Geert Wilders, Marine Le Pen e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Perché non siamo alla vigilia di una "internazionale" sovranista

Redazione

Nell'affermazione generale degli interessi nazionali l'Italia rischia di rimanere schiacciata

Alle critiche sull’isolamento al quale si espone l’Italia adottando una politica sovranista, si risponde sottolineando come da altri paesi importanti, a cominciare dall’America di Donald Trump, arrivano attestati di stima e di solidarietà. In effetti in molti paesi la risposta alla crisi è andata nella direzione di una affermazione elementare degli interessi nazionali, che è stata il motore della insofferenza britannica per l’Unione europea, il collante delle pulsioni dell’Europa orientale orchestrate più o meno esplicitamente dalla élite bavarese. A ben guardare anche altri protagonisti della politica globale tendono a un ruolo egemonico basato sull’affermazione del ruolo specifico della nazione: si può intravvedere questa trama anche nelle affermazioni liberistiche a senso unico della Cina o all’europeismo un po' napoleonico della Francia di Emmanuel Macron.

 

Il fatto che, seppure in forme assai articolate e spesso contraddittorie, il sovranismo si sia diffuso rapidamente come tratto essenziale di questa fase politica, non significa però che si sia alla vigilia di una “internazionale” sovranista. I sovranismi tendono a esaltare gli aspetti più peculiari e spesso più superficiali degli interessi nazionali letti al di fuori e al di sopra della logica delle relazioni internazionali basate sulla composizione degli interessi divergenti. Ognuno ha un obiettivo specifico, che appare convergente con quelli altrui finché viene enunciato e strillato nell’agitazione politica e nell’opposizione allo stato di cose presente. Quando diventa l’ossatura di una politica di governo fa emergere le differenze e le contraddizioni con gli altri sovranismi.

 

Se l’America ha scelto di liberarsi degli impegni che le derivavano dalla guida del fronte antisovietico, privilegiando una visione piuttosto miope del mercato internazionale, questo la mette in contrasto con gli interessi europei e cinesi altrettanto corposi. Se i bavaresi vogliono farla finita con l’egemonia di Angela Merkel in Germania, non per questo rinunciano all’egemonismo tedesco in Europa. In questo mare in tempesta, l’Italia per la verità non per responsabilità precipua dei suoi governanti ma per la sua collocazione geografica e per la sua struttura economica, rischia di finire schiacciata tra i sovranismi altrui, che non la aiuteranno a internazionalizzare il problema delle migrazioni e che possono invece indebolire un’economia che si regge soprattutto sulle esportazioni, anche a causa della debolezza del mercato interno.          

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