La mosca cocchiera

Giuliano Ferrara

Il nostro trasversalismo corsaro e delle idee. Spiegato al cretino collettivo stupito del manifesto di Calenda

Il Foglio è sempre stato una mosca cocchiera, di quelle che ronzano intorno al cavallo, perdente o vincente non importava. Ha cercato di imprimere trasversalismo al suo berlusconismo frondista delle origini, tendenza Veronica; è stato largo di consigli per la ricostruzione di un’alternanza con due soggetti in campo, e pubblicò il manifesto di Salvati per la nascita di un Partito democratico; ha coltivato per primo l’idea di una vocazione maggioritaria, e maggioritaria era il termine chiave, a parte la vocazione, rispettando e criticando il nostro caro W; ha sempre sostenuto chiunque ambisse e per qualsiasi motivo civile a ridimensionare lo strapotere dei crusading prosecutors della nostra mutua giudiziaria nazionale; ha svolazzato intorno al Vaticano di John Paul II e Joseph Ratzinger (di cui annunciò l’elezione al Soglio di Pietro), quando sembrava che i cattolici avessero qualcosa da dire e contraddire anche ai laici, per esempio in tema di aborto, di bioetica, di difesa del matrimonio dall’eguagliamento dell’amore (il “famolo strano” delle nozze gay prima di Zapatero e poi di tutti gli altri); ha convocato una manifestazione nazionale di solidarietà con gli americani dopo l’11 settembre, visto che gli unici cortei erano quelli a protezione di Bin Laden in Afghanistan (indimenticabili le performance video di Sophia Loren e in carne di Fabrizio Del Noce, osservate dal Foglio compatto ai tavolini del caffè Rosati in Piazza del popolo); ha sostenuto l’occupazione armata della Cisgiordania da parte di Ariel Sharon, quando il terrorismo falcidiava le feste del Bar Mitzvah negli alberghi di Gerusalemme e Tel Aviv, con il giorno per Israele sfilando dal Campidoglio per via del Foro Olitorio fino alla Sinagoga; ha fatto i suoi strappi in difesa delle minoranze cristiane oppresse in medio oriente, in aperta ostilità all’islamismo politico e terroristico-jihadista; ha combattuto il politicamente corretto delle origini, prima che diventasse una clava in mano a bifolchi di successo; ha appoggiato la staffetta Berlusconi-Renzi e il progetto di un partito della nazione guidato da un leader con idee mercatiste e liberali, capaci di superare finalmente il Jobs Act di Giacomo Brodolini e della Cgil di Cofferati; ha fatto l’endorsement per D’Alema al Quirinale, quando sembrava possibile un anticipo del Patto del Nazareno, e questo ovviamente è imperdonabile; ha sempre sostenuto le riforme istituzionali e costituzionali da dovunque provenissero, e un certo grado di disintermediazione, compreso il governo tecnocratico di Monti che ha dato una mano seria per evitare l’affondamento dell’euro e il ritorno alla liretta; ha applaudito e applaude Tsipras, quali che debbano essere in futuro le sue fortune o sfortune elettorali, quando Alexis mandò a quel paese il simpatico bullo della dracma, Varoufakis; ha preso posizione e si è battuto in tanti altri campi per cose e cosette di un certo rilievo, e quando un presidente francese sorrise del presidente del Consiglio malmenandolo, si è proteso vero Palazzo Farnese, che per fortuna è l’ambasciata di Francia ben tenuta e conservata dalla République, rovinando una festicciuola in corso con un comiziaccio: indimenticabili le tirate “contro i bond grechi detenuti dalle banche francesi” (proto: tenere grechi) della favolosa Santanché.

 

Insomma, per onorare i contributi pubblici, che da anni sono una piccola mancia irrisoria, il Foglio fu giornale di stato e di politica, oltre che di cultura e di società civile, niente girotondi, ma molto impegno talvolta civile talvolta incivile, come oggi che qualcuno di noi grida, vox clamantis in deserto: Cagoja! Non ci siamo mai lasciati impressionare dal fascismo, nemmeno quando era un revulsivo utile a certi estremismi e correttismi, figuriamoci dall’antifascismo, che fino a ieri era inutile proclamare a ogni angolo di strada, e oggi torna utile con quei fighissimi di Lifeline, con i loro anelli al naso, molto Zingaretti direbbe Marcenaro, e gli applausi di Pozzallo, che meraviglioso paese del sud.

 

Il cretino collettivo dunque si è stupito che Carlo Calenda, ministro con i baffi, abbia pubblicato nel Foglio un suo manifesto politico per la rigenerazione dell’opposizione, anche il compianto Mario Pirani si era adontato per il manifesto di Salvati nel Fogliuzzo. Vabbè, d’accordo, non lo faremo più. Onoreremo la nostra nuova situazione editoriale e civile e politica spegnendo la voce della mosca, il fastidioso zzzzzzz dell’insetto stercorario, ma up to a point, con qualsiasi direttore, con qualsiasi editore, con qualsiasi lettore, e speriamo che restino pochi e buonissimi, il Foglio è l’opposto dei giornali di antipolitica, di anticasta, di antipensiero, che gridano e strepitano a sinistra per ritrovarsi con la destra più ambigua, fradicia, fragile e inetta del mondo, la quale naturalmente (la tiritera è già cominciata) sta realizzando grandissimi risultati per il ricompattamento dell’Europa contro l’invasione dei negher, questa l’avevamo già sentita, noi che siamo per il controllo ordinato dell’immigrazione a porti aperti e trattati rispettati finché sono in vigore, con orgoglio da giornale costiero, anzi da guardia costiera (Pettorino, l’ammiraglio lontano dalla Ruspa, uomo di salvataggi, di gòmene e di attracchi, sarebbe un degnissimo successore di Cerasa, per dire).

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.