Perché la cura Di Maio-Salvini può aggravare i veri problemi dell'Italia

Claudio Cerasa

L’Italia reale non è quella percepita. Dalla giustizia, alla produttività, passando per la burocrazia ecco le emergenze che devono essere risolte

Le elezioni dei presidenti di Camera e Senato, se mai fosse ancora necessario ricordarlo, ci hanno confermato che per il Movimento 5 stelle e la Lega di Salvini – e in parte anche per la Forza Italia del, per i grillini, non più impresentabile Cav. – la possibilità di trovare dei punti di incontro per provare a formare un governo è qualcosa in più di una astratta prospettiva scenaristica. Il punto oggi, se vogliamo, non è più tanto il “se”, ma è il “come”, è il “con chi”, è il “per fare cosa”. Il “come” è probabile che si traduca con una formula di governo a tre (M5s e Lega e FI in qualche modo coinvolta). Il “chi” è presto per metterlo a fuoco ma la repubblica riservista dei Flick o dei Flock produrrà presto qualche notaio capace di garantire i partiti di protesta. Sul “per fare cosa”, invece, le cose si complicano e il vero dramma con cui dovrà probabilmente fare i conti l’Italia nei prossimi mesi, se non nei prossimi anni, è legato a un paradosso potenzialmente letale: i 5 stelle e la Lega hanno vinto le elezioni comprendendo meglio di altri le paure degli italiani ma le proposte che hanno offerto per rispondere a queste paure sono destinate a peggiorare gli stessi guai che hanno promesso di risolvere.

 

Nell’ultimo working paper presentato dal Fondo monetario internazionale sull’Italia, “Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform”, è stato ricordato che le emergenze economiche del nostro paese oggi sono grosso modo queste: una burocrazia inefficiente (la Pa italiana secondo l’Ue a metà 2017 si collocava al 23esimo posto su 28 per efficienza); una giustizia civile non al passo con l’Europa (nel 2017, nell’ambito dei termini di durata dei giudizi, l’Italia ha scalato 69 posizioni nella classifica Doing Business, ma si trova ancora al 42esimo posto); una crescita inferiore rispetto alla media europea (nel 2017 è stata la più alta degli ultimi 7 anni, +1,4, ma l’Eurozona viaggia sul 2,5); una produttività insufficiente (nell’arco di tempo che va dal 1995 al 2015 la produttività in Italia è aumentata a un tasso medio dello 0,3 per cento, con una media europea del più 1,3 per cento); una disoccupazione giovanile superiore al resto d’Europa (17,9 per cento a dicembre nell’Eurozona, 31,5 per cento in Italia), un debito pubblico spaventoso e una concorrenza trattata ancora diffusamente come se fosse più una fonte di problemi che di opportunità.

 

Il paradosso con cui presto dovranno fare i conti i possibili azionisti di un governo populista è che gli strumenti proposti per governare la rabbia possono avere presa (e illudere) sul breve periodo ma sul lungo periodo rischiano di aggravare i problemi del paese. Entrambi, sia Salvini sia Di Maio, considerano una priorità più combattere contro l’Europa che occuparsi di migliorare la produttività italiana.

 

Entrambi considerano una priorità intervenire non per fare meno debito ma per farne molto di più (se vuoi abolire la riforma Fornero, 20 miliardi all’anno, fare il reddito di cittadinanza, 29 miliardi, aumentare le pensioni minime nella misura proposta da Salvini, 19 miliardi, il rapporto deficit/pil non dovrà essere come previsto dal Fiscal compact sullo 0,9 per cento ma dovrà essere quantomeno tra il 4 e il 5 per cento). Entrambi considerano una priorità occuparsi poco di come creare nuovi posti di lavoro e molto di come occuparsi di chi non lavora (il reddito di cittadinanza è stato sdoganato ieri anche da Salvini per la semplice ragione che il reddito di dignità proposto dal centrodestra in campagna elettorale era la fotocopia di quello grillino). Entrambi considerano l’attuale sistema giudiziario italiano non come un sistema inefficiente per la durata eccessiva dei processi ma come un sistema che i processi li fa durare troppo poco (Di Maio in campagna elettorale ha persino proposto di abolire la prescrizione) e non parliamo della concorrenza per entrambi simbolo dei disastri combinati dal neo-liberismo-sfrenato-e-imperante. Le combinazioni politiche tra i 5 stelle e la Lega sono infinite. Ma una cura Di Maio-Salvini, come ogni maggioranza che nasce per rispondere ai problemi di un paese più percepito che reale, è destinata non a risolvere ma ad aggravare i veri problemi dell’Italia. Chi vince le elezioni politicamente ha sempre ragione. Ma le idee sbagliate non diventano giuste solo perché maggioritarie. E prima o poi qualcuno dovrebbe far notare che il problema del legittimo governo lepentastellato non è se si può fare ma, purtroppo, cosa potrà fare.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.