Migranti tratti in soccorso dalla MV Aquarius di MSF al largo della Libia (foto LaPresse)

I porti non si chiudono al soccorso per alcun motivo al mondo

Giuliano Ferrara

Salvini ha vinto con il vangelo della vergogna ma ha mostrato un’idea di Italia da respingere a tutti i costi

Salvini ha vinto. Il fatto di aver previsto quello che avrebbe fatto venerdì scorso qui, e che avrebbe vinto, e che c’è una razionalità realista nel suo agire, non rende meno spregevole e sconfortante l’atto di chiudere i porti, almeno dal mio punto di vista fondamentalista: le frontiere sono importanti, il controllo dell’immigrazione è importante, il diritto del mare è assoluto, non importante, assoluto. La vittoria di Salvini è presto detta. E’ con lui l’opinione stralunata della maggioranza di un paese con pochi immigrati, sbarchi ridotti del 75 per cento dall’amministrazione di Minniti (Pd), un paese umanista e cristiano e cosmopolita che si ritrova come scriveva Victor Serge “a mezzanotte del secolo”, e per la seconda volta da un secolo all’altro, un’opinione costruita da quelle bestiole dell’informazione andante e dai mostri del web. Se non arrivano, non partono. Se non arrivano, siamo più sicuri. Padroni a casa nostra. Prima gli italiani. Sono nelle mani di trafficanti di esseri umani, strappiamoglieli anche se il costo sia ridurli a oggetti smarriti nell’acqua. L’immigrazione è un business regolato per loschi interessi da quelli delle coop e delle ong, protetti dagli umanitari di Capalbio e dalla plutodemocrazia giudaica dei sorosiani, nuova categoria politologica molto vecchia e antisemita. C’è un dettaglio decisivo: i porti non si chiudono al soccorso per alcun motivo al mondo. Punto. Salvini ha vinto, brandendo il vangelo della vergogna e della propaganda, il dogma del soccorso ha perso, e pensare che è un semplice codice etico. Attuare le quote di ripartizione in Europa, quelle che gli alleati di Salvini (ungheresi e polacchi) rifiutano categoricamente, e con questi mezzi, ecco, è una vittoria di Pirro. Sanchez ha fatto il giusto, salvando il salvabile e la decenza, Salvini il torto, compromettendo l’Italia in una figura di merda da tutti rispettosamente omaggiata. Non c’è molto altro da dire.

 

Non ci sono le condizioni per una battaglia di arresto del peggio, forse. L’Italia che non è con loro ha paura della schiacciante maggioranza, nonostante Brescia e Ivrea e Trapani e i municipi di Roma la bella governata da bestie, non ha leader, non ha idee, aspetta che come dice Panebianco si butti la zavorra, che si individuino le contraddizioni nel fronte avversario, teme che sulla sicurezza le prenderemo sempre finché non saremo capaci di imitarli, si predicano attesa e realismo, chi è aggressivo è debole, distinguere e non cadere nelle trappole, pronti, figuriamoci, sull’attenti di fronte al nulla metodologico, ma non c’entra la destra o la sinistra, quando si parla del diritto del mare, c’entra la consapevolezza contro la demagogia, c’entra una base minima di civiltà contro la brutalità del vaffanculo e della ruspa, c’entra il fatto che non c’è alcuna differenza antropologica, non c’è alcun disprezzo morale, non c’è almeno da parte mia umanitarismo radical chic, ma c’è una radicale differenza tra la loro morale e la nostra, siamo tutti noi invischiati in questa deriva e in questa pena, ma loro sono loro e sono pessimi, bisogna cacciarli dal governo e bisogna che il popolo, chi disse popolo disse mille volte uno pazzo, come scriveva Guicciardini, sappia che una minoranza, non intransigente, non sprezzante, non arrogante, ma sicura del fatto suo, semplicemente non ci sta.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.