Pierfrancesco Maran (foto LaPresse)

Una sinistra 2030

Maurizio Crippa

“A Milano stiamo pensando al futuro. Perché non deve farlo l’Italia?”. Il che fare di Pierfrancesco Maran

Milano. No, è fuori argomento. Niente da aggiungere sull’episodio, sarebbe stupido farne una bandiera politica. Dell’episodio su cui l’assessore milanese Pierfrancesco Maran non ha giustamente voluto commentare una sillaba, resta soltanto, a mo’ di metafora politica, quel “qua non funziona così”, nel senso di un invito a come possa e debba essere, la politica. L’assessore all’Urbanistica, Verde e Agricoltura della giunta di Beppe Sala preferisce partire da altro: “Ad esempio dal nuovo Piano regolatore generale da poco presentato”, che nelle intenzioni è lo strumento per ricucire e connettere un’area metropolitana enorme, a partire dalle periferie. “Potremmo anche dire che Milano può andare avanti bene per conto suo per altri dieci anni, invece ci siamo rimessi in gioco, e pensiamo alla Milano del 2030. Allora dico: è mai possibile che la politica non riesca a elaborare un’idea per l’Italia del 2030? Che stiamo qui a parlare di qualche barcone? Credo che la prima cosa da fare per la sinistra e per l’opposizione sia di ridisegnare una distanza con il governo giallo-verde”. 

 

Segnare la distanza dal governo vuol dire per prima cosa ricominciare a farsi capire dagli elettori, no, smascherando le pericolose semplificazioni che il “contratto” ha presentato come sogni a portata di mano. “Certamente. Con l’esperienza di Renzi abbiamo fatto passi in questa direzione, la comunicazione di ciò che si voleva e poteva realizzare. Ma poi un po’ ci siamo fatti schiacciare dalla logica dei bonus, dal day by day… Dobbiamo recuperare la capacità di spiegare, per fare un esempio milanese, che le grandi rivoluzioni come la riqualificazione degli scali ferroviari, o delle periferie, hanno bisogno di tempo, di lavoro, la politica deve dare un indirizzo ma la gente deve sapere che i frutti si vedono nel tempo. Invece il populismo propone solo scorciatoie. Soprattutto oggi che tutti sembrano vivere nella propria bolla, di quelli che la pensano come te. Bisogna uscire dal circolo stretto che si autoalimenta”.

 

Prendiamo la vicenda dei rider, un problema che esiste, ed è anche molto milanese, perché è un fenomeno di nuovo lavoro che riguarda soprattutto le aree metropolitane. Il governo ne sta facendo un bandiera. “Il problema c’è eccome. Ma appunto: la strada per affrontarlo può essere quella di tornare ai vecchi contratti, al lavoro dipendente? O dobbiamo avere la capacità di intervenire favorendo economia e lavoro, e spiegare che il problema non è solo dei rider, sono le nuove forme di tutela da elaborare, e i salari bassi, in generale, per tutti i giovani? Faccio un altro esempio: noi sappiamo che la maggioranza dei giovani under 30 non vuole il reddito di cittadinanza per essere lasciato lì dov’è senza alternative, vuole lavoro e opportunità. O ancora, pensiamo ancora al 2030, in chiave milanese ma con un suggerimento che vale per tutti: non sappiamo che Milano ha una popolazione under 35 in aumento, perché è tornata attrattiva. Allora pensare in avanti vuol dire pensare a case in affitto, a uno sviluppo urbanistico e dei mezzi e dei servizi adeguato. Perché non può essere così in tutto il paese?”.

 

Progetto di lunga durata, l’Italia del 2030. “Sì, ma non credo che Milano e l’Italia non siano poi troppo diverse, qui abbiamo certo alcuni vantaggi strutturali, ma l’obiettivo deve essere unico: la politica deve aiutare nei vari contesti la libertà delle imprese, e la libertà di costruire economia, e il ruolo dei corpi intermedi, le categorie, le associazioni”. Portare avanti le idee della sinistra nel contesto attuale, secondo Maran, vuol dire anche essere netti: “Non mi piace l’atteggiamento di dire ‘li aspettiamo al varco, tanto non saranno in grado di realizzare i punti salienti del loro programma’, come dire se invece riescono bene… No, noi dobbiamo dire che siamo contro il loro programma perché è sbagliato: perché crediamo nella libertà d’impresa, nelle libertà e nei diritti, e crediamo che questo serva all’Italia. Questo è l’esempio che possiamo dare, anche facendo buona amministrazione”.

 

Un altro aspetto potrebbe essere provare a far passare nel paese l’idea che per crescere, e per battere la corruzione, occorre più trasparenza e meno burocrazia, ad esempio negli appalti, nel rapporto tra la decisione politica e l’impresa. Invece il populismo riesce a dire soltanto che vanno raddoppiati i controlli, triplicati gli organismi… “La vedo così. E’ certo che non basta aumentare le regole. Servono regole chiare e stabili. Ma ad esempio io non vorrei che fosse smantellato il codice degli appalti, che ormai ha tre anni e inizia solo ora ad essere recepito. Non credo si debba ripartire da zero”. C’è un rapporto di fiducia con i cittadini da recuperare, come fare a rompere il pregiudizio per il quale se si fa una cosa è perché e qualcuno… “Prendiamo le Olimpiadi. L’atteggiamento mentale e politico con cui a Milano stiamo affrontando, se ci sarà l’occasione, una candidatura: è una opportunità, è una cosa che si può fare, che si può vincere. Dobbiamo ricordare all’Italia che dall’Autostrada del sole, alla Tav, all’Expo le cose sono state fatte e bene. Poi, ovviamente, servono gli strumenti per garantire la correttezza, il rispetto delle regole. Ma devono essere strumenti che rendono più facili le decisioni e le realizzazioni, non il contrario”. Bene assessore Maran, lei è anche un politico del Pd. Indichi due punti per un’agenda 2030 della sinistra per tutta l’Italia. “Bisogna proseguire la crescita, e puntare soprattutto alla creazione di più posti di lavoro per i giovani, affrontando il tema delle retribuzioni. La seconda cosa è continuare a lavorare per i diritti individuali e collettivi. Perché questo è il modello di società in cui crediamo, la “sinistra 2030”.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"