Viktor Orban (foto LaPresse)

Il sovranismo che vuole uccidere l'Europa

Claudio Cerasa

Sulle frontiere, la partita vale più dell’euro. Il governo deve respingere non i barconi, o Macron, ma i nemici dell’Italia

O di qua o di là. Per uno strano scherzo del destino, il mini summit sull’immigrazione convocato domenica prossima a Bruxelles dalla Commissione europea potrebbe diventare un’occasione straordinaria per permettere a Luigi Di Maio, a Matteo Salvini e a Giuseppe Conte di capire, in modo informale, discreto, senza doverlo raccontare ai propri follower, quello che finora il governo italiano non sembra aver capito: portare avanti in Europa un’alleanza con i nemici dell’Italia non è solo una pazzia strategica ma è il modo migliore per non fare gli interessi del nostro paese. L’occasione in questione è legata non allo stralcio della bozza d’accordo sui “secondary movement” che avrebbe dovuto essere discussa domenica a Bruxelles e che aveva portato il governo italiano a minacciare la non partecipazione al vertice (ieri Angela Merkel ha detto che è stato un malinteso e che la bozza non verrà discussa e forse prima o poi qualcuno dovrà segnalare ai nuovi inquilini di Palazzo Chigi che per comunicare con i leader stranieri, oltre a Facebook, esistono anche i telefoni).

 

L’occasione è legata a un aspetto più importante, che coincide con il profilo dei paesi che ieri hanno comunicato di aver preso la stessa decisione che mercoledì stava per prendere l’Italia: disertare il vertice di domenica. I quattro paesi che non parteciperanno al summit sono i paesi di Visegrad. E una delle ragioni per cui Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia non hanno intenzione di lavorare insieme a Germania, Francia, Spagna e Italia per cominciare a costruire un accordo capace di certificare che le frontiere dei paesi più esposti all’immigrazione sono le frontiere dell’intera Europa, e non solo le frontiere di quei paesi, è che i paesi di Visegrad hanno scelto ormai da tempo di sabotare ogni tentativo dell’Unione di essere più solidale con gli stati più colpiti dall’immigrazione. Essere più solidali significa riformare il regolamento di Dublino per imporre un nuovo principio di responsabilità che non valga solo per chi salva vite in mare (il trattato impone ai migranti di presentare la richiesta di protezione nel primo paese in cui arrivano) e significa lavorare affinché vi sia una redistribuzione di migranti e di profughi legata a un sistema di quote costruito su un modello sempre meno volontario e sempre più vincolante (dal 2015 a oggi, il programma studiato dalla Commissione europea per trasferire alcune categorie di richiedenti asilo da Italia e Grecia verso altri paesi dell’Unione è stato rispettato da Ungheria, Slovacchia, Danimarca, Repubblica ceca e Polonia con le seguenti modalità: in tre anni, il numero di richiedenti accolti dall’Italia è stato pari a zero).

 

L’occasione che domenica prossima avrà il governo italiano è dunque semplice. E’ l’occasione per capire che l’unico modo che ha il nostro paese per evitare che la strategia salviniana sia pericolosa non solo per i migranti che si avvicinano all’Italia ma anche per tutti coloro che vivono in Italia è rendersi conto che chi vuole trasformare il nostro paese nell’imbuto dell’immigrazione, lavorando sottotraccia per tornare ai confini precedenti a Schengen, non deve essere coccolato come se fosse un amico da sostenere: deve essere trattato come un nemico da combattere. Vale per il quadrilatero di Visegrad ma vale anche per il ministro dell’Interno tedesco Seehofer, amicone di Salvini ma sostenitore, come sa bene Angela Merkel, della necessità di respingere alla frontiera i richiedenti asilo entrati nell’Ue da un altro stato membro. E se il premier e i vicepremier avranno la pazienza di ragionare sull’immigrazione, non per guadagnare like ma per guadagnare credibilità, non potranno non capire un punto semplice. L’Italia non ha bisogno di fare sceneggiate in Europa, ma ha bisogno di fare l’opposto di quello che sta facendo oggi. Non litigare, ma negoziare. Non strillare, ma ragionare. Non boicottare, ma rendersi conto che la geografia dell’Italia non si può cancellare, che l’immigrazione non si può bloccare e che minacciare di chiudere le frontiere per un paese che ha le frontiere in mare significa rassegnarsi a fare il gioco dei nostri nemici europei, molti dei quali non vedono l’ora di chiudere ogni frontiera per trasformare l’Italia nel campo profughi del continente. E’ probabile che il summit di domenica non permetta di fare passi in avanti nella costruzione di un’Europa più solidale. Ma l’Italia sovranista mai come oggi dovrebbe rendersi conto che se sul tema dell’immigrazione l’unico paese che in Europa non può permettersi di essere sovranista quel paese è proprio l’Italia. “In questi tempi difficili che viviamo – ha detto ieri il presidente francese Emmanuel Macron – vi chiedo di non cedere il vostro amore per l’Europa. Ve lo dico con grande serietà. Molti la detestano, ma la detestano da molto tempo, e li vedete crescere, come una lebbra, un po’ ovunque in Europa, in paesi in cui pensavamo che fosse impossibile vederla ricomparire”. Visto dalla Francia, il sovranismo è una lebbra che minaccia l’Europa.

 

Visto dall’Italia, il sovranismo è una lebbra che non minaccia solo l’Europa ma minaccia prima di tutto l’Italia. E’ anche per questo che il governo anti europeista italiano avrebbe la necessità di diventare con urgenza non un amico dei suoi nemici, ma un nemico degli anti europeisti che quando giocano con gli interessi dell’Europa stanno giocando semplicemente con gli interessi dell’Italia. Sarebbe bello che lo ricordasse il presidente del Consiglio. Sarebbe giusto che lo ricordasse non solo il presidente della Repubblica francese ma anche quello italiano. Sui migranti, e sulle frontiere, si gioca una partita che vale forse persino più dell’euro.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.