Matteo Salvini e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

La sinistra grillina contro Giggino. “Esulta pure, ma ha vinto Salvini”

Valerio Valentini

Aquarius e le proteste interne. Il senatore M5s Ferrara: “Copiamo gli slogan della Lega. Ma gli italiani votano l’originale”

Roma. Che non basti il lieto fine a dissipare la tensione accumulata per un’intera giornata lo dimostrano i messaggi che, nel tardo pomeriggio, alcuni dei parlamentari più fedeli alla linea dettata dai vertici del M5s ricevono dai colleghi incattiviti: “Esultate pure, ma questa non è la nostra vittoria”. Del resto Pedro Sánchez ha da pochi minuti annunciato che il porto di Valencia è pronto ad accogliere la nave Aquarius, quando il neo senatore campano Gianluca Ferrara, saggista “eretico” che vanta prefazioni ai suoi libri firmate da Beppe Grillo e Ferdinando Imposimato (insomma un punto di riferimento per tanti “ortodossi” a cinque stelle), risponde al telefono e spiega che no, “l’Italia non può restare lo zimbello d’Europa sulla questione della migrazione” – fenomeno, a suo dire, “pianificato dalle élite transnazionali” – ma che “neppure si può giocare sulla pelle di 600 poveracci”. Subito dopo arriva il collega Matteo Mantero, grillino di sinistra, che su Facebook, tra un lapsus e un refuso, esterna tutta la sua irritazione: “Per fortuna la Spagna ci toglie d’impiccio (sic!) ma il problema va affrontato e non raggirato (sic!!)”, e poi prosegue prendendosela col “nuovo ministro dell’Interno” e le sue “scorciatoie propagandistiche”.

  

Come a dire che lo scontro è ancora aperto. Al punto che i pretoriani di Roberto Fico, un po’ imbarazzati nel ricevere per ore telefonate di lamentele, alla fine suggeriscono ai colleghi dolenti di “farsi sentire anche da Luigi”, cioè Di Maio, “e da chi gli sta intorno”. E allora ecco i messaggi di protesta: “Non mi sembra ci sia granché da festeggiare”. Il vincitore di giornata, ovviamente, per tutti è Matteo Salvini. “Noi – dicono i grillini recalcitranti – semplicemente gli siamo andati dietro”. “Alle copie – spiega Ferrara, da par suo – si preferisce sempre l’originale: per cui meglio non metterci a scimmiottare gli slogan leghisti”. E così sul banco degli imputati ci finisce Danilo Toninelli, apparso quantomeno succube rispetto al segretario del Carroccio (“ma del resto Danilo un po’ leghista lo è sempre stato”, sentenzia un senatore pentastellato); ed è inevitabile che ci finisca pure il capo politico del M5s. Il quale, però, prima si eclissa dietro le sue nuove responsabilità di ministro, poi su Facebook rivendica un successo come fosse il suo: “Da oggi l’Italia non è più sola”, festeggia. Quanto al premier, Giuseppe Conte è ad Amatrice “e non sono qui per parlare d’altro”, dice in mattinata, salvo poi concedersi a una dichiarazione per “ringraziare le autorità spagnole, nonché i ministri Toninelli e Salvini”. Ed è logico, allora, che proprio il leader leghista, parlando in conferenza stampa sotto l’insegna “Salvini premier”, sia quello che meno sembra appagato (“abbiamo segnato un punto a nostro favore, ma non è la fine di nulla”), e anzi rilanci: d’altronde “un’altra nave di una ong si trova al largo della Libia in attesa del suo ricco carico di esseri umani”, ed è bene che si adegui al nuovo corso italico. Salvini sa bene, del resto, che sui diritti civili può fare deflagrare le divisioni interne al M5s, e spingere Di Maio a posizioni che molti dei suoi considererebbero “troppo di destra”. Ma à la guerre comme à la guerre, ovviamente: per cui “se quello”, cioè Salvini, “spinge sull’acceleratore, guarda caso poche ore dopo che il ministro dell’Economia ha tirato il freno a mano, noi – spiega un deputato vicino a Di Maio – non possiamo mica farci prendere dalla paura della velocità”. Sarà, eppure è bastato che Salvini azzardasse la sua prima provocazione da titolare del Viminale perché il M5s andasse in subbuglio. E così il sindaco grillino Filippo Nogarin alle 10.20 annuncia su Facebook che la sua Livorno è pronta ad accogliere l’Aquarius, e alle 11.20 rimuove il post (“su indicazione dei vertici del M5s, non della Casaleggio”, s’affrettano a precisare, bontà loro, i pentastellati in terra di Toscana), balbettando poi che quelle parole “rappresentavano la mia posizione personale”, ma potevano “essere di danneggiamento” al governo, per cui meglio rimuoverle. Ma in fondo anche nelle altre città amministrate dal M5s la polemica s’infervora: a Roma, dove a delusione si somma delusione (quella per la disfatta alle amministrative nella Capitale e dintorni) e le chat di portavoce e attivisti ribollono, e a Torino, dove la fronda dei ribelli in Sala Rossa si esprime con la sobrietà del consigliere comunale Damiano Carretto (“Solo un imbecille potrebbe pensare che per contrastare l’immigrazione si debba contrastare i migranti mettendone anche a rischio la vita”) e con l’ironia della sua collega in regione, Francesca Frediani, che da No Tav incallita commenta così: “Speravo in uno stop a un treno, non a una nave”. Ma la frustrazione è tanta anche tra le truppe parlamentari, nonostante Fico, sempre abile a creare grandi aspettative intorno alle sue presunte insofferenze, alla fine si limiti di nuovo a esibire il suo silenzio, e poco più. “Non vuole esasperare le tensioni”, dice chi ci ha parlato, “ché del resto non conviene”. Non ora, almeno. 

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