dal momento in cui quella formazione è spaccata tra chi (Laura Boldrini per esempio) vorrebbe che la sinistra si mettesse tutta insieme e chi, invece, come Nicola Fratoianni fa resistenza all’idea di andare a braccetto con il Pd. Comunque la precisazione di Leu non ha di certo amareggiato Zingaretti. Anzi. Il governatore del Lazio è infatti convinto che schiacciare la sua immagine a sinistra sarebbe un errore esiziale. Non vuole passare come colui che ha risolto la scissione, né tantomeno come colui che ha messo in piedi i Ds di nuova generazione. Si rende conto che così avrebbe pochi margini di manovra e si condannerebbe a un ruolo politicamente marginale, anche guadagnando qualche punto percentuale in più.

 

In questo scenario Carlo Calenda si sente più a disagio. L’ex ministro dello Sviluppo economico ha preso la tessera del Pd solo qualche mese fa, dopo la sconfitta elettorale, ma adesso è pronto a restituire quella tessera e, come dice lui, a “seguire la mia strada”. Del resto, qualche tempo fa Matteo Renzi, con cui i rapporti sono altalenanti, gli aveva consigliato di dare vita a una formazione di centro invece di buttarsi nella contesa dentro il Pd. Calenda non aveva seguito quel suggerimento, ma, a quanto pare, ci ha ripensato.